Emilio Lussu nella storia del ‘900

14 Ottobre 2022
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 Giuseppe Caboni

Continuiamo la presentazione del bel libro di Bistarelli sulla vita di Emilio Lussu con questa impegnata riflessione di Giuseppe Caboni.

Le generazioni più giovani - digitarians, millennias, Zeta - conoscono bene la storia del ‘900, ed Emilio Lussu come uno dei suoi più importanti protagonisti, in Italia, come maestro di vita? Temo di no.
Agostino Bistarelli, storico affermato, impegnato nella formazione dei ragazzi (anche come referente della ricerca per la Giunta centrale per gli studi storici), tenta coraggiosamente, con un bel libro, negli ambiti richiamati, di rispondere ad un vuoto drammatico di conoscenza, nelle nuove generazioni, di cui le classi dirigenti, nella storia del nostro paese, sono responsabili.
Con l’editore “L’asino d’oro” Bistarelli ha pubblicato di recente lo studio “Emilio Lussu. La storia in una vita”.
Lo studio è ben leggibile, nella sua struttura e nei precisi argomenti, sempre frutto di una lettura specifica delle fonti. Esplora nuovi territori e settori biografici. Suggerisce schemi logici chiari, nella ricerca del lascito attuale dell’esperienza di Lussu, e dell’eredità del secolo in cui si è espressa la sua vita.
In questo quadro utilizza una originale novità di metodo: la biografia del senatore sardo non è ricostruita in modo lineare, quasi distinta, come spesso avviene, dalle vicende umane complessive; ma piuttosto come sede di maturazione di una personalità civile, particolarmente attenta nell’interpretare il proprio ruolo di risposta, nella storia, a contingenze importanti, spesso drammatiche, spesso imprevedibili. Da qui anche il titolo del libro: è la storia ampia che trova sede attiva in una esperienza personale.

L’apprezzamento per il carattere e l’intelligenza democratica del protagonista, di conseguenza, non fa velo, nel lavoro di Bistarelli, alla ricerca di un inquadramento verosimile della storia del secolo, o ad una ricostruzione essenziale, laica, delle sue vicende: quella che ho trovato in un importante studio collettivo (“1917, un anno, un secolo”, ediz. Viella,) creato anche dal nostro studioso.
Abbiamo avuto, io, Gian Giacomo Ortu, e altri, il destino di tentare di contrastare, poco più ragazzi, negli anni ‘70 - ’80, le critiche accademiche e politiche all’itinerario intellettuale di Emilio Lussu, accusato di essere “ruralista” o poco marxista, incline al personalismo e allo scissionismo. Difendevamo la coerenza classista e popolare del nostro conterraneo, a confronto, in fasi diverse, con le violenze e il dominio delle forze reazionarie, ma anche con le incapacità o lo spirito di compromesso della sinistra italiana.
Oggi, opportunamente, il libro di Bistarelli, individua, nelle diverse età e sedi attive, del nostro personaggio, l’esprimersi dei caratteri logici di cui è stato interprete, anche nelle modalità delle sue mutazioni. Continuità quindi, ma anche mutamenti.
Così vengono distinte le diverse età evolutive: la giovinezza in Sardegna, la guerra e il Partito sardo d’azione, l’attività ininterrotta intellettuale e politica nell’esilio antifascista, l’impegno costituente degli anni ‘40 e infine le difficoltà nella sinistra del dopoguerra, sino alla fine nel 1975.
La definirei una ricostruzione per grandi aree tematiche, più che una ripartizione “esistenziale” e psicologica, miratamente biografica, come invece era avvenuto nell’importante e letteralmente pregevole ricostruzione di Peppino Fiori nel suo “Cavaliere dei rossomori”.
E così, per la prima volta, Bistarelli ha ricostruito, o iniziato a esplorare, anche aspetti o settori della vita politica di Lussu finora poco “schematizzati” o approfonditi. Ne elenco alcuni, in questa sede sintetica, che andranno precisati, nella loro complessità.
Ve ne sono diversi strettamente psicologici, attinenti al suo carattere, alla sua specificità nella conduzione dei rapporti interpersonali.
Solo due esempi, su questo:
- l’osservazione dell’analogia, da Emilio osservata, del metodo di ragionamento di Gramsci e Rosselli, inesorabili nel percorso tra premesse logiche e conclusioni;
- i suoi rapporti con Salvemini, con la descrizione dell’impegno di quest’ultimo negli anni ’30, per la sopravvivenza dell’esiliato sardo, attraverso lo spoglio del suo epistolario (sinora studiato solo nell’importante riflessione di Giovanni Falaschi, limitato alla genesi di “Un anno sull’altipiano”). Sinora l’attenzione, per i rapporti fra i due antifascisti, si era concentrata sui loro dissensi politici.   Qui si evidenzia anche e soprattutto la loro vicinanza umana, così ben descritta da Lussu nel suo ricordo dopo la morte dell’amico, nel ‘59.

Ma la novità storica e politica più importante, nel lavoro di Bistarelli è l’approccio attento a settori dell’esperienza di Lussu sinora decisamente meno analizzati:
-  la complessità dei suoi rapporti con gli altri esponenti di Giustizia e Libertà, con le altre formazioni dell’esilio antifascista: la Lidu, la Concentrazione, i socialisti, i comunisti, i repubblicani dell’A.R.S., ecc.;
- l’adesione, con il suo sardismo classista, al PSI e poi l’opposizione alla politica di Nenni negli anni ‘50 e ‘60, con il ricorso anche al ruvido epistolario tra i due;
- la sua partecipazione, anche con Joyce e i giovani cagliaritani, negli anni ’60, ai movimenti per la pace;
- i suoi rapporti con gli errori della sinistra italiana, da lui indicati soprattutto nella diffidenza verso l’autonomismo, nella compromissione con il dominio della Chiesa e della Democrazia Cristiana, nella dipendenza dall’Unione sovietica e dalla politica dei blocchi;
Direi, però, che l’aspetto più “creativo” del libro di Bistarelli, consiste nella individuazione, attraverso le posizioni e le analisi di Lussu, delle questioni permanenti della mancata democrazia italiana, così sintetizzabili:
-  i difetti di carattere, l’opportunismo, l’acquiescenza al potere, il familismo amorale, così ben studiati e ricostruiti nel nostro Paese, soprattutto dal cinema, dall’antropologia (anche in modo eccessivo), e proprio nelle pagine di Lussu, con “Marcia su Roma e dintorni”.
Importante, a questo proposito, il richiamo di Bistarelli del ricordo che Lussu dedicò a Enrico Malatesta, il grande anarchico, con la sua coerenza e generosità.
Peraltro voglio indicare (per confortarci un po’ a questo proposito) il crollo verticale dei francesi, della loro stampa e di gran parte dell’opinione pubblica, e quindi l’ossequio ampio al governo di Vichy, dopo l’invasione nazista nel 1941: va riletta, in proposito, la pagina di Joyce in “Fronti e frontiere”, di recente ripubblicato nella sua versione originale.

E un ragionamento più consistente andrebbe dedicato all’atteggiamento dei governi democratici europei, ed anche dell’URSS di Stalin, negli anni ‘30, nei confronti del fascismo italiano e spagnolo e del nazismo, teso più a proteggere la propria borghesia nazionale che a opporsi alle violenze delle dittature;
-  il rapporto fra le grandi masse popolari e le avanguardie politiche.  Lussu polemizzò, ribadendo la necessità di avere fiducia nelle masse, con Rosselli che manifestava la sua delusione per il voto esteso degli operai tedeschi a favore dell’ascesa di Hitler. La responsabilità della resistenza alla reazione, secondo il nostro armungese, è sempre delle guide politiche: è nota, ed è sottolineata nello studio che qui commento, la convinzione di Lussu che le masse, popolari e piccolo-borghesi, fossero disponibili a opporsi, anche come la forza, all’avvento del fascismo. Furono i loro dirigenti, socialisti e popolari, ad essere inadeguati al compito di una resistenza possibile;
- in questa direzione va cercata la causa della ricorrente debolezza delle forze democratiche e progressiste, in Italia, in successive drammatiche contingenze: la sconfitta dei democratici nel Risorgimento (sino al trasformismo), il giolittismo e l’affermarsi del fascismo, o la sconfitta dei socialisti e comunisti dopo la seconda guerra mondiale, sino al “compromesso storico” e al berlusconismo.
Oggi assistiamo a una nuova grave caduta.
Un ultimo tratto importante del libro di Bistarelli, ed anche della prefazione di Sonia Marzetti, è l’indicazione delle acquisizioni “definitive” che ci vengono dall’esperienza di Lussu.

Quella più evidente è quella della necessità di una democrazia sociale completa, radicata nella vita delle masse e dei territori, sino al federalismo.
Ma indicherei infine la necessità di approfondire il senso dell’impegno internazionalista di Emilio, la sua proposta di un ruolo attivo dell’Italia per la democrazia e l’autonomia dei popoli nel mondo. Questo a partire dalla sua “diplomazia” clandestina, contro il fascismo, sino alla sua avversione alla NATO e alla politica dei blocchi. 17 anni, al Senato, di indignazione per la politica servile e opportunistica dei nostri governanti.
Ho concluso una recente presentazione a Cagliari, con Pietro Clemente, del libro in questione, con l’indicazione di temi ulteriori che Lussu non ha potuto conoscere, e che noi abbiamo praticato piuttosto con Joyce, a cui Emilio ci aveva affidato, con altri giovani sardi, sin da quando, con mia moglie, in una serata ad Armungia, li avevamo conosciuti nel lontano luglio 1969.
Joyce è stata guida sicura, nelle sue tante pubblicazioni e azioni, sul tema dell’ecologia (“L’acqua del 2000”, 1976), della condizione femminile (“Padre, padrone, padreterno”, 1976), del rapporto Nord-Sud del mondo e dell’anticolonialismo,
Il tema strategico più importante che Emilio e Joyce ci hanno trasmesso è quello della necessità di costruire una grande alleanza democratica, socialista e pacifista, nel nostro paese, capace anche di contribuire a risolvere i grandi problemi dell’umanità.
Il libro di Bistarelli, storico impegnato, civile, ha sottolineato un tema di convergenza anche con il nostro lavoro, soprattutto in Sardegna, conoscitivo e trasformativo: la possibilità di fare storia correttamente a condizione di partire dalla scelta, esplicitata, di un punto di vista.
Oggi, per conoscere e contribuire a cambiare il mondo, come i Lussu ci hanno proposto, mi sembra indispensabile assumere un nuovo punto di vista, che è indicato soprattutto da coraggiose avanguardie politiche e culturali, nel mondo più povero, sempre con l’impegno pubblico delle donne; e da intelligenti movimenti giovanili e antagonistici, anche nelle società ricche: gli interessi dell’umanità intera, il cibo per tutti, la pace, la salute materiale ed ecologica del pianeta.

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