A.P.
La Corte costituzionale, nell’annullare il lodo Alfano, assume a riferimento gli articoli 138 e 3 della Costituzione. Il richiamo della prima disposizione stà a significare che la deroga ad una disposizione costituzionale che prevede indistintamente, per tutti, il carattere personale della responnsabilità penale, deve avvenire con legge costituzionale. L’art. 138 infatti disciplina il procedimento aggravato di approvazione delle leggi costituzionali. E così la norma che introduce la deroga deve avere lo stesso rango di quella che viene derogata. Questo era il punto più scontato della vicenda.
Il richiamo all’art. 3 evoca scenari più suggestivi. Questa norma sancisce il principio di eguaglianza formale e sostanziale. Sotto il primo profilo dice che non si possono trattare in modo diverso situazioni uguali. Ma vuole anche che situazioni diverse siano disciplinate in modo diverso. Si introduce così l’idea di diritto differenziato che mira a rendere uguali situazioni diseguali. Il diritto differenziato è finalizzato a dare pari opportunità a categorie deboli per le quali un trattamento speciale è mirato a riequilibrare una situazione diversamente squilibrata. E’ importante considerare che l’art. 3 fa parte dei principi fondamentali della Costituzione, ossia di quella parte della Carta super rigida, e cioé che non è suscettibile di modifica ed anche di deroga financo con legge costituzionale.
Stando così le cose, questo richiamo all’art. 3 nella sentenza sul lodo Alfano può voler dire tante cose. Ad esempio che neanche il legislatore costituzionale può derogare tout court l’art. 3. Perché la legge costituzionale sia valida occorre che il trattamento differenziato sia ragionevole. Ed allora ecco il quesito: è ragionevole esentare le massime cariche dello Stato dal codice penale durante il mandato? O non è più ragionevole avere una disciplina che, più limitatamente, richieda un’autorizzazione a procedere del Parlamento per scongiurare iniziative penali persecutorie? Per comprenderci che ragione c’è di esentare dal codice penale un presidente del consiglio che faccia fuori la moglie e venga colto in flagranza di reato o sia reo confesso? Altra cosa è che si tratti di vicende oscure o espressione dell’esercizio della funzione politica. Qui l’autorizzazione a procedere del Parlamento appare ragionevole, ma non sembra necessaria alla tutela della funzione una esenzione totale, seppure temporanea. Tutto questo mostra quanto sia stata poco meditata e frutto di suggestioni del momento (Mani pulite) l’eliminazione dell’autorizzazione a procedere prevista nel testo originario della Carta per i membri delle Camere. Si è creato uno squilibrio cui si tende a porre rimedio con discipline ad personam.
Dunque, l’art. 3 non esenterebbe da un giudizio di ragionevolezza neppure un Lodo Alfano adottato con legge costituzionale.
Come si vede, la nostra Costituzione offre garanzie forti a favore dei cittadini e contro le prevaricazioni o esenzioni a favore del potere e dei potenti. Fintanto che gli organi di custodia (Presidente della Repubblica e Corte costituzionale) della Carta funzioneranno le garanzie costituzionali saranno salve ed efficaci. Non è un caso che il cavaliere si scagli con tanta rabbia contro la Corte e il Presidente Napolitano. Senza di loro avrebbe l’assoluto controllo dell’ordinamento, sarebbe legibus solutus, come i principi nei regimi assolutisti. Ma si tratta di organi in pericolo. Non sfugga che il voto a maggioranza contro il lodo mostra che ben sei giudici costituzionali su quindici sono già nell’orbita del centro destra. Subiscono le suggestioni del berlusconismo. Il centrodestra potrebbe poi conquistare il Colle. Potrebbe essere lo stesso cavaliere ad ascendere, succedendo a Napolitano. Scenari oscuri e allarmanti, che pongono au democratici degli imperativi categorici, dei doveri inineludibili. Da un lato, pongono alla sinistra l’imperativo di cambiar pelle contro il degrado attuale, e, dall’altro, richiedono una mobilitazione permanente dei cittadini a difesa della Costituzione e delle istituzioni democratiche.
1 commento
1 Nicola
8 Ottobre 2009 - 13:48
Nel solco del commento che precede e dopo aver rapidamente ri-letto la sentenza della corte costituzionale del 2003 sul “lodo schifani”, mi sembra di poter affermare che siano parzialmente (ma palesemente) prive di fondamento le affermazioni sul fatto che la corte avrebbe ieri “smentito se stessa”. Le censure mosse dalla sentenza del 2003 erano infatti ben più articolate di quello che si vuol far credere. Si contestavano infatti, tra gli altri, numerosi profili di violazione degli artt. 3, 27 e 111 cost., alcuni dei quali sono stati effettivamente sanati dal “lodo alfano” (ad esempio la riununciabilità della sospensione). Altri chiaramente sono stati riproposti nel nuovo testo e, si può ipotizzare, a questi potrebbe far riferimento il dispositivo in cui viene indicato lo stesso articolo 3 tra le norme violate. In sintesi quindi mi sembra che, in attesa delle motivazioni, i giuristi del Principe che sbraitano contro la Corte stiano manifestando ancora una volta tutta la loro disonestà intellettuale.
Lascia un commento