Sergio Mattarella in Cina non ha fatto discorsi di circostanza, sono l’indicazione di una via d’uscita dall’avvitamento del pianeta in una spirale di guerra (56 quelle in corso) e dalla logica che trasforma l’avversario in nemico.
Comprendere che si è in una via senza uscita, molto pericolosa, con sullo sfondo il rischio dell’olocausto nucleare impone di tornare ai fondamentali e leggendo i discorsi di Mattarella in Cina si avverte l’indicazione di questo percorso di ricerca. Anzitutto la richiesta alla Cina di operare per fare cessare le guerre, a partire dall’Ucraina riconoscendo il ruolo che può svolgere, sottolineando la curiosità per l’altro, il diverso, per la cultura di mondi diversi, spesso poco conosciuti, affermando il rispetto reciproco, sottolineando che questo ha fatto crescere il mondo nei secoli. Mattarella ha invitato a recuperare lo spirito del dialogo, ad incontrarsi, dialogare, crescere tutti insieme.
Questi discorsi sono stati fatti in parallelo alla vittoria di Donald Trump e alla vigilia di un’operazione, di cui per ora non si conoscono i contorni, che dovrebbe portare alla deportazione di milioni di immigrati negli Usa.
Per troppo tempo si è assistito alla crescita dello spirito bellicoso. L’avversario è diventato nemico, indicando la guerra come metodo per la soluzione delle controversie: Eppure solo nel 2021 il G7 in Italia aveva al centro il contrasto al cambiamento climatico (vera emergenza) con le conseguenze drammatiche per la vita delle persone che stiamo vedendo. Invece oggi si discute dell’investire di più in armamenti e guerre, anche in Italia. I soldi necessari per contrastare il cambiamento climatico non si trovano mentre quelli per le armi sembrano quasi un’ovvietà, un cambio radicale di scenario.
Il governo italiano è impegnato in un braccio di ferro in Europa per ottenere più flessibilità sulle spese per gli armamenti, mentre nemmeno si interroga sulla possibilità di battersi per scelte che affrontino il dramma a cui stiamo assistendo e cioè l’obiettivo posto da Draghi nel 2021 di non superare l’aumento di 1,5 gradi della temperatura della terra, mentre in 3 anni siamo già oltre. Di più, il governo Meloni è campione di applausi ogni volta che una scelta coraggiosa dell’Europa sul clima entra in difficoltà, viene fermata, con posizioni revanchiste, reazionarie e negazioniste.
Eppure il clima costituisce in modo evidente la vera emergenza per il nostro pianeta. La guerra assorbe sempre più enormi risorse, causa vittime in numero crescente, soprattutto civili, e le risorse per contrastare il cambiamento climatico diminuiscono e, peggio ancora, le scelte politiche entrano in una fase regressiva.
Più il clima va fuori controllo, più l’ottica che prevale nei governi e nelle sedi internazionali è una revisione al ribasso delle decisioni prese e degli investimenti. La Cop 29 è sotto scacco per la vittoria di Trump che pensa di uscire dagli accordi sul clima e punta sul fossile. Anche Draghi dovrebbe ricordare quanto disse nel 2021 e se c’è un filone su cui chiedere che l’Unione europea decida di fare debito europeo sul modello del PNRR è proprio quello del clima, non gli armamenti, che tra l’altro vengono prodotti per essere usati e infatti Gaza, Libano, Ucraina sono giganteschi campi di prova delle nuove armi, un incubo.
Più le bombe sono “intelligenti” e la guerra diventa sofisticata le distruzioni colpiscono sempre più drammaticamente la popolazione e le condizioni di vita. Aumentano morti e feriti, a partire drammaticamente dai bambini, e le distruzioni raggiungono cifre impressionanti. Per ricostruire l’Ucraina si parla di 500 miliardi di dollari.
Governi e sedi internazionali discutono di guerra mentre l’ambiente del pianeta sta andando fuori controllo e chi soffre le conseguenze della guerra rischia la vita, se si può chiamare vita quella di Gaza, per esempio.
Le decisioni finali di Biden sull’Ucraina insistono nel solco della guerra ma il problema oggi è cessare il fuoco e iniziare a risolvere i conflitti e le tensioni con le trattative, attraverso conferenze di pace sul modello Helsinki del 1975. Obiettivo per il quale è urgente ridare ruolo e forza alle sedi internazionali a partire dall’Onu, oggi ridotte ai minimi termini. Bisogna recuperare la visione con cui Roosevelt promosse la definizione degli strumenti di governo dei processi internazionali a Bretton Wood, che sono ancora gli stessi, malmessi.
Cosa farà Trump per ora è difficile dire, certo se prenderà decisioni volte a chiudere i conflitti cambieranno molte cose, ma è probabile che non porteranno di per sè ad un aiuto alle politiche contro il cambiamento climatico.
In ogni caso il mondo che si è opposto a Trump e quello che contrasta la deriva a destra cresciuta in Europa ha il problema di non lasciare a Trump la bandiera della fine delle guerre, ammesso che voglia effettivamente attuare quanto promesso.
Alla destra occorre rispondere con una politica di pace che contrasti la crescita degli armamenti, affidi a sedi internazionali la soluzione dei conflitti (oggi le truppe Onu in Libano sono oggetto di attacchi ripetuti, visti come un fastidio), inverta le priorità di investimento a favore del clima e per correggere la crescente divaricazione sociale tra pochi ricchissimi e una grande maggioranza ai margini della vita.
Per di più guerre come l’Ucraina rischiano seriamente di entrare in un tunnel che porta alla guerra nucleare, che metterebbe a rischio la specie umana.
Il presupposto è quello richiamato da Mattarella che sembra scomparso dall’agenda politica e che parla di coesistenza tra regimi diversi che debbono competere pacificamente: chi è più appetibile per libertà e condizioni di vita verrà scelto per preferenza non per l’esportazione della democrazia con le armi, con i risultati terribili che conosciamo.
Si pone un problema di fondo per l’Italia e per l’Europa ed è un cambiamento di posizione riconoscendo che siamo in un tunnel senza sbocco e, se si vogliono evitare ulteriori tragedie, rimettendo al primo posto il dialogo, il confronto, la coesistenza tra diversi. La coesistenza non può che essere tra diversi, altrimenti è un’alleanza.
Coesistenza pacifica e intese nel reciproco interesse, sedi di decisione internazionale riconosciute e funzionanti sono l’alternativa alle guerre diffuse, che giustamente il papa chiama terza guerra mondiale a pezzi.
Alcune grandi potenze hanno scelto nel tempo di decidere unilateralmente mettendo in un angolo le sedi internazionali, via via ridotte di ruolo al punto che Nethanyau ha deciso di mettere al bando l’UNRWA, unico supporto civile e sanitario nel dramma di Gaza e in Cisgiordania senza nemmeno spiegare come pensa di sostituirla, di più ha definito l’Onu una palude antisemita e ha sancito che il segretario generale dell’Onu è persona non gradita in Israele. Una deriva devastante, tanto più per un paese come Israele che ha aspettato con ansia nel 1948 la decisione dell’Onu favorevole alla sua nascita.
Gli Usa prima hanno deciso, con contributi internazionali di occupare l’Afghanistan e poi se ne sono andati dopo 20 anni, dimenticando tutte le dichiarazioni di principio a partire dai diritti delle donne, ormai rinchiuse in una gigantesca prigione. Le scene dell’abbandono Usa dell’Afghanistan è difficile dimenticarle.
Ora siamo al dunque di nuovo e occorre evitare scene simili ma è necessario anche chiedersi perché ci si sia infilati in una testarda soluzione che sta portando al capolinea, creando condizioni che perfino Trump potrebbe fare la sua figura.
Non basta ripetere che Putin ha aggredito l’Ucraina, è vero e la sua è una risposta politica inaccettabile, sciagurata alle iniziative Nato che hanno aperto un vaso di Pandora terribile. Putin ha gravissime e serie responsabilità, ma la risposta che Usa ed Europa hanno dato hanno finito per portare a situazioni senza sbocco e a spaccare il mondo. Non c’è stata l’iniziativa per la pace. C’è stato un tempo in cui il G7 era diventato G8 per portare la Russia dentro un rapporto diretto con l’Occidente, la Cina era meno importante di oggi. Ricordiamo che nel 1989 la Russia radunò tutte le atomiche che aveva l’Ucraina con il consenso dell’occidente, quindi era possibile fare crescere un rapporto di fiducia. Ora, dopo l’avvitamento della situazione verso tensioni crescenti occorre cambiare registro, se le sinistre di qualunque tipo debbono fare questa scelta sulla base di un principio di fondo: la coesistenza pacifica tra sistemi diversi e sedi internazionali (da ricostruire) in grado di dirimere i conflitti, altrimenti il mondo futuro sarà peggiore. L’Europa deve riprendersi a sua autonomia e rilanciare una idea larga di coesistenza pacifica e di regolazione dei conflitti. Lasciare Trump solo a decidere è preoccupante e potrebbe portare a conseguenze peggiori, ma se ci sarà la crescita di un insieme di energie impegnate la situazione potrebbe rilanciare un’idea positiva di futuro, quindi di pace e di impegno comune contro lo strapotere di pochi e per contrastare il cambiamento del clima.
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