Prosegue e s’intensifica l’iniziativa contro la divisione del Paese fra regioni ricche e povere. Ecco l’Ordine del giorno contro l’Autonomia differenziata votato all’unanimità dal congresso nazionale dell’Arci tenutosi a Roma nei giorni 1-4 dicembre 2022.
L’autonomia differenziata delle Regioni passa senza dubbio dalla riforma del Titolo V della Costituzione, attuata mediante la legge costituzionale n. 3/2001. La riforma del Titolo V della Costituzione ha sancito un effettivo cambio di prospettiva nel rapporto tra Stato e Regioni, con l’intenzione di assegnare alle Regioni tutti gli strumenti necessari a garantire quel ruolo di governo politico che fino a quel momento non era stato esercitato. In questo senso diviene fondamentale la revisione dell’art. 117 della Costituzione che definisce le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato, le materie di potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni ed assegna tutto quanto non specificato, le materie residuali, alla potestà legislativa delle Regioni.
Nell’ambito delle proposte di autonomia differenziata, negli ultimi anni sempre più frequenti, vi sono state diverse modalità di esercizio della richiesta e, soprattutto, distinguo importanti in relazione ai principi che le hanno determinate ma è bene evidenziare che a fronte di distinguo e differenze tra le regioni più “forti” economicamente, il modo in cui le richieste di maggiore autonomia saranno gestite segnerà uno snodo cruciale per le sorti democratiche dell’Italia.
L’idea di autonomia regionale “differenziata”, infatti, rischia di compromettere in modo irreparabile il principio di universalità dei diritti soprattutto in ambiti particolarmente delicati quali sono, ad esempio, quello sanitario e dell’istruzione. Prevedere un modello di federalismo regionale che non tenga conto delle enormi differenze oggi esistenti nelle diverse aree del Paese e soprattutto del divario in termini di ricchezza, infrastrutture e servizi che costringe prevalentemente i cittadini del Sud ad una qualità della vita nettamente inferiore rispetto alle aree più sviluppate del centro e del nord Italia, significherebbe certificare il dualismo (o la soppressione) dei diritti sociali e civili tanto faticosamente conquistati.
Per evitare che gli egoismi territoriali prendano il sopravvento riteniamo indispensabile garantire la piena applicazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) in tutto il territorio nazionale, anche considerando l’utilità di ricondurre alla potestà esclusiva dello Stato alcune materie, come quella relativa alla tutela della salute, considerata la gestione “poco efficiente” di diverse Regioni, in primis la Calabria. Esprimiamo dissenso in relazione alla proposta di utilizzare il criterio della spesa storica quale metodo di calcolo delle risorse economiche necessarie alla fruizione di servizi fondamentali, ancor più considerando le attuali e sempre crescenti, enormi, diseguaglianze tra le regioni del centro-nord ed il Mezzogiorno italiano. E’ fondamentale riconoscere e garantire l’applicazione effettiva della Costituzione Italiana che, all’art. 119, sancisce l’istituzione di meccanismi di perequazione proprio per assicurare parità di diritti e coesione sociale.
Si stabilisce, inoltre, di sostenere la proposta del disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare per la riforma del Titolo V avanzata dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale che si pone l’obiettivo di contrastare il rischio di spaccatura del Paese, la fruizione differenziata dei diritti e le diseguaglianze derivanti dalla proposta di Autonomia Differenziata che il Governo potrebbe approvare.
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