Col Prof. Troisi a parlare di lotta alla discrimizione

18 Novembre 2009
3 Commenti


Bruno Troisi risponde ad Andrea Pubusa

Pubblichiamo con piacere il resoconto di un interessante colloquio col prof. Bruno Troisi, autorevole giurista dell’Ateneo cagliaritano. Il tema, la lotta alla discriminazione, è di grande attualità ed ha costituito oggetto anche del recente Convegno annuale dei costituzionalisti italiani, di cui abbiamo dato conto con due commenti su questo blog. Nei prossimi giorni col il Prof. Troisi  torneremo sull’argomento con alcuni approfondimenti. Frattanto,  ringraziamo anticipatamente il cattedratico per il suo intelligente contributo.

D. Come se la passano gli stranieri in Italia? Perché la questione dello status del “non cittadino” sta diventando centrale anche in Italia?
R. Uno dei problemi più gravi che l’attuale, imponente fenomeno dell’immigrazione ha posto nello svolgimento dei rapporti sociali è sicuramente quello dei comportamenti discriminatori nei confronti di cittadini stranieri.
D. Anche nel Convegno annuale dei costituzionalisti italiani si è parlato di questo argomento, mentre prima l’attenzione era minore…
R. Fino alla fine degli anni novanta, c’è stata, in Italia, una percezione esclusivamente penalistica delle discriminazioni, in particolare di quelle basate sulla razza. Sennonché, com’è stato notato, sia la legge n. 654 del 1975, sia la legge n. 205 del 1993 si sono rivelate del tutto inadeguate a contrastare il fenomeno in questione.
D. Puoi spiegare…
R. Certamente. La prima legge, mirata prevalentemente alla tutela dell’ordine pubblico, da un lato si limitava a sanzionare, sia pure in forma aggravata, atti di discriminazione che, alla stregua del diritto comune, avrebbero già integrato fattispecie criminose, sì che non possedeva un’apprezzabile funzione di deterrenza; dall’altro, sanzionava soltanto gli atti discriminatori più eclatanti, caratterizzati dalla violenza, soprattutto se organizzata, con la conseguenza di escludere dal suo ambito di applicazione gli atti di discriminazione più diffusi nel tessuto sociale.
D. E la seconda legge?
R. La seconda, ancorché più sensibile alla tutela della dignità della persona, ha trovato, tuttavia, scarsissima applicazione; e questo, come pure è stato notato, perché, di fronte a fatti non particolarmente gravi, i giudici hanno ritenuto opportuno non infierire, con una pena detentiva, sui loro autori, assai spesso molto giovani, vittime essi stessi di una condizione di forte marginalizzazione sociale.
D. Ma che effetti ha avuto questa disciplina sulla repressione delle discriminazioni?
R. Lo scarso impatto che la normativa penalistica ha avuto sulla materia regolata rafforza la convinzione, espressa da più parti , che il diritto penale non può porsi quale strumento prioritario della lotta contro le discriminazioni, ma deve intervenire, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto in presenza di determinate tipologie di offesa, sempre che si rivelino insufficienti le misure extrapenali.
D. E qual’è l’alternativa o l’altra strada da seguire?
R. Tutto questo ha certamente influito sull’irruzione della dimensione civilistica sulla scena della lotta contro le discriminazioni, irruzione segnata dalla legge n. 40 del 1998, prima, (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e dal d. lgs. n. 286 della stesso anno, poi (c.d. testo unico sull’immigrazione).
D. Con quali conseguenze?
R. Il legislatore - colmando una lacuna dell’ordinamento, fino ad allora sprovvisto di un’efficace forma di tutela generale contro le discriminazioni razziali, etniche e religiose poste in essere in ogni settore della vita sociale – delinea un apparato di tutela che si articola sostanzialmente in due norme…
D. Quali?
R. L’art. 43 (T.U. sull’immigrazione), nel quale è definito il concetto di discriminazione; e l’art. 44 (dello stesso T.U.), di carattere processuale, che introduce un apposito rimedio, estremamente agile e incisivo, contro le discriminazioni.
D. Ma la Costituzione, cui si sono riferiti i costituzionalisti nel Convegno annuale di Cagliari, che ruolo gioca?
R. Si tratta di norme che costituiscono, com’è evidente, attuazione dei principi costituzionali di tutela della dignità della persona umana, di eguaglianza e di effettività della tutela. Di queste disposizioni diremo più avanti.
D. Anche dalla Comunità europea vengono stimoli inportanti…
R. Certamente. A completare il quadro normativo in materia di divieto di discriminazione, è poi intervenuto il decreto legislativo n. 215 del 2003, emanato in attuazione della direttiva comunitaria n. 43 del 2000 “per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”; e il decreto legislativo n. 216 sempre del 2003, emanato in attuazione della direttiva n. 78 del 2000, “per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”. Circostanza molto importante è che entrambi i decreti fanno salvo il disposto dei citati artt. 43 e 44 del T.U. del 1998.
D. C’è dell’altro sul versante europeo?
Sì, a conferma della grande importanza che, in ambito comunitario, viene oggi attribuita al divieto di discriminazione, si deve tener conto dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza), rubricato “Non discriminazione”, e dell’art. 81 della Costituzione Europea del 29 ottobre 2004, che riproduce pressoché fedelmente la disposizione della Carta di Nizza.

Il primo colloquio finisce qui. Delineato il quadro normativo di riferimento rinviamo ad un prossimo colloquio gli approfondimenti. Grazie Prof. Troisi.

3 commenti

  • 1 Giulio Lobina
    19 Novembre 2009 - 17:58

    E’ importante porre l’attenzione in modo particolare sulle questioni che riguardano i Minori Stranieri Non Accompagnati, i Minori Vittime di tratta o sfruttamento e i Minori richiedenti Asilo. L’Integrazione infatti non può trascurare queste categorie deboli, le quali per età e poca esperienza culturale e lavorativa non sono facilmente “gestibili”. Bisogna comprendere le necessità dell’immigrato, ancor prima di studiare norme per l’espulsione. Il Pluralismo è una ricchezza, non una condanna. Così prendersi cura dei minori immigrati è un indice di civiltà e cooperazione tra i popoli. Se esiste un diritto degli italiani alla emigrazione (art 35 Cost), anzi, esattamente una “libertà costituzionalmente riconosciuta” , deve anche esistere un diritto alla immigrazione per gli stranieri. Regolamentare gli ingressi non deve significare repressione, ma organizzazione concreta dei sistemi di accoglienza. La Provincia di Cagliari terrà un incontro lunedì 30 novembre alle 16.00 in via Cadello 9\b per raccogliere tutti i Tutori Volontari di Minori Stranieri Non Accompagnati, per completare la loro preparazione e l’iscrizione all’albo. Ogni obiettivo si raggiunge con risorse finanziarie ma anche umane. Ecco, noi Tutori Volontari di MSNA vogliamo essere cittadini liberi che hanno a cuore le sorti della Solidarietà sociale e con essa della Democrazia.

  • 2 Democrazia Oggi - La discriminazione: per combatterla bisogna conoscerla
    3 Dicembre 2009 - 06:07

    […] meglio e più efficacemente. Continuiamo, pertanto, il nostro colloquio col Prof. Troisi, iniziato il 18 scorso, per esaminare, in punto di diritto, gli aspetti problematici della discriminazione e della lotta […]

  • 3 nicola
    10 Maggio 2010 - 19:13

    ciao bruno,
    sono Nico sono curioso di vederti e parlarti
    il mio numero di telefono è 328-4671585. Chiamami quando vuoi è un cellulare. Ho anche messo
    il mio indirizzo e-mail. Nico

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