Gianna Lai
Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.
Carbonia diviene prassi di ogni domenica esporre la bandiera rossa nelle abitazioni del Corso Iglesias, un quartiere fatto prevalentemente di palazzoni, inutili le minacce del commissario Pirrone. Mentre le attività delle sezioni divengono ancor più vivaci, squadre di calcio e tornei, in particolare, che si aggiungono alle altre attività ricreative, come ricorda L’Unità di allora, essendo nata proprio pochi mesi prima, a livello nazionale, L’Unione sport popolare, fondata sempre dal Pci: tra i segretari di sezione più attivi in città, quel Piero Zonza, capo servizio, licenziato durante i 72 giorni. Ed è l’esito elettorale a dare nuovo vigore al movimento degli operai, specie in vista, tra le prossime immediate scadenze, del Congresso nazionale dei minatori: il dirigente Ibba a richiamare, “nella mozione della corrente di Unità Sindacale, la riduzione della giornata lavorativa da 8 a 6 ore, l’aumento del periodo di riposo, refettori e servizi presso le miniere”. Mozione alla quale, le leghe di Carbonia aderiscono su tutto il territorio sulcitano, unendosi ai minatori di tutta Italia. Assemblee dunque, presso la Camera del lavoro, per il rinnovo del Contratto Nazionale di categoria, mentre si riesce ad imporre, ad una direzione alquanto riottosa, un incontro con le Commissioni interne sulle nuove tabelle di cottimo, rivendicazione centrale in quel rinnovo contrattuale. Impegnativa a Carbonia la mobilitazione che rispecchia naturalmente le difficoltà emerse nel resto del Paese dove, “in occasione delle elezioni delle commissioni interne”, erano già emersi i primi contrasti della appena avvenuta rottura sindacale. Ora “usata dai padroni, la divisione, dando vita a un duro ostracismo contro la Cgil come, in genere, contro i militanti socialisti e comunisti”, ricorda Vittorio Foa, in Sindacati e lotte operaie, proprio in occasione dei rinnovi contrattuali. Mentre “gli americani non solo appoggiavano ma sollecitavano le discriminazioni e le rappresaglie contro una parte del sindacato”. Di quel periodo, il nuovo tentativo di introdurre “una legislazione restrittiva dell’attività sindacale”, di disciplinare il sindacato: la Cgil a resistere, mantenendo sempre aperta “la prospettiva della riunificazione dei lavoratori” in una unica rappresentanza.
In città, come nel resto d’Italia, la mobilitazione si intreccia con la lotta a fianco dei contadini, quelli del Basso Sulcis, dove si susseguono incontri molto partecipati fra piccoli proprietari, mezzadri, affittuari e pastori. A Masainas, Giba, Villarios, S. Anna Arresi, Nuxis, contro la diminuzione del 10% delle tariffe per la mietitura, chieste dalla Confida. Fino alla costituzione, nel centro cittadino, di un Comitato di solidarietà a favore dei braccianti, offerte in danaro sopratutto dalle sezioni del Pci, mentre, dalle assemblee cittadine, dirigenti operai vengono inviati, a sostegno della lotta, nei paesi del Sulcis. Lo stesso prefetto costretto ad ammettere, parlando della “agitazione dei braccianti: essi vivono in grande miseria”.
E si intreccia la mobilitazione per il rinnovo contrattuale alle manifestazioni per la pace, le petizioni contro il Patto Atlantico che raccolgono in città, fin dalla prima uscita, ben 7.000 firme, se ne conteranno 15.000 alla fine di giugno, i partigiani della pace sempre più numerosi nella formazione dei Comitati. Vi si impegnano sopratutto ragazze e ragazzi che si preparano al Convegno provinciale dei quadri giovanili e alla Festa del 2 giugno, Festa della Repubblica dedicata quell’anno alla pace. Ed a questo proposito Carlo Pinzani, sulla Storia d’Italia Einaudi, spiega in che modo “il partito comunista prosegue la sua opera di penetrazione nella società italiana”, ricordando come, “accanto alle organizzazioni di massa già esistenti, Udi e Anpi, era nata nel 1948 L’Unione sport popolare e nel ‘49 il movimento italiano dei partigiani della pace, che riesce a convogliare vasti consensi nella condanna dell’aggressività dell’imperialismo americano”. Così Albertina Vittoria nella sua Storia del Pci, “Alla fine del ‘48 dopo il Congresso mondiale degli intellettuali per la pace che si era svolto a Wroclaw in Polonia, si costituiva a Roma il Movimento dei partigiani per la pace,… il movimento si fece promotore di diverse iniziative a cominciare dalla campagna per la raccolta delle firme contro il Patto Atlantico, nel 1949, e a quella per la interdizione delle armi atomiche”. E mentre il governo osteggia in ogni modo le manifestazioni, così sentenzia anche a Cagliari lo stesso prefetto, onde impedire l’allargamento del fronte: “Petizione per la pace, intrapresa dal Pci, vietata per motivi di ordine pubblico, la raccolta di firme già avviata”. E il questore, “Feste popolari e comizi pubblici: il Pci contro la ratifica del Patto Atlantico, nonostante i divieti”.
A riprendere quel contrasto L’Unità del 31 maggio,“Vietata dal prefetto a Cagliari la raccolta delle firme per la pace”, mentre “il questore vieta l’affissione di manifesti”; e poi tuttavia, il 2 giugno, “Concessa dalla procura, dopo il ricorso del Pci, l’autorizzazione ad affiggere manifesti per la pace”. E il 7 dello stesso mese, “fermati e rilasciati da Pirrone lavoratori di sinistra che raccoglievano firme per la pace, sequestrate le schede”. Si tratta di un vero e proprio bollettino giornaliero, l’8 giugno, sempre su L’Unità, “Pirrone riceve l’ordine di fermare chiunque si trovi in possesso di schede. Quattro uomini fermati da Pirrone, i poliziotti nei piazzali delle miniere hanno perquisito gli operai alla ricerca di schede: poliziotti travestiti da minatori”. E il 10 giugno, “Grave tentativo di intimidazione, Pirrone convoca i segretari del Psd’az socialista, del Psi e il comunista Ghirra, responsabile di zona per il Pci, e li invita a firmare una dichiarazione in base alla quale essi si impegnano a non partecipare alla marcia della pace che si svolgerà a Cagliari”. E però, prosegue il giornale, “malgrado le provocazioni poliziesche, la raccolta continua” anche di fronte alle minacce di arresto, da parte del commissario, contro “i diffusori de L’Unità a Tratalias”. E protestano i giovani, avendo avuto in risposta, alla richiesta di un camion ACaI, col quale raggiungere il Convegno di Cagliari sulla pace, la seguente dichiarazione: “Secondo ordini pervenuti da Roma, i permessi per viaggiare con un camion sono subordinati all’approvazione del parroco del luogo e sottoposti al giudizio dell’Arcivescovo”: autorizzate all’uso dei mezzi ACaI le organizzazioni religiose, ma per il solo svolgimento di feste patronali. Sicché ragazze e ragazzi di Carbonia rispondono mobilitandosi con maggiore impegno, in vista della manifestazione giovanile del 10 luglio in città.
1 commento
1 Aladinpensiero
23 Aprile 2023 - 07:54
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=143145
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