Il lodo Alfano alla prova del giudizio costituzionale

6 Ottobre 2009
Nessun commento


Red

Terminata l’udienza pubblica, la Corte costituzionale è riunita in camera di consiglio per la decisione, il cui esito tuttavia sarà quasi certamente reso noto nei prossimi giorni.
La Consulta non ha ammesso l’intervento della Procura di Milano nel giudizio. Il professor Alessandro Pace, già docente di Diritto costituzionale a Cagliari, che aveva presentato memorie alla Consulta per sostenere l’illegittimità del Lodo a nome della Procura di Milano, non è dunque potuto intervenire nell’udienza pubblica.
Hanno parlato solo i difensori del cavaliere. “La legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione”, ha detto l’avvocato del premier Niccolo’ Ghedini in una arringa durata 15 minuti. L’avvocato del presidente del Consiglio, che è anche parlamentare, ha sottolineato che con il ‘lodo’ “é stato realizzato, con una legge ordinaria, un edificio costituzionalmente resistente”. Concetti questi di dubbia logicità. Intanto la resistenza dell’edificio è dubbia e la dovrà stabilire proprio la Corte, che, dunque, può demolirlo con un sonoro annullamento, come già fece per il lodo Schifani. Che la legge uguale per tutti non lo debba essere nella sua applicazione è un’altra argomentazione da sofisti, della cui non contraddittorietà è lecito dubitare. L’uguaglianza della legge significa ch’essa deve trattare in modo eguale situazioni e guali e in modo diverso situazioni diverse. Il problema sta tutto qui, e cioè se reati identici debbano avere un diverso trattamento in ragione dello status della persona che li commette. Concetti pre Stato di diritto. E’ assurdo anche il presupposto del ragionamento, che muove dall’ammissione che una delle quattrio cariche dello Stato ha sicuramente commesso dei reati e dunque necessita dello scudo penale, anziché essere tenuto a dimettersi. Un sovvertimento dei principi di correttezza e buon senso istituzionale!
Questa argomentazione è stata ripresa dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti che difende la legge rifacendosi alle considerazioni espresse dall’Avvocatura generale. “Si tratta di una misura legittima ma anche dovuta - spiega - per consentire alle cariche istituzionali di esercitare il proprio mandato al meglio e nell’interesse del paese”. Logica vorrebbe che l’interesse del Paese possa essere perseguito solo da persone di specchiata condotta morale e civile, non da plurindagati o da pregiudicati. “Ci aspettiamo che la Consulta decida con grande serenità, dimenticando le questioni politiche”, auspica infine Gaetano Pecorella, legale del premier. Che tipo Pecorella! Quando coordinava il “Soccorso rosso” a Milano diceva - riprendendo Mao - che anche nel mangiare si fa politica e soggiungeva: “chi sostiene il contrario mira ad infinocchiare gli altri, facendo lui stesso politica”. Proprio come fa lui oggi! Fulgido esempio di una vita consacrata alla più rigorosa delle coerenze! Ma speriamo che i giudici della Consulta non ci caschino.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento