C’è ripresa nel Sulcis-Iglesiente? Chiedetelo ai 30.000 disocuppati!

25 Ottobre 2009
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Antonello Tiddia
RSU Carbosulcis – Rete 28 aprile CGIL

La crisi nei territori è gravissina. Non faceva niente Soru, men che meno fa qualcosa Cappellacci. Mentre il primo ingessava il territorio, e snobbava i lavoratori, il secondo snobba i lavoratori e distrugge il territorio. Mentre il primo s’illudeva di illudere la gente indicando l’immobilismo identitario cone fattore di sviluppo, il secondo s’illude di illudere la gente indicando un condono edilizio anticipato e generalizzato come motore dello sviluppo. Per il capo del governo nazionale la crisi è una panzana, frutto del pessimismo congenito della sinistra. Ed è già alle nostre spalle.
Di fronte a queste sconcertanti performances dei nostri governanti passati ed attuali, ecco una cronaca semplice, di un rappresentante sindacale, che ci rimette coi piedi per terra e dice al popolo democratico e di sinistra cosa occorrerebbe fare per tentare d’invertire la rotta. Questa sarebbe la stagione di grandi lotte popolari.

Il Sulcis –Iglesiente vanta il triste primato di oltre 30.000 disoccupati, ha una altissima percentuali di nuove generazioni che emigrano alla ricerca di una prima occupazione. Inoltre abbiamo una difficoltà senza precedenti nell’apparato produttivo. La crisi in maniera differente, ha colpito cinque fabbriche della zona, quattro a Portovesme (Eurallumina, Alcoa, Portovesme srl e Otefail) e una nell’iglesiente la Rockwool.
L’Eurallumina è in una situazione gravissima 500 persone sono a spasso e la cassa integrazione non durerà per molto. Poi non ci sarà neppure quella risorsa nelle famiglie.
L’Alcoa è l’azienda che soffre meno la crisi, ha in cig solo (si fa per dire…)150 esterni.
Nella Portovesme srl attualmente i 600 dipendenti delle imprese d’appalto sono in gran parte in cig,cosi come lo sono a rotazione, anche buona parte dei dipendenti diretti.
L’Otefail ha tutti i dipendenti in cig, sia diretti (150), che dell’indotto, un altro centinaio.
La Rockwool ha 160 lavoratori tra diretti e indotto a pericolo licenziamento, l’unica speranza è che qualche gruppo imprenditoriale rilevi l’azienda dai danesi, che hanno deciso la chiusura.
Con una situazione simile occorre rilanciare un piano di sviluppo, una nuova forma di conflitto, per cercare di produrre risultati per l’occupazione in modo da dare un segnale di speranza alle nuove generazioni e produrre risultati concreti sull’apparato produttivo e sulle forme di lavoro precario, oltre 4.000 tra co.co.co e co.co.pro. Quindi salvaguardare tutti i posti di lavoro persi e a rischio, ma oltre questo puntare sull’attuazione e il finanziamento di un piano concreto delle bonifiche del territorio.
In conclusione, per combattere la povertà e la disoccupazione dilagante nel territorio,occorre avere il coraggio di attuare :
- la lotta alla precarietà
- un piano straordinario per il lavoro
- introdurre il reddito di cittadinanza o lo Smic .

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