Cristian Ribichesu
Anche quest’anno, come da norma, nelle scuole i docenti sono tenuti a seguire i corsi di formazione per insegnanti (corsi obbligatori, scelti in sede collegiale, organizzati nelle scuole) in merito alla legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La scuola è un po’ come una società in miniatura, per molti aspetti quasi una cartina di tornasole delle dinamiche che si sviluppano nella società, e ciò che si scrive in merito a quest’ambiente non è molto distante da quello che si osserva, in generale, in Italia e, qui, in Sardegna.
Comunque, riprendendo il filo del discorso, durante tali corsi di aggiornamento si parla, anche, del Testo unico dell’aprile 2008 in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, raccolta di norme che ha portato alcune modifiche significative rispetto alle preesistenti, quali:
- l’estensione delle norme a tutti i settori di attività, privati e pubblici, a tutte le tipologie di rischio e a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi;
- introduzione degli elementi costituenti la “Delega di funzioni” che il Datore di Lavoro può conferire;
- individuazioni di responsabilità dirette non solo per i Datori di Lavoro, Dirigenti, ma anche per i Preposti;
- l’estensione del campo di applicazione della Valutazione dei Rischi a “tutti” i rischi per la salute e la sicurezza;
- introduzione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e dei modelli organizzativi della sicurezza (conformi alla OHSAS 18001 o Linee Guida UNI-INAIL);
- il rafforzamento dell’importanza dell’informazione e formazione e l’introduzione dell’addestramento;
- il rafforzamento delle prerogative delle rappresentanze dei lavoratori in azienda;
- la rivisitazione e il coordinamento delle attività di vigilanza;
- la revisione del sistema delle sanzioni.” .
I tecnici che espongono queste lezioni generalmente illustrano queste modifiche alla vecchia legge e, parlando di sicurezza sul lavoro, come nei vari corsi sulla sicurezza che si svolgono nelle scuole locali da diversi anni, si espongono anche i dati riguardanti la percentuale di patologie di cui soffrono gli insegnanti e, per un raffronto, quella degli altri lavoratori. Questo per indicare come il lavoro dell’insegnante sia altamente logorante, il maggiore per stress psico-fisico (burnout) con alta incidenza di numerose altre patologie, come, anche, quelle oncologiche.
In merito a queste ultime malattie alcuni relatori spiegano che ciò capita perché i lavoratori della scuola si stabilizzano più tardi e arrivano più tardi alla pensione, e perciò poi si registrano tali patologie nella fascia d’età avanzata della categoria, e questo ragionamento è giustissimo, ma per una valutazione corretta sarebbe opportuno sapere, anche, se i tumori hanno maggiore incidenza fra la popolazione femminile, perché nel caso bisognerebbe riflettere sul fatto che la maggioranza della classe docente è costituita da donne, e quindi, in merito a queste patologie, in parte spiegabile all’interno di quest’ottica, ma questa è solo una piccola considerazione.
Ma l’altro problema di cui si discute, in genere, riguarda lo stress psico-fisico, che nel caso può degenerare in vera e propria malattia. Sul punto, a volte i tecnici che svolgono i corsi di formazione si dilungano, ricordando che questi dati furono presentati già alla Moratti, e poi a tutti gli altri ministri avvicendatisi nel tempo, fino all’odierno ministro Gelmini. Bene, anzi male, perché nessuno nei piani alti, allora, a conoscenza degli alti fattori di rischio per la categoria degli insegnanti, ha fatto niente per rendere meno stressante un lavoro carico di responsabilità come quello del docente. Infatti si è operato per aumentare il numero degli alunni per classe, addirittura in misura superiore a quanto richiesto dalla legge sulla sicurezza, e si sono eliminate le ore a disposizione nelle scuole secondarie di primo grado, privando i docenti della possibilità di usare quei tempi anche per seguire in maniera individualizzata alunni con problematiche caratteriali, gli stessi che spesso complicano l’interazione tra docenti e classe, da una parte, e favorendo un meccanismo che molte volte tende alla suddivisione degli alunni di una classe in altre diverse, proprio perché non ci sono docenti a disposizione, ogni qual volta ci siano assenze improvvise di insegnanti, incidendo ulteriormente, dall’altra, sul sovraffollamento delle aule.
Ma proseguendo sullo svolgimento dei corsi, i tecnici, poi, spiegano quali siano i doveri dei dirigenti e se questi abbiano l’obbligo di segnalare il caso del docente esageratamente affetto da stress psico-fisico.
Quindi, mentre ci si chiede se é in potere del dirigente segnalare il caso di un docente “particolarmente stressato”, non si ragiona, invece, dato che molti insegnanti, e anche quelli più avanzati nell’età, spesso maturano lo stress perché fanno i “salti mortali” per far funzionare gli ingranaggi di una macchina (così lo scorso anno definiva la scuola Galli della Loggia, dalle pagine del Corriere) che viene rallentata sempre più da direttive, rivoluzioni, provenienti dall’alto. Così, anziché prendere provvedimenti, come ultima ratio, nei confronti del lavoratore che matura problematiche legate allo stress da lavoro, considerando i dati altissimi, oltre il 40% di burnout per i docenti, e da diversi anni, è logico chiedersi perché non si agisca, invece, sulle cause che, evidentemente, nell’ambiente lavorativo scolastico, provocano una situazione che non può considerarsi legata ai singoli lavoratori.
Così, per dire, proprio facendo l’esempio relativo all’aumento del numero degli alunni per classe, che sicuramente incrementa la tensione lavorativa in un ambiente piccolo come quello delle aule, e, in merito alle leggi sulla sicurezza, dato che il principale argomento di discussione adesso è il Testo Unico 81 del 2008, è lecito considerare che rispettando la norma si dovrebbero avere classi con non più di 25 alunni, numero che in realtà dovrebbe diminuire nella maggioranza delle situazioni, perché soggetto a un rapporto di quasi due metri quadri per alunno (in alcune classi sarde non potrebbero esserci neanche 20 individui). Ripetendo, misure che rispettate potrebbero favorire un clima di lavoro più distensivo. E in questo caso, tra l’altro, sembra non ci siano dubbi in merito alla non colpevolezza degli insegnanti che lavorano in classi con più alunni rispetto a quanto consentito per metri quadri, ma d’altra parte le leggi nazionali sulla sicurezza si scontrano con quelle ministeriali dell’Istruzione riguardanti il tetto massimo e minimo di alunni per classe, e perciò anche le posizioni dei dirigenti scolastici, spesso tirati per la giacchetta da una parte e dall’altra, possono diventare difficili.
Però, proseguendo, alla fine si può riflettere su come tutto ciò, nel sistema Italia, passando dall’ambiente di lavoro scolastico a quello globale pubblico e privato, risulti paradossale, dato che si ripartiscono le colpe fra i differenti gradi dei lavoratori e si obbligano i corsi di formazione, ma poi, in barba alle leggi, esistono casi come quelli di ospedali, i luoghi cardine
preposti alla cura delle persone, in cui, i pazienti, devono sopportare rumori, superiori ai limiti dettati dall’inquinamento acustico, per la costruzione delle nuove ali degli edifici sanitari, proprio a pochi metri dall’esistente, oppure casi come quelli di scuole che vedono, durante l’anno scolastico in corso, ampliamenti, o costruzioni di palestre, di fianco alle aule in cui si svolgono le lezioni, con possibili problemi legati ancora una volta all’inquinamento acustico e allo stress psico-fisico e, probabilmente, anche ad ostacoli per un eventuale piano di sgombro. Per assurdo, poi, in Italia capita che il sistema di deroghe diventi la norma, evidentemente svuotando il termine del suo significato.
Così, concludendo, si finanziano i corsi sulla formazione per la sicurezza, si aumentano le responsabilità dei lavoratori, ma d’altra parte non si agisce sulle cause di aumento da stress lavorativo e, infine, addirittura creando un sistema, nel caso della scuola, ancora più logorante per i docenti, si arriva a ragionare ipoteticamente sullo stress psico-fisico del singolo lavoratore ribaltando una situazione generale in una problematica individuale.
1 commento
1 Massimo
9 Novembre 2009 - 12:07
A conferma che in Italia la sicurezza è di “carta” ed il sistema della sicurezza serve ad alimentare i formatori e le loro società di servizi! Intanto i morti sul lavoro ci sono sempre (in Sardegna e nel Meridione dove c’è meno lavoro, paradossalmente sono sempre di più) e proliferano i consulenti in giacca e cravatta che vengono ad impartirci la lezioncina preconfezionata in powerpoint……
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