A.P.
Poche chiacchiere, Riva, che ha fatto tanti miracoli in campo, ne ha fatto uno singolare anche fuori. Non succede spesso di vedere i sardi uniti, di vedere i sardi come popolo, accomunati da un unico sentimento. Eppure il funerale, la camera ardente dicono una cosa sola, lui c’è riuscito. E lo ha fatto non con proclami, dichiarazioni enfatiche, ma col silenzio. Coi fatti, coi comportamenti. Lui aveva bisogno di affetto quando ragazzo è venuto qui, e si è accorto subito di averlo trovato. Si è reso conto che anche qui nel popolo c’era una mancanza, una sofferenza, nella assenza di considerazione, i sardi “pecorai” come gridavano negli stadi importanti del nord, un razzismo ante litteram, e lui, istintivamente, ha voluto far giustizia nell’unico modo in cui sapeva e poteva fare. Nel campo, coi suoi tiri terrificanti, che, a ben vederli, sono cannonate che nascondono un sentimento e un significato profondi. Il popolo, noi tutti, abbiamo compreso questo messaggio. Finalmente uno che cannoneggiava come noi sardi non siamo mai riusciti a fare, divisi sempre, a farci male con le nostre stesse mani. E questo condottiero in pantaloncini e maglietta ha mostrato di che pasta era fatto quando ha rifiutato di lasciarci in cambio di ingaggi milionari, dicendo che preferiva stare coi pecorai. La vittoria del campionato ha questo significato, l’impossibile è diventato realtà, ha suonato come affermazione di un popolo.
Lo sport nasconde significati impensabili. La grande folla di ieri ai funerali, tutti quelli collegati in TV mostrano questo. Gigi è il simbolo del riscatto.
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