Gianna Lai
Dopo la sospensione per il periodo natalizio, riprendiamo la pubblicazione dei post sula storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Autonomia, pianificazione, rinascita, in questi termini la storica Mariarosa Cardia parla dell’entrata in vigore dello Statuto speciale della Sardegna nel 1948. Non senza, innanzitutto, aver ricordato i contenuti essenziali del “piano Pinna” che, nel 1947, aveva espresso per primo, e con forza, la necessità di interventi statali programmati nel lungo periodo. Eccone il passaggio in un suo scritto del 2000: “il piano quinquennale proposto dall’Alto Commissario per la Sardegna Pietro Pinna, elaborato in febbraio e in marzo, sulla base delle segnalazioni delle province, stanziava circa 85 miliardi per le comunicazioni stradali, ferroviarie e portuali, per opere igieniche, per l’edilizia statale e convenzionata, per il consolidamento degli abitati e la loro difesa dalle alluvioni, per opere idrauliche, per l’energia elettrica e lo sviluppo industriale”. Insieme all’esigenza di istituire il Banco di Sardegna e l’Ente Sardo di Elettricità e di portare avanti la statizzazione delle ferrovie complementari ed attivare il funzionamento dell’Ente Flumendosa. Per il Pci si trattava, sempre nella citazione della prof. Cardia, di “un primo passo sulla via della modernizzazione e dello sviluppo tecnico della regione”, e tuttavia quel piano “era stato respinto, sopratutto per la opposizione di Einaudi. Il ministro liberale aveva ritenuto, infatti, che impegni di spesa a lunga scadenza non fossero compatibili con l’instabilità finanziaria dell’economia statale ed aveva accettato solo interventi annuali per determinati lavori pubblici e per l’importo di non più di sei miliardi”. Con l’entrata in vigore dello Statuto speciale, legge di rango costituzionale, l’art. 13 si esplica proprio secondo una vera politica di piano: “Lo Stato col concorso della Regione dispone di un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola”, secondo la prof. Cardia “un rapporto nuovo tra la programmazione nazionale e regionale”. Sicché, volgendo lo sguardo alle forze maggiormente impegnate nella sua applicazione, la studiosa ricorda come: “Notevole fu, in questo campo, l’impegno della sinistra e particolarmente di Renzo Laconi. Egli riteneva che il concetto della programmazione affiorasse in diverse parti della Carta costituzionale, che tutta la Costituzione chiedesse e postulasse la programmazione economica. E vuole realizzare un dibattito proprio in quella direzione il Congresso del popolo sardo, chiaro fin dalla Presentazione il suo scopo nel volume che ne pubblica gli Atti, con testo integrale delle relazioni e dei discorsi, dei memoriali e dei documenti, compresi quelli precedenti il Congresso stesso: “Dal 6 gennaio ai primi di maggio, sotto gli auspici del Comitato Promotore, si sono tenuti nei maggiori centri della Sardegna trentun convegni locali e di categoria e son stati dibattuti, con la più larga partecipazione di tecnici, studiosi, amministratori, sindacalisti e politici, tutti i problemi attinenti alla rinascita economica e sociale della Regione. Contemporaneamente un movimento popolare che non ha precedenti per vigore e per ampiezza, nella storia più recente dell’isola, ha fortemente sottolineato l’urgenza delle soluzioni ed ha portato in primo piano, nella lotta per la rinascita, le masse lavoratrici delle città e delle campagne. Mille i delegati eletti nei trentuno convegni preparatori o designati dalle organizzazioni sindacali e politiche ed economiche. O da amministrazioni locali di ogni parte dell’isola, dai partiti dell’opposizione parlamentare, dalla Cgil, dal Comitato per la Rinascita del Mezzogiorno e da nove città dell’Italia centro-settentrionale. Tremila gli invitati”. Per poi soffermarsi, il redattore, a descrivere accoglienza e partecipazione di massa, “Centinaia di donne e di giovani sardi con i costumi tradizionali della Sardegna hanno recato doni simbolici e azzurre bandiere di pace. Così le giovani staffette dei centri minerari, precedendo il lungo corteo di mille operai di Carbonia e di Iglesias che venivano al Congresso portando a spalla i pesanti strumenti del loro lavoro. Concerti di canti sardi e launeddas e dell’orchestra del Teatro Massimo,… una grande festa popolare… e comizi di Emilio Lussu, Leonida Répaci, Velio Spano, Giorgio Amendola, Achille Corona e Luigi Longo”.
Così Emilio Lussu nel saluto di apertura alle delegazioni: “Signori convenuti, compagni,… in questo primo grande Congresso per la Rinascita del Popolo sardo,… la solidarità che oggi si crea è un fatto nuovo che accende nuove speranze… La terra… promette ricchezze, elettricità, pesca, sughero, carbone, metalli, pastorizia,… il popolo crea e costituisce la sua vita,… noi intellettuali sardi discendiamo tutti dalla grande famiglia originaria di contadini e pastori. Siamo fedeli alla causa loro, perché è la causa di tutto il popolo sardo, da quando la Sardegna ha una storia… Ciascuno deve sentire, in un periodo in cui la sitazione nazionale e internazionale è tanto inquieta, che questo nostro è uno sforzo onesto per il lavoro, un apporto di lavoro e di pace,… non più guerre! Che il lavoro e la pace coronino la fatica dell’uomo e della donna sardi”.
E poi Giovanni Ibba, della Camera del lavoro di Cagliari, entrando subito nel merito del discorso, “il Piano economico della Cgil enunciato al Congresso di Genova ha ispirato le Camere del lavoro a promuovere nell’isola un largo movimento per un piano di rinascita,… un ampio movimento popolare di tutti i gruppi sociali interessati al progresso dell’isola”. E Alcide Malagugini, nel messaggio a nome dei deputati e senatori dell’opposizione, “l’isola risorgerà con le forze dei suoi pastori, minatori e agricoltori, di tutta la gente che da una secolare ed oscura fatica trarrà floridezza e luce alla propria terra, sostegno ed esempio alla patria italiana”: primo firmatario Concetto Marchesi, seguono le firme di Scoccimarro, Togliatti, Pajetta, Pertini, Di Vittorio, Nenni, Pieraccini, Grieco, Alicata, Amendola, Audisio, Grifone, Giolitti, Sansone, Roveda. Li Causi, Malagugini, Mancini, D’onofrio, Banfi, Platone, Ravera, Ducci, De Martino, Negarville, Bitossi, Montagnana,Terracini, ecc. E poi il messaggio dei detenuti politici, condannati per aver partecipato all’occupazione delle terre, A.F. Branca, segretario regionale del partito socialista, A. Torrente e S. Dessanay, consiglieri regionali, A. Prevosto, dirigente Cgil regionale, anche a nome dei “contadini detenuti nelle carceri di Buoncammino” e dei “lavoratori carcerati”. E poi le delegazioni della penisola, Le Camere del lavoro di Roma, Ravenna, Genova, e gli operai delle Officine Galilei di Firenze e della Fiat Mirafiori, e poi di Reggio Emilia, Bologna, Ferrara, Milano. E, facendo primo l’impegno sulla pace, L’Udi nel suo saluto “ricorda che i lavoratori torinesi, attraverso la voce dei bambini sardi ospitati a Torino, hanno udito la voce delle miserie e delle sofferenze di tutto il popolo sardo”. Quindi, per riaffermare nel nome di Gramsci l’alleanza tra gli operai di Torino e i lavoratori sardi, le donne dell’Udi offrono lire 100.000 al congresso e ancora “vacanze per altri cento bambini sardi”, da ospitare presso le famiglie del continente. Infine i messaggi del senatore Giuseppe Cavallera e della scrittrice Sibilla Aleramo.
Laconico il prefetto sul Convegno: presenti “18 parlamentari dei partiti di sinistra,… la Dc ha negato l’adesione, invitando i propri aderendi a non partecipare”.
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