Andrea Pubusa
Che tipo Brunetta! Spaccia per riforma epocale un testo che con norme manifesto o annuncio enfatizza principi già esistenti nell’ordinamento e crea una serie di Commissioni il cui unico risultato sarà quello di rimpinguare i conti in banca dei soliti esperti sempre pronti ad assecondare ciò che comanda il potente di turno.
Ne volete un esempio? Che bella novità il licenziamento in tronco se si attesta la falsa presenza in servizio, se ci si assenta senza giustificazione, se si rifiuta, senza valido motivo, un trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio. Il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo è già nell’ordinamento. La giusta causa consegue alla commissione di gravi mancanze che fanno venir meno il rapporto fiduciario fra datore di lavoro e dipendente. E certo l’attestazione della falsa presenza in servizio è una di queste. Il giustificato motivo invece attiene agli aspetti organizzativi. E certamente rientra in questa fattispecie il trasferimento per esigenze di servizio.
Sentite poi questa: si rischia, dice Brunetta, addirittura, il carcere (fino a 5 anni), più un’ammenda da 400 a 1.600 euro oltre al risarcimento dei danni patrimoniali, se si giustifica l’assenza dal lavoro con una certificazione medica falsa. Un reato quello di falso da sempre esistente nell’ordinamento e che sanziona il concorso del medico che stende il certificato falso e del dipendente che lo utilizza.
Non si può negare la maggior efficacia dei rimedi contro le “assenze sospette”: se la malattia si protrae per più di 10 giorni e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare. In questi casi la giustificazione deve avvenire esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Ssn. Confermata, anche, la possibilità dell’amministrazione di effettuare controlli in caso di assenza di un solo giorno. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore sono: dalle ore 8 alle 13 e dalle ore 14 alle 20, tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.
Ma il punto di maggior orgoglio per l’alto ministro sono le pagelle. Come a scuola, per dipendenti e singole strutture: alla “bocciatura” corrisponderanno meno soldi in busta paga e alla “promozione”, scatti di carriera e incentivi economici. Stop, quindi, assicura il ministro, alla distribuzione “a pioggia” di benefici agli impiegati pubblici. E bravo Brunetta! Merito e risultati sono le parole chiave per aprire il salvadanaio ed entro 90 giorni dall’approvazione vedremo, anche, il cartellino al collo degli impiegati a contatto col pubblico. Ma chi stabilisce chi è più operoso e chi meno? Gli stessi soggetti che lo facevano fino ad oggi. Non si comprende pertanto perché fino a ieri non erano imparziali e domani lo saranno. Perché lo dice Brunetta? Il ministro ne sembra convinto. In realtà, anche qui si tratta di un richiamo a fare il proprio dovere, che, come si sa, lascia il tempo che trova se il dirigente non è corretto. In realtà, la propaganda sulla meritocrazia serve a nascondere, nella maggior parte dei casi, una ben diversa realtà, e cioè che i premi li prendono i soliti noti e che la forbice retributiva nel pubblico impiego si è allargata in modo abnorme: si va dagli stipendi di fame delle fasce inferiori ai compensi da nababbi dei dirigenti e delle fasce superiori, senza alcun collegamento con la produttività.
Nuovi poteri, grida il Ministro, ai dirigenti, sempre più equiparati a veri e propri datori di lavoro privati. E dire che il Ministro è anche un economista. Non si accorge che qui sta la distorsione più grossa? E la ragione è molto semplice. Gli imprenditori si misurano col mercato, che sanziona le loro scelte errate (sanzione estrema: il fallimento), mentre i dirigenti non si misurano se non con chi li ha nominati, che spesso è il loro capocordata politico pro tempore. In conseguenza a poco serve richiamare la responsabilità: in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, oltre ai guai disciplinari, compresa l’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla revoca dell’incarico e al licenziamento. Tutte armi micidiali sulla carta, ma già esistenti e finora poco affilate.
Nessuna novità anche sul fronte della informatizzazione dell’amministrazione, che procede con lentezza, anche per difficoltà tecniche, ma che certamente consentirà più velocità e, almeno sulla carta, maggiore trasparenza. Si pensi all’accesso informatico o alla partecipazione per tale via del cittadino al procedimento amministrativo. Una rivoluzione copernicana, come lo fu il passaggio dalla scrittura sulle pietre a quella sul papiro o l’invenzione della stampa. Ma certo anche questa rivoluzione, che si svolge sotto i nostri occhi, non è attribuibile al buon Brunetta.
Insomma, questo Brunetta scambia i suoi strilli per riforme e la sua rimasticatura di principi giuridici e norme già esistenti nell’ordinamento per miglioramento dell’Amministrazione. Che dire poi del linguaggio: il ministro parla di “giro di vite sui pubblici dipendenti”, additati genericamente come “fannulloni”, fino ad evocare “il bastone in mano ai cittadini” per suonargliele di santa ragione. Che espressioni populisticche e perfino volgari! Certo, siamo in un epoca di propaganda, di follie e scarsa consapevolezza. Ma ci sono molte probabilità che la gente, presto o tardi, capisca e il bastone lo scarichi sulla testa di questo Ministro strillone. E non sarebbe male.
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