Gianna Lai
Oggi, domenica nuovo post sulla storia d Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Era nata nel 1944 anche a Cagliari la sezione dell’Udi, L’Unione Donne Italiane, il cui Comitato provvisorio è formato da tre indipendenti e poi una sardista, una liberale, una socialista, una comunista, nella figura di Claudia Loddo Corona, della Federazione di Cagliari. E nel dicembre 1945 La donna sarda, periodico che ne esprime la linea. E poi il Cif, Centro Italiano Femminile, nel maggio del 1945, Vita femminile sarda il suo quindicinale. “L’unico terreno dove noi siamo e intendiamo restare, quello della dottrina sociale della Chiesa”, scrive Maria Federici nel primo numero del febbraio 1946, a indicarne la stretta funzione, contribuendo senz’altro ad eleggere sindaco, le prime due donne sarde, nelle liste della DC, in provincia di Sassari e di Nuoro.
“E’ sorta L’Unione donne italiane che ha nella comunista Rita Montagnana, e poi in Adele Bei, Emma Cantinori, Egle Gualdi, qualificate esponenti. Hanno fondato l’Udi fin dal settembre del 1944 dirigenti comuniste, socialiste - la figlia di Pietro Nenni, Giuliana, tra le altre - e cattoliche”, scrive Spriano. In Sardegna, le più organizzate quelle comuniste e quelle cattoliche, l’Udi e il Cif, una volta rotta l’unità dentro l’Udi, e poi le socialiste con una rubrica intitolata Noi donne su Sardegna Avanti. Mentre tocca a Nadia Spano, “delegata delle compagne sarde”, parlare di Sardegna nella prima Conferenza Nazionale delle donne comuniste, sostenendo lo sviluppo di un movimento che, necessariamente, sarebbe dovuto partire da Carbonia, “dove ci sono le donne di estrazione operaia, affiancate dalle più combattive rappresentanti del movimento cittadino di lotta”. 40.000 le donne complessivamente iscritte al PCI nei primi mesi del 1945, come ricorda Palmiro Togliatti nel Consiglio Nazionale del partito di quell’anno. E invitano le donne al voto, le dirigenti comuniste, Maria Piras Polano, il 25 maggio del 1946, sulle pagine de Il Lavoratore, il suo articolo Parole semplici alle donne sarde: il voto alla lista dei lavoratori, “senza paura di scomunica o rappresaglia,… voi donne di Sardegna, se i vostri mariti, padri, fratelli o figli votano per la Repubblica o per il partito comunista,… seguiteli, votate anche voi”, focalizzando l’attenzione su “lavoro, parità uomo-donna, una uguale retribuzione a parità di lavoro”.
Impegnate a divulgare la linea del partito, verso la formazione di una nuova identità per il movimento in Sardegna, Claudia Loddo tra le dirigenti più assidue a Carbonia, dopo Nadia Spano. E va oltre l’intervento sulla politica del territorio il loro discorso, per affrontare le tematiche generali, il pensiero critico contro il governo, le questioni nazionali, l’impegno per la pace, come attestano i numerosi scritti pubblicati dal settimanale del Pci sardo Il Lavoratore. Sopratutto in occasione della Giornata della donna: così l’8 marzo del 1947 Claudia Loddo su quel settimanale: “Ogni donna si augura che la sua famiglia possa rimanere unita e serena, lontana dal pericolo di guerra, in un clima di pace e di giustizia sociale”. Con questo spirito, il suo “ingresso nella vita pubblica, verso la via dell’emancipazione,… nei partiti di massa e nelle file sindacali”. Quando l’Italia è invasa dai nazifascisti, sono state “le madri, le spose, le sorelle, le figlie dei combattenti della libertà, le nostre popolane,… sono state le nostre partigiane… a trascinare e a organizzare tutta la popolazione femminile del Nord nella lotta finale contro il nemico”. Da qui nasce, dall’impegno delle forze popolari femminili, “l’organismo di massa dell’Unione Donne Italiane,… che guida oggi le donne per la difesa e lo sviluppo della Repubblica, della libertà, della pace e della ricostruzione del Paese”. Un’emacipazione “strettamente legata al diritto al lavoro,… che darà loro la dignità di vere cittadine”. Mentre nella mobilitazione contro la guerra, esse “si impegnano a rafforzare i rapporti fraterni con tutti i popoli liberi, perché le famiglie possano vivere in un duraturo regime di pace, di giustizia, di libertà”.
Ancora Claudia Loddo contro la guerra, significativo l’intervento su Il Lavoratore del 6 dicembre 1947 dal titolo Fronte della pace, “Le nostre ferite sono ancora aperte: mogli che attendono ancora invano i loro mariti, madri che attendono ancora disperatamente i figli dispersi… Reduci che attendono ancora il lavoro… Pace significa non tradire chi ha immolato la propria vita per un mondo migliore, basato sulla giustizia; Pace significa non irridere al sacrificio di milioni di combattenti che hanno disperatamente lottato per seppellire il fascismo e per riscattare il lavoro. Pace significa non far ricadere sulle spalle dei lavoratori le spese della ricostruzione del paese… Oggi, nel nostro paese, Pace non è ancora, perchè il governo della discordia e della fame non ha riportato gli animi alla pace e non sa dare lavoro a chi ne ha bisogno… L’appello delle donne a lottare per realizzare la Pace significa lottare tutte insieme e concordi perché dalle macerie risorga il mondo nuovo basato sul lavoro, nell’interesse dei lavoratori, e non di piccoli gruppi di privilegiati… lottare per la Pace significa educare i figli all’orrore della guerra, insegnando loro la voglia di vivere, lavorare, studiare e …l’amore alla vita e verso il prossimo”.
Secondo le direttive stesse del Partito nuovo di Togliatti, creare organizzazioni di massa fra le donne, mantenendo sempre forte quella componente pedagogica, conoscenza e formazione, indispensabile alla crescita collettiva. Cui tanto avrebbe contributo la stampa di partito, fin da subito impegnata a dedicare loro, anche in Sardegna, riviste e convegni. Così l’articolo di Nadia Spano, la prima dirigente nazionale ad essere presente a Carbonia, fin dal 1945, intitolato Donne, su Il Lavoratore del 10 aprile di quell’anno, pochi giorni prima delle Liberazione. “Mentre sui vari fronti d’Europa gli eserciti alleati e l’eroica Armata Rossa portano gli ultimi decisivi colpi alla Germania hitleriana,… già sorge nei paesi liberi l’alba di una nuova era di pace… L’Italia è ancora divisa in due dalla linea del fuoco. … Nel Nord i nostri patrioti hanno impugnato le armi, che essi stessi strappano ai tedeschi, e non lasciano tregua all’invasore.” E nei territori già liberi “la nostra gioventù accorre ardente sotto le armi mentre, per iniziativa delle masse popolari, le officine son rimesse in efficienza, i ponti riparati, le ferrovie riaperte… L’Italia si avvia verso la rinascita, a questa rinascita la donna italiana deve e vuole partecipare. In questi anni essa ha fatto una dura scuola. E quando il terrore fascista e la furia distruttrice dei tedeschi si son scagliati sul nostro paese, le donne d’Italia hanno dimostrato la loro sensibilità e la loro maturità politica, partecipando all’organizzazione della Resistenza e della lotta armata contro l’invasore… Oggi devono contribuire a instaurare in Italia un regime democratico… Una nuova forza, una forza sana, è oggi scesa in campo per la difesa degli interessi del popolo: è quella delle masse femminili,… ansiose di costruire un domani libero e felice, dove sia concesso di educare i figli al lavoro e allo studio”. Informazione sull’andamento della guerra e della lotta di resistenza, impegno a costruire insieme la democrazia. Le donne entrano in politica partecipando, a livello di massa, ai movimenti partigiani della Resistenza, ora la storia non può non riconoscerne il ruolo, fin dal diritto di voto, in ogni momento della vita economica, politica e sociale del Paese.
Ma è col Secondo Congresso della Federazione di Cagliari, il 21 e il 22 aprile del 1945 che, come ricorda la professoressa Giannarita Mele, per la prima volta si discute “in seduta plenaria la problematica della condizione della donna, dei suoi diritti al lavoro e al voto grazie agli interventi di Claudia Loddo e dell’applauditissima Nadia Spano. E quando la stessa Loddo interviene anche al Secondo Congresso Regionale del Pci, 25-27 maggio, sulla condizione della donna lavoratrice, non soltanto fa scoprire ai congressisti l’universo del lavoro femminile (dalle tabaccaie di Cagliari alle operaie dei pastifici, alle donne di Carloforte che fabbricano le buste del sale, alle infermiere alle molte disoccupate per la chiusura delle fabbbriche), ma pone il tema del diritto al lavoro delle donne e della loro grande discriminazione salariale, tema urgente con cui in qualche modo la Cgil, non soltanto di Cagliari, deve iniziare a fare i conti, tanto più che il rientro dei reduci che reclamano lavoro mette ulteriormente a rischio l’occupazione femminile”.
1 commento
1 Aladinpensiero
30 Ottobre 2022 - 10:56
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=138064
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