Gianna Lai
Schirischiri, è il nome di un cane, titolo del romanzo di Sandro Mantega, ispirato da una storia vera. Viene presentato oggi alle 18 nella libreria Mondadori di via Farina n. 16 a Cagliari. Dialoga con l’autore Gianna Lai, che per l’occasione ha scritto la rencensione del libro, che di seguito pubblichiamo.
Il luogo è ben definito, la vicenda pure, oggetto delle cronache di questi anni, persino facilmente riconoscibile il paesaggio raffigurato in copertina. Ma il racconto che sembra prenderne spunto, vede crescere via via una storia affatto originale per impianto narrativo e interessante per le molteplici occasioni di riflessione destinate al lettore.
Parliamo di Schirischiri, il recente romanzo di Sandro Mantega pubblicato dalle Edizioni Della Torre. Prerogativa prima, il cambio continuo di ambienti, che irrompe nella storia dopo i primi lenti, ma emozionanti, squarci su territori così lontani: una Finlandia irraggiungibile, eppure così comune e vicina alle nostre abitudini la vita in mare dei suoi abitanti. E i sentimenti che determinano il destino dei personaggi, di Stefan e di Rita, della loro stesa figlia Ingrid, luce e buio intrecciati al quotidiano di un difficile, precario rapporto nato invece, sembrava, per resistere agli attacchi del tempo. E, in contrasto con la durezza del clima, la promessa di un ritorno ai luoghi dell’innamoramento, nel tepore del Mediterraneo, lontanissimo sì ma, grazie a Maria ,facilmente a portata di mano. La barca nelle mani di un esperto navigante, purché accompagnato dal suo mozzo, un umanizzato Schirischiri, dal pelo bianco e dalla sicura fedeltà, come nelle fiabe di La Fontaine. Il cane a confortare la lunga traversata, a mantenere intatto il legame coi luoghi di provenienza dove, è sicuro, si dovrà un giorno o l’altro tornare: il lettore trascinato nei continui mutamenti del mare intorno, le sue correnti facilmente governate dalla destrezza di Stefan, dalla immediata risposta di Maria.
E se l’autore indugia, con grande conoscenza delle regole della navigazione e con altrettanta capacità descrittiva, fin dalla rappresentazione coste finlandesi, “Alain propone di ridurre la tela, -ammainiamo la randa con il solo genoa dovremmo navigare meglio, ….. alla fine la randa va giù e Stefan riesce a bloccare il boma cazzando la scotta”, non c’è passaggio netto, contrasto , né forzatura, anzi, la storia sembra filare più credibile verso le mete le più varie, naturalmente. Naturale cambiare destinazione secondo i richiami e le sollecitazioni del navigare, senza mai perdere la rotta, che sia il mare ad imporlo o una improvvisa urgenza sentimentale, o una curiosità altrettanto improvvisa. Ciascun richiamo, una storia nella storia, donne e uomini che si attendono l’un l’altro in riva al mare, che vivono e faticano in riva al mare, da un posto all’altro, da un approdo all’altro, forse in attesa di Stefen che, tutte quelle storie, ha poi la magìa di saper sapientemente raccogliere. Compresa la fugace immagine della solidarietà verso i migranti, compresi gli stacchi in corsivo e in prima persona, fin dal prologo, a prendere tregua dal mare e dal suo continuo essere in movimento: lo straniamento nel primo, i ricordi nel secondo, la solitudine nel terzo, la voglia di andare nel quarto passaggio, atmosfera e immagini oniriche, come fossero pause di riflessione, a interrompere il realismo del quotidiano. Sì, i cambi improvvisi di umore del mare, “l’Atlantico li accoglie con onde alte come colline”, “la notte, però, entra un vento di burrasca da sud: le onde diventano palazzi”, che sembrano voler preludere già ad un finale per niente scontato, quasi fosse il mare stesso uno dei personaggi. Il mare insieme a Maria e a Schirischiri, volendo dare più spessore a uomini e a donne che affollano i luoghi, ciascun luogo toccato da Stefen: Alain e Yasmina, Salvatore, Aurelio e Antonietta e il loro cane Bentu e la loro barca Antioco Padre. E poi gli approdi, che siano le coste del golfo di Botnia, o la Manica e la costa inglese, la costa del Portogallo e Gibilterra, Biserta e Tabarka o La Grande Isola al centro del Mediterraneo. E persino quelli ancora non toccati da Stefen, semplicemente annunciati. Il lettore segue la geografia di quel viaggio e l’annuncio di un’intesa nuova tra Stefen e Alain, vera amicizia segnata dai modi di stare in mare, antica arte che ha garantito la nostra civilizzazione: bisogna essere in due ad affrontare i pericoli, due forti personalità di naviganti, il legame cementato da una sintonia. “Dieci giorni di navigazione hanno rinsaldato il rapporto tra i due uomini. Stefan si trova spesso in sintonia con Alain, ha gusti e modi di pensare molto simili alla maniera con cui lui concepisce la vita”.
Fino al cambiamento, un luogo nuovo ne Il relitto, paragrafo situato già prima che la storia abbia raggiunto la metà appena del racconto, espediente narrativo che induce il lettore a prefigurarsi e a immaginare possibili soluzioni finali, pur se di nuovo immediatamente spinto sulle orme del personaggio principale, alle prese con avventure in altre terre: “Sì. Hanno concordato che l’Africa sarà la loro meta. Poi, una volta lì, decideranno come continuare”. Un mistero da risolvere il ritrovamento dei resti di un’imbarcazione nella grande spiaggia, il mare affrontato in un giorno di libeccio teso, fa intravedere come la storia prenda rapidamente una nuova piega. E a disvelarsi, nell’epilogo, il senso che l’autore vuol dare all’azione di Schirischiri, il cane buono e fedele e abituato all’avventura, così commovente fin dalle prime pagine del libro: che abbia pure qualche influenza nei corsivi preposti ad annunciare il cambiamento?
E poi le note finali, tutte da leggere, insieme a quella iniziale di dedica dell’autore alla moglie Angela: le ragioni del titolo e i ringraziamenti utili a svelare il lavoro che sta alla base di questo libro in termini di ricerca e di studio, per concludere con l’indice dei paragrafi, disvelatori anch’essi di un impianto, chissà, forse fin dall’inizio ben chiaro nella mente di chi scrive.
Il dinamismo del racconto a dare ritmo ad una lingua e ad un linguaggio prossimi, contigui alla materia della narrazione, si tratti di annunciare conoscenze e precise definizioni dei modi in cui si affronta il mare, la tempesta, il pericolo del mare più tenebroso e, insieme, lo studio dei venti, il maestrale teso, l’arrivo dei venti di nord-ovest, ecc. O si tratti di condividere l’indugiare frequente dell’autore sulla calma serena delle acque, “il debole sciabordìo delle onde che cullano dolcemente la barca”, non per semplice esercizio di stile, quanto per accompagnare stati d’animo, riapertura alla speranza dopo il lutto, nell’immenso scenario della marina e di un mare generoso e così rassicurante, per il lettore, specie dopo la tempesta. Solitudine dell’individuo nella solitudine del navigante, appena attenuata dall’approdo in luoghi sempre diversi: il ricongiungimento con la propria donna e il legame, pur occasionale, con persone che però tengono bene a mente ciò che è necessario, per poterti seguire e portare aiuto nell’attraversamento del mare.
Ciascuno vede nel libro ciò di cui va alla ricerca, difficili da contenere le attese di lettrici e lettori: il modesto piacere di raccontare storie, ma anche preoccupazioni, assume in sé il valore della scrittura, aprendosi ad ogni possibilità interpretativa e insieme confidando, sopratutto, nella capacità di comprensione da parte di chi legge.
1 commento
1 Aladinpensiero
24 Novembre 2022 - 09:31
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=138880
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