Carbonia. A Cagliari e a Carbonia i convegni in preparazione del Congresso del popolo sardo: quello di gennaio, alla presenza di Fernando Santi, della Segreteria nazionale Cgil

29 Ottobre 2023
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Gianna Lai

Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

Di lì a poco, il 17 febbraio 1950, la decisione del Comitato CIR-ERP di costruire una centrale da 240.000 kw all’anno nel Sulcis, primo passo verso una possibile industrializzazione del territorio. Ma, come fa notare lo storico Ignazio Delogu a proposito del Piano Levi, nel 1950 sui documenti del governo “la parola piano non compare mai”, mentre “si preferì concedere una ulteriore sovvenzione di otto miliardi di lire, questa volta per non meglio precisati programmi di ammodernamento degli impianti carboniferi del Sulcis”, senza dare tuttavia soluzione al problema.
Il fatto è che, insieme alle miniere di Carbonia, è l’intero contesto sardo a mantenersi fortemente arretrato, pur in una Italia avviata ormai verso la crescita.
Dice infatti, tracciando un quadro della situazione sarda, il professor Giorgio Caredda, “al censimento del 1951, gli addetti all’industria risultavano in tutta l’isola il 16% della popolazione attiva, con un picco relativo nella provincia di Cagliari che, col suo 33%, risultava la più industrializzata della Sardegna. Ma si trattava di un’industria con pochissime imprese di una certa dimensione, per lo più concentrate nelle miniere e nei tasporti; la polverizzazione delle aziende che il censimento classificava come industriali, faceva sì che, in provincia di Cagliari, ciascuna di esse non avesse più di tre o quattro addetti e che soltanto 73 superassero i cinquanta; di queste ultime soltanto 22 avevano sede nel capoluogo, le altre erano nel Sulcis e nell’Iglesiente. La frammentazione produttiva comportava una corrispondente frammentazione sociale, rendendo assai complicata la nascita e il funzionamento di un moderno sindacalismo operaio” Unica alternativa l’emigrazione, “tra il 51 e il 61 sono 120.000 gli emigrati oltre Tirreno o oltralpe”, mentre “le città capoluogo di provincia vedono aumentare i loro abitanti del 40%”.
Così il professor Sotgiu, anch’egli soffermandosi poi, in particolare, su Carbonia: “All’inizio degli anni Cinquanta,… la produzione industriale rappresentava appena un quarto del prodotto interno lordo; e, se si eccettuano le miniere, l’attività industriale era concentrata in piccole imprese, ricostituite dopo la fine della guerra, a carattere artigianale e il 74% degli addetti apparteneva ad aziende con meno di 10 unità lavorative. Si trattava di unità produttive generalmente di carattere individuale che operavano nell’ambito ristretto del mercato locale, e di basso livello tecnologico… Assolutamente diverse le vicende del Sulcis e di Carbonia… La classe dirigente sarda, ma lo stesso governo, si trovarono di fronte a questo drammatico problema, tanto più difficile da risolvere per l’esistenza di una forte concentrazione operaia estremamente combattiva, decisa a difendere il suo posto di lavoro e una cittadinanza che, intorno a questo nucleo operaio, aveva realizzato un forte senso di solidarietà e che era ugualmente decisa a non farsi estraniare dal luogo dove aveva costruito la sua vita”. Tale il contesto del primo Convegno di preparazione al Congresso del popolo sardo, in gennaio a Cagliari, con Lussu, Spano e Laconi, “prepariamo un piano di discussione come invito al dibattito per tutti i sardi”.
E poi quello in difesa del bacino carbonifero, indetto dallo stesso Comitato promotore per il Congresso del popolo sardo, a Carbonia il 22 dello stesso mese, all’Enal, presente il “compagno Santi segretario della Cgil per la corrente socialista”. E ancora Lussu, Laconi, Giovanni Lay e tecnici, studiosi, parlamentari, dirigenti sindacali, come leggiamo su L’Unità del 21 gennaio: “per potenziare Carbonia, occorre stroncare il monopolio SES”. Dalle 120.000 tonnellate mensili del ‘47 “alle attuali 80.000, dai 16.000 dipendenti agli attuali 9.300,… bloccare i licenziamenti e mantenere gli impegni di governo per un risanamento effettivo delle miniere”. Attuazione del Piano Levi, dice Renzo Laconi. E Santi collega il problema dela miniera alla lotta generale dei lavoratori italiani, che hanno proposto al paese il Piano economico e costruttivo della Cgil impegnadosi, a nome di cinque milioni di lavoratori iscritti alla Cgil, a sostenere le aspirazioni di Carbonia”. In una nota del prefetto, il comizio di Santi al pomeriggio, “esposto il programma confederale sulla assistenza ai lavoratori e sulla disoccupazione”, sempre alquanto critico nel commento finale, “qualsiasi esponente politico, si reca a Carbonia o a Iglesias a portare il verbo del partito”.
Segue l’intervista di Renzo Laconi a Radio Sardegna sulla preparazione del Congresso: una proposta di piano organico che investe ogni aspetto della organizzazione economica, sociale e civile dell’isola, per il pieno sfruttamento delle risorse sarde, come già nel piano nazionale per le risorse nazionali. Attraverso opere di bonifica, nazionalizzazione delle risorse elettriche e programmi di edilizia e di opere pubbliche. In continuità, il Convegno del 30 aprile avrebbe focalizzato l’attenzione sulla bonifica del Basso Sulcis e sulla distribuzione della terra “ai contadini o alle associazioni cooperativistiche”

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