Statutaria: la Corte rimette gli atti alla Corte

20 Maggio 2008
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Andrea Pubusa

Dunque la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha rimesso gli atti alla Corte d’Appello di Cagliari affinché dichiari l’esito del referendum e lo trasmetta al Presidente della Regione. Può apparire paradossale, ma sull’inammissibilità del ricorso si era verificata nella discussione a Palazzo della Consulta una convergenza della difesa dei promotori del referendum e della Regione. Con motivazioni diverse naturalmente. I promotori hanno spiegato di aver sollecitato la Corte d’appello a inviare gli atti alla Corte costituzionale per ottenere un chiarimento, dati gli insistenti e arroganti propositi di promulgazione comunque del Presidente Soru. Tuttavia, a ben vedere – hanno sottolineato – la questione è irrilevante, perché quand’anche si ritenesse esistente un quorum di validità del referendum, la prevalenza dei no impedisce comunque la promulgazione. Si è dunque concluso chiedendo l’inammissibilità per l’irrilevanza della questione. La Regione ha concluso allo stesso modo, ma sul presupposto che, non essendo la Corte d’appello investita di un giudizio, ma di un mero riscontro del numero dei votanti e dell’esito del voto, non era legittimata a sollevare la questione. Infatti, com’è noto, le questioni di legittimità costituzionale, nel nostro Paese, possono essere sollevate soltanto da organi giurisdizionali, ma nell’esercizio della funzione giurisdizionale (mentre nel caso in esame l’attività della Corte d’appello sarebbe di natura amministrativa). Sono anche evidenti le diverse finalità delle due posizioni. I promotori hanno auspicato che in sede di motivazione la Corte costituzionale, spendesse due parole per dire che la legge non è comunque promulgabile. La difesa della Regione mira invece a mantenere la questione impregiudicata, rilanciando la palla alla Corte e poi al Presidente. La Corte ha accolto questa tesi. Ma sul piano pratico cambia poco. La Consulta, infatti, dice che il Presidente della Regione deve decidere in base agli articoli 12 e 13 della legge regionale n. 21/2002, che non danno scampo. Infatti, il Presidente potrà procedere alla promulgazione della legge solo in caso di esito favorevole del referendum e “con la formula seguente: “Il Consiglio regionale ha approvato; Il referendum indetto in data 21 ottobre ha dato risultato favorevole; Il Presidente della Regione promulga…” (art. 12), mentre l’art.13 si occupa del caso in cui il risultato del referendum sia sfavorevole all’approvazione della legge regionale. In questo caso “il Presidente della Regione cura la pubblicazione del risultato nel Bollettino ufficiale della Regione”. Ora, non c’è dubbio che, comunque si voglia valutare la questione del quorum, il Presidente non può affermare che il 21 ottobre il referendum ha dato risultato favorevole, perché i No sono stati di gran lunga prevalenti (circa il 70%). Ma c’è un altro passo importante della decisione, quello in cui dice che i provvedimenti della Corte d’appello e del Presidente “potranno anch’essi essere oggetto di giudizio sia da parte dei giudici ordinari che di questa stessa Corte”. Il che vuol dire che in caso di forzature si può impugnare davanti al Giudice amministrativo l’atto di promulgazione del Presidente e tornare alla Consulta che in quel caso non potrà esimersi dal pronunciarsi nel merito. In questa evenienza, infatti, la questione viene rimessa da un organo giurisdizionale nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Insomma, il Giudice delle leggi rimette confida nella ragionevolezza e nel rigore della Corte d’Appello del Presidente della Regione, ma dice, in ipotesi di violazioni del quadro normativo e costituzionale, c’è sempre il rimedio giurisdizionale e, se necessario, anche quello della stessa Corte costituzionale. Soru è avvertito.

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