Andrea Pubusa
La vicenda del lodo Alfano, con le polemiche che ne hanno seguito l’annullamento, merita ancora alcune riflessioni sul nostro sistema costituzionale, con riflessi di carattere socio-politico.
Il lodo Alfano viola due volte la Costituzione: perché non ha veste costituzionale e perché tende ad estendere e a formalizzare un trattamento in favore di categorie forti. Un trattamento non necessario perché esenta tout court dalla responsabilità penale durante il mandato, mentre ai vertici dello Stato, contro le azioni giudiziarie eventualmente persecutorie, basta la previsione di una semplice autorizzazione a procedere delle camere. Bene ha fatto, dunque, la Consulta ad annullare il lodo perché viola lo spirito della Costituzione, è una disciplina in frode della nostra legge fondamentale. Esso svela anche la visione berlusconiana del diritto in genere e di quello penale in particolare. Per il cavaliere il diritto penale dev’essere forte coi deboli (migranti anzitutto) e debole coi forti. Severo con chi, in base al principio di eguaglianza, merita protezione, e proteso a creare esenzioni e franchigie verso i ricchi e i potenti. La galera ai poveri, l’esenzione ai ricchi. Il lodo Alfano, lo scudo fiscale e tanta altra legislazione della destra va in questa direzione ed è contro la prospettiva delineata dalla nostra Costituzione.
Napolitano, quale custode della Costituzione, doveva rinviare al Parlamento il lodo, lo scudo nonché la legge antimigranti e promulgare solo in caso di riapprovazione delle Camere.
Questa considerazione involge anche la posizione del Presidente. Egli ha ragione quando dice di essere titolare di una funzione neutra, super partes. Ma qui bisogna intendersi. Essere garante della Costituzione di fronte a un governo e ad una maggioranza dichiaratamente anticostituzionale o acostituzionale, significa necessariamente assumere una posizione di contrasto netto. Significa essere di parte. Non nel senso d’essere uomo di partito, ma d’essere dalla parte della Costituzione. Sorprende, dunque, che Napolitano, a fronte della sistematica violazione da parte del cavaliere e della destra della lettera, della prassi e dello spirito della Costituzione, dica di non essere partigiano, quando egli ben sà che la Carta fondamentale non è neutra, ma nasce proprio dalla lotta partigiana, che in essa ha trasfuso principi inviolabili in insanabile polemica con le Costituzioni che hanno retto l’Italia nel periodo prerepubblicano. Primo fra tutto il principio di pari dignità sociale e di eguaglianza dei cittadini.
La Costituzione non è neutra, nell’origine e nel contenuto. E’ dalla parte dei deboli, perché sono essi che hanno necessità di supporto per potere divenire titolari di diritti e per avere la capacità di esercitarli. Una difesa super partes è possibile verso parti che rispettano questo spirito costituzionale. Non lo è a fronte di un indirizzo politico di maggioranza apertamente anticostituzionale o acostituzionale.
Comprendiamo la difficoltà del Presidente Napolitano a svolgere la sua funzione di garante nei confronti di una maggioranza forte ed eversiva dello spirito della Carta. E dunque dobbiamo stargli vicino e sostenerlo nel suo sforzo. Ma egli deve convincersi che oggi essere “uomo delle istituzioni” secondo la Costituzione significa essere il più conclamato dei partigiani.
1 commento
1 Raffaele Pilloni
19 Ottobre 2009 - 15:32
Sono d’accordo sul primo punto, cioè sul fatto che la Costituzione sia anche uno straordinario documento politico, frutto di un momento in cui -sfrutto le parole di Kelsen- “gli uomini pongono per la prima volta la legge al di spora di essi”. Riguardo il Presidente della Repubblica, verso il quale nutro profondo rispetto, vorrei precisare che mi ha stupito la sua dichiarazione in risposta alle critiche che hanno accompagnato la vicenda della “scudo fiscale”: Napolitano ha affermato di aver firmato il provvedimento dato che, qualora non lo avesse fatto, le Camere lo avrebbero inoltrato nuovamente con il medesimo contenuto costringendolo alla firma, come prevede l’art. 74 Cost.. Tutto vero, ma credo che in tanti –compreso il sottoscritto- abbiano pensato: se al Presidente è riservata una prerogativa, quella di rilevare un’eventuale manifesta incostituzionalità del provvedimento sotto esame, perché non esercitarla? Non la si esercita perché si ritiene il testo conforme alla Carta, ovviamente. Ma come si giustificano quindi le suddette dichiarazioni di Napolitano? Al cittadino che ha posto una domanda circa le motivazioni che hanno portato il capo dello Stato alla firma dello “scudo fiscale”, Napolitano avrebbe dovuto rispondere diversamente, ovvero di aver firmato il testo in quanto ritenuto conforme ai dettami della Costituzione. Viceversa con quelle dichiarazioni è lecito evincere che Napolitano ritenesse non conforme alla Costituzione lo “scudo fiscale” ma abbia deciso comunque di firmare poiché le Camere, riproponendo il medesimo testo, lo avrebbero comunque costretto alla firma. Una argomentazione quantomeno discutibile, soprattutto se sviluppata da un organo garante della Costituzione in merito ad un potere funzionale a tale ruolo.
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