Lodo Alfano: Berlusca, Napolitano, Consulta

13 Ottobre 2009
1 Commento


Alberto Azzena

Con questo intervento inizia la collaborazione col nostro sito il Prof. Alberto Azzena, illustre giuspubblicista di rilievo nazionale. ora ordinario di Diritto amministrativo a Pisa.

La corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge nota come “lodo Alfano”, che assicura l’immunità alle più alte cariche dello Stato per la durata del mandato.
Lo ha fatto senza scendere a esaminare profili specifici (come invece si era limitata a fare nell’analoga occasione precedente del c.d. lodo Schifani) ma valutando la portata dell’intera riforma per concludere che la si potrebbe fare solo con legge costituzionale.
Il che, in fondo, è un’ovvietà. Così facendo, tuttavia, la Corte non si è contraddetta, ma ha solo allargato il suo orizzonte estendendo la valutazione al risultato complessivo della legge. Il che potrebbe esser dovuto al quesito che le è stato posto dai giudici che le hanno sottoposto la questione (dal quale essa non può prescindere neppure andando oltre), nella precedente occasione ritenuto più limitato.
La vicenda mi suggerisce nell’immediato alcune considerazioni sparse, che spero utili al lettore anche se non vengono da uno specialista del diritto costituzionale.
Il Presidente Berlusconi se l’è presa col Presidente della Repubblica, dicendo che “si sa da che parte sta”. Così dimenticando ingenerosamente che questi, seguendo l’ottica della precedente pronuncia della Corte, aveva ritenuto la nuova versione della legge/lodo emendativa dei rilievi di quest’ultima, firmandola quindi per la promulgazione, senza rinviarla alle Camere come pretendeva l’aborrita (da Berlusconi) e spesso inconsistente opposizione di sinistra. Così che gli è toccata la sorte di chi adotta le tanto auspicate soluzioni equilibrate e cerca di essere imparziale: di apparire sconfessato dalla Corte, che ha ritenuto incostituzionale una legge che lui aveva controfirmato, e di subire al tempo stesso l’ingiusta (almeno nella circostanza) accusa di essere partigiano mossagli dal Presidente del Consiglio. Per non parlare dell’on.Cicchito.
Si dice da alcuni che il Presidente del Consiglio dovrebbe trarre dalla sentenza la conseguenza di dimettersi, magari per andare a elezioni anticipate (con ogni probabilità confermative). Il che appare ai più un’esagerazione; ma non, alquanto paradossalmente, alla maggioranza, che insiste a spiegare come scopo della legge dichiarata incostituzionale fosse quello di non costringere il Presidente del Consiglio ad affannarsi per difendersi nei Tribunali trascurando gli affari di Governo, come ora sarebbe inevitabilmente costretto a fare.
Senza dire che la legge aveva qualche non trascurabile contraddizione, specie quella di impedire che il processo avesse corso durante il mandato delle c.d. “alte cariche” ma non che l’accusa fosse contestata, precludendo al beneficiario (dato che il privilegio gli deriva dalla finalità di assicurare il sereno adempimento del mandato) di difendersi davanti a un giudice e quindi danneggiandolo per il tempo anche lungo del mandato.
Ipotizzando un’accusa infamante e socialmente sentita come quella di pedofilia, le mamme con i bambini, incrociando l’accusato a processo sospeso e quindi senza possibilità di difesa, cambierebbero precauzionalmente marciapiede!
Cosa che l’estremista verbale di centro-destra mostra di non percepire.
Quanto all’indipendenza dei giudici che compongono un organo di garanzia quale la Corte costituzionale, ognuno dei quali ha la sua storia, come bene ricordato a “Porta a porta”, occorre dire che proprio questa “storia” intesa come cultura acquisita da ciascuno tramite gli studi e le esperienze fatti, è all’origine della loro nomina da parte di un organo politico comunque di estrazione democratica, oppure dalle magistrature, tenute ad essere apolitiche e indipendenti nel giudicare dei singoli casi sottoposti al loro giudizio, ma non in questo, cioè nel votare un nome per la Corte.
Nel definire l’estrazione dei giudici della Corte (5 nominati nel tempo dai Presidenti della Repubblica in carica, 5 eletti dal Parlamento e 5 in parte nominate e in parte eletti da magistrati ordinari o amministrativi) i Padri costituenti hanno infatti cercato di trovare una soluzione equilibrata, che tuttavia, come tutte quelle umane, non è perfetta. Ma chi ne propone altre (incremento del numero dei giudici, giudici eletti dalle Regioni e dalla Autonomie locali e così via) può garantire che siano migliori a gioco lungo? O che della Corte si possa fare a meno?
Per proporre soluzioni alternative occorre prima conoscere bene i possibili sistemi di equilibrio istituzionale, a iniziare dal principio di separazione dei poteri, e le loro implicazioni positive e negative; altrimenti si parla a vanvera.
Molto di questo appare ignorato nella polemica di questi giorni, specie nei dibattiti politici o televisivi; di modo che i cittadini “estranei ai lavori” non hanno modo di farsi un’opinione completa e di percepire la delicatezza di certi seppur perfettibili meccanismi attualmente posti a tutela dell’equilibrio fra i poteri delle diverse istituzioni dello Stato nel suo complesso; così migliorando le proprie possibilità di contribuire a costruire un’Italia migliore.

1 commento

  • 1 angelo aquilino
    16 Ottobre 2009 - 11:52

    il professor Azzena fornisce una vera e propria lezione che apprezzo molto. Il vero problema è un altro. Berlusconi vuole una modifica costituzionale che lo dichiari sempre innocente di tutto. Inutile nominare Cicchitto e soci che, senza il loro padrone, non saprebbero cosa fare o dove andare.

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