Oggi si può parlare di “attentato alla Costituzione”?

23 Novembre 2009
2 Commenti


Andrea Pubusa

“E’ chiaro che oggi ci sono in Parlamento grosse difficoltà “, ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano nei giorni scorsi, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti in Turchia, prima di ripartire per il Quirinale. Lo ha detto riaffermando la centralità del Parlamento e premettendo che una valutazione sul lavoro parlamentare spetta a osservatori, commentatori “e anche al presidente della Repubblica, “con le cautele dovute”.
Ora, non è certo opportuno tirare la giacca al Presidente per determinarne la condotta e l’iniziativa, ma esprimergli un’opinione più preoccupata è, oltre che legittimo,  doveroso. Anche perché dire che il parlamento incontra grosse difficoltà ci sembra - con tutto il rispetto per il Presidente - molto riduttivo.
Valga il vero. Anzitutto, l’attuale parlamento non è eletto, è “nominato”. Assomiglia molto - mutatis mutandis - al senato sotto lo Statuto Albertino. Allora la Camera alta era di nomina regia, ma il potere di scelta spettava al capo del governo, che proponeva i nomi dei nuovi senatori. Oggi il sistema è più articolato, la scelta è compiuta dai dirigenti nazionali dei partiti. Si può però ancora oggi - come allora - parlare di “infornate” per indicare l’accesso al Parlamento, giacché l’elettore ha solo il potere di determinare, col voto alle liste, la percentuale nella distribuzione, ma non determinare il nome degli eletti.
C’è poi un’aggravante, che in questi giorni si è manifestata in tutta la sua portata devastante. Il capo del governo per i noti suoi casi personali, vuole un certo voto delle Camere sul taglio dei termini di prescrizione dei reati e, data la discutibilità della legge “ammazza processi”, chiama a rapporto i “suoi” parlamentari, intimando la disciplina rispetto ai suoi voleri, pena lo scioglimento anticipato, le nuove elezioni e l’esclusione degli indisciplinati. Si stravolgono così per la seconda volta i tratti fondanti della rappresentanza parlamentare, giacché i membri delle Camere non rappresentano più la nazione senza vincolo di mandato come dice la Costituzione, ma sono strumento della volontà del premier, con vincolo rispetto al mandato ch’egli conferisce loro. 
Guardando questa situazione senza infingimenti, si può dire che questo fatto integri gli estremi dell’attentato alla Costituzione, giacché il sistema creato dal Cavaliere espunge dal nostro ordinamento non il sistema parlamentare in favore di quello presidenziale, ma il libero parlamento. Ed è ben noto che le libere assemblee elettive sono un elemento fondante del costituzionalismo moderno e della nostra Carta costituzionale. Si tratta di un principio di regime o meglio dell’ordinamento ineliminabile anche col procedimento di revisione costituzionale perché vengono stravolti i caratteri fondamentali del nostro ordinamento.
E’ evidente che per il Presidente della Repubblica l’esplicito riconoscimento dell’attuale condizione del Parlamento comporterebbe iniziative eccezionali e straordinarie e ne comprendiamo la difficoltà. Tuttavia, i commentatori e le forze democratiche non dovrebbero fare sconti e dire come stanno le cose. Per ora lo fa solo Di Pietro, che viene talvolta ripreso per la sua irruenza verbale. Sembra ruvido, ma certamente la storia gli darà ragione. Questa è una situazione di transizione, come quella vissuta al tempo della marcia su Roma e nel periodo successivo quando Mussolini con una serie coordinata  di leggi, abbattè il sistema parlamentare verso cui si era evoluto per via consuetudinaria lo Statuto albertino.  Furono pochi anche allora coloro che lucidamente compresero la situazione e la denunciarono con forza. Matteotti col  suo potente discorso alla Camera del 30 maggio del 1924, che gli costò il rapimento e la vita il 10 giugno per mano dei sicari fascisti. Il giovane segretario del Partito comunista Antonio Gramsci, che pagò col carcere e la vita. Il giovane Gobetti,  il liberale Amendola, tutti pestati a morte. Certo erano persone di altro livello rispetto a Di Pietro. Sicuramente oggi non stiamo andando verso un regime autoritario classico, siamo piuttosto in transizione verso un sistema ademocratico con pluripartitismo e formale rispetto delle libertà formali.   In questa direzione spingono le iniziative del cavaliere, ed è solo Tonino a denunciarne il carattere eversivo. Occorre non lasciarlo solo, anche nella manifestazione del prossimo dicembre contro Berlusconi. Solo tutti insieme possiamo porre rimedio allo scempio della Carta prima che sia troppo tardi.

2 commenti

  • 1 Roby
    23 Novembre 2009 - 13:49

    Come si fa a “porsi o non porsi” l’opportunità di “tirare la giacca al Presidente della Repubblica? Il politico piu pagato dai contribuenti italiani, ovvero la modica cifra di circa 230.000 euro/anno. Ma scherziamo? Può almeno il coraggio del rispetto e della difesa delle ns Istituzioni repubblicane giustificare simili cifre?! A me pare proprio di si e d’altronde di passacarte ce ne sono gia troppi in Italia. Voi scrivete su un sito dal nome emblematico “democrazia oggi”: quanti martiri hanno dato la vita per essa ” a costo zero” ? Io credo che la vera cosa inopportuna sia porsela questa domanda. Dunque, tiriamogli la giacca, un bello strattone in nome almeno del lauto stipendio, quello di un Presidente davvero determinato e intransigente. Saluti senza polemica!

  • 2 Giulio Lobina
    23 Novembre 2009 - 23:28

    Carissimo Professore,
    Di Pietro dice le cose come stanno e le dice in una maniera tale che tutti, borghesi e non borghesi, lo capiscono. I primi cercano di annebbiare le menti di chi guarda poco i canali Mediaset, ricordando che un buon politico deve innanzitutto saper parlare. Gli altri, i non borghesi tra i quali mi ci metto con molta umiltà e dignità, sanno bene che ciò che conta nella vita come nella politica, è la sostanza. I fatti. Così Di Pietro è come quell’alunno che è in grado di spiegare all’uomo della strada il diritto Amministrativo (per riprendere le sue parole a lezione qualche anno fa)…invece Berlusconi è come quell’alunno che, avendo studiato a memoria, pretende di essere promosso per il fatto stesso di decorare ogni parola infernale con i colori del paradiso. Questo è ciò che fanno le televisioni di regime e a quanto pare…sono ancora troppi quelli che le guardano. Credo che la ruvidità di un uomo che è stato anche magistrato, agente di polizia e contadino in Germania non affascini quanto l’uomo di potere che promette mari e monti ai pensionati. Il nostro è un paese anziano. Non nascono più bambini…o meglio, non nascono più bambini italiani! Non dimentichiamo infatti che gli stranieri, che tanto maltratta questo Governo, sono quelli che stabilizzano o quasi il tasso di Natalità. Non certamente perchè sono più ricchi di noi italiani, o perchè ci rubano il lavoro…ma perchè loro sanno accontentarsi. Noi invece se non abbiamo due telefonini come minimo…e 30 cravatte non siamo soddisfatti! Ad ogni modo non si può continuare a pensare che un Governo possa pretendere e provare a sconvolgere la Costituzione. Ho letto un articolo di Stefano Rodotà sulla Repubblica, qualche giorno fa, intitolato: l’Estinzione dello Stato. Una premonizione pericolosa. Rodotà dice che la Corte Costituzionale già nel 1988 afferma che “i principi supremi dell’ordinamento italiano non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure dalle leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”.

    Nel processo breve, continua Rodotà, vi è l’esclusione vergognosa dai benefici degli immigrati clandestini. Una vera e propria erosione dei diritti fondamentali dell’uomo che la Repubblica deve tutelare e garantire. L’Uguaglianza non è una virtù, ma un principio Costituzionale. Ecco perchè il lodo Alfano è stato bocciato. Ma c’è, come anche lei dice, una deriva del Parlamento. Una perdita di funzioni, un esproprio che ha portato anche alla chiusura per 10 giorni della Camera dei Deputati per una assoluta impossibilità di portare avanti i lavori. A che serve una legge sul “processo breve”, ma solo in Giurisprudenza si studia il nuovo articolo 111 della Costituzione che, già di suo, dice che i processi devono avere una “ragionevole durata”? Possibile che i politici non conoscano la costituzione? Non sarebbe male, seriamente un test d’ingresso prima di candidarsi per rappresentare un Paese. Non sarebbe male neppure quel divieto d’esser implicati in procedimenti penali…presente in molte domande da compilare per la partecipazione ad alcuni concorsi pubblici. Ma non è il Parlamento il luogo più pubblico del mondo? Il regno della Democrazia e della Partecipazione attiva dell’Uomo nella politica e nella vita di tutti? L’anomalia di questo nostro Stato non è la lentezza della Magistratura…ma chi, come il Presidente del Consiglio, implicato in processi da anni, vuole in ogni caso mistificarne l’operato, rallentarla e farle perdere credibilità.
    Ecco, in questo scempio Di Pietro non sa stare zitto, non sa trattenersi e dice le cose come stanno. Ed è per questo che io sono con lui e che Sinnai avrà presto il suo Circolo Culturale dell’Italia dei Valori. Senza Padroni nè Padrini. Un gruppo di giovani che credono nella politica nuova e pulita. Nella politica attenta al rispetto della Costituzione, pronta ad adirarsi anche col Capo dello stato quando firma un lodo Alfano senza rimandarlo alle Camere e rinunciando così ad un diritto e dovere sacrosanto: quello d’esser garante della Costituzione e con essa della Repubblica e della Democrazia tutta.

    Giulio Lobina, IDV Sinnai

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