Ci sono territori in cui l’acculturazione bellica fa fatica a penetrare. Uno di questi è la scuola nella quale vige ancora il principio sancito dall’articolo 33 della Costituzione: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
Domenico Gallo
È risaputo che la verità è la prima vittima della guerra. Per sostenere, anche da dietro le quinte, una guerra in corso, occorre instaurare una visione manichea nella quale tutti i torti siano ascrivibili a chi assume il ruolo del nemico, è necessaria una professione di fede in una verità indiscutibile.
La verità che giustifica la guerra non ammette dubbi o dissonanze. Non a caso, da quando con lo scoppio del conflitto in Ucraina è dilagato in tutta Europa lo spirito nefasto della guerra, è iniziata una mobilitazione bellica della comunicazione, della cultura, delle coscienze. La propaganda di guerra, alimentata dalla narrazione unica dei media mainstream, è penetrata in tutti gli interstizi cercando di corrompere il senso comune che considera, pur sempre, la violenza bellica un male da ripudiare piuttosto che uno strumento al servizio della politica.
Ci sono, però, territori in cui l’acculturazione bellica fa fatica a penetrare. Uno di questi è la scuola nella quale vige ancora il principio sancito dall’articolo 33 della Costituzione: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. È difficile che la Costituzione possa costituire un argine per i partigiani di Zelensky, quindi non ci possiamo né stupire, né dolere se una giornalista ucraina, Irina Cascei e tale Massimiliano Di Pasquale, sedicente “esperto di guerre ibride e di misure attive”, si siano rivolti al ministro della Pubblica istruzione Valditara chiedendogli di censurare tredici manuali di storia e geografia delle scuole medie, editi dai più grandi gruppi editoriali scolastici italiani, perché i capitoli che trattano di Russia, guerra in Crimea, Donbass, Odessa, si avvalgono di interpretazioni e analisi dei fatti, espressione di una visione “putiniana” della storia (si veda il Fatto Quotidiano del 20 marzo scorso). Quello che ci sorprende è la risposta del ministro Valditara che ha fatto sapere che il ministero dell’Istruzione e del Merito ha avviato verifiche per appurare se i contenuti dei manuali possano presentare “un’impostazione faziosa e distorta della realtà storica, in favore della narrazione della Russia putiniana e dell’Unione Sovietica comunista”.
Qualcuno dovrebbe spiegare a Valditara che – purtroppo – c’è la Costituzione e che ancora non è stato istituito il “Ministero della Verità”. Per cui non è possibile introdurre nelle scuole italiane il testo unico di Stato, come fece il fascismo con la legge n. 5 del 7 gennaio 1929. Il testo unico di Stato svolse un ruolo importante per l’educazione della gioventù ai miti nazionalisti e bellicosi del fascismo. “Libro e moschetto” era l’aforisma che identificava i canoni dell’educazione dei giovani nel ventennio. Nel nostro caso la pretesa di insegnare una “verità ufficiale” sulle vicende del conflitto russo-ucraino, si combina con un’attività di promozione della “cultura militare” nelle scuole, come denuncia da tempo l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
Il collegamento fra il “libro” e “il moschetto” emerge in modo plateale in un’iniziativa promossa dall’Ufficio scolastico regionale della Lombardia che ha diramato una circolare a tutte le scuole di ogni ordine a grado. L’oggetto è l’invito, nella base di Ghedi dell’aeronautica militare, a un evento, “Mettiamo le ali ai nostri sogni – Giornata per le scuole 2024”, che vedrà l’esibizione della pattuglia acrobatica delle “frecce tricolori” nell’ambito dell’attività di addestramento preparatoria della stagione. La finalità è quella di far conoscere e promuovere sul territorio “i valori che ispirano il servizio al Paese, le tradizioni e la cultura dell’eccellenza italiana nel mondo”.
Al di là dell’ammirazione per le acrobazie delle frecce tricolori, non si capisce quali “valori” si vogliano trasmettere ai giovani con l’esibizione dei muscoli dell’Arma aeronautica. Forse sarebbe più educativo disvelare che nella base di Ghedi sono stoccate armi di sterminio, le bombe nucleari americane B-61, e rivelare che i piloti italiani si addestrano a trasportarle nell’ambito del Nato nuclear sharing group, in cui è previsto che il Paese ospitante metta a disposizione il vettore, mentre gli Usa forniscono l’ordigno, malgrado l’Italia abbia aderito al Trattato di non proliferazione nucleare per obbedienza al ripudio costituzionale della guerra che non consente il ricorso a strumenti di sterminio, neanche per fini difensivi.
(articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 14 aprile 24 con il titolo:Libro & Moschetto: ora arruolano anche gli studenti)
1 commento
1 Aladin
19 Aprile 2024 - 11:43
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=153259
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