Andrea Pubusa
Conosco Giorgio Oppi da quando ero studente liceale a Carbonia. Lui, di Iglesias, era un atleta di declaton della Monteponi. Era molto noto fra i giovani studenti del Sulcis. La sua popolarità era legata ad un indubbio tratto umano. Giorgio era una persona molto socievole, dalla battuta pronta e simpatica, evocava sempre la “cricca”, insomma era un compagnone. Poi aveva già da giovane una incontrollata propensione per la politica, era democristiano nel dna, e quindi la sua socievolezza lo portava ad essere fin d’allora un piccolo sbrigatore di faccende, pratiche, per avere consensi, clientes.
Sul piano politico Oppi fa parte di quella schiera variegata di politici di livello secondario che hanno fatto sì che il popolo sardo, dopo essere momentaneamente emerso, è di nuovo scomparso dalla storia.
E’ Lussu - com’è noto - a mettere impietosamente in luce come i sardi non siano mai assurti al rango di nazione, l’abbiano mancata per le loro eterne divisioni, per la loro incacapità di unirsi. Il Capitano ricorda le bardane, le razzie dei sardi di montagna verso quelli di pianura. Per Lussu il popolo sardo non diventa un protagonista unitario, un soggetto della storia, neppure coi moti antifeudali di Angioy. Troppo breve quella stagione, una fiammata, presto dimenticata, secondo l’uomo dell’Altopianio. Per lui il popolo sardo irrompe nella storia come soggetto unitario e consapevole nelle trincee della prima guerra mondiale e nelle miniere dell’iglesiente. Col movimento combattentistico e socialista il popolo sardo si dà con un progetto di trasformazione radicale della Sardegna, mentre prima prevaleva l’eterodirezione, erano le forze esterne a comandare nell’Isola.
Bene, questa forza creatrice e trasformatrice si esprime nella Resistenza e conduce alla Liberazione, alla Repubblica e alla Costituzione. Quando riprende piede con forza la spinta del moderatismo di matrice democristiana e centrista, che recupera il personale del fascismo, Lussu, Laconi e gli altri resistono, ma ha ragione il Capitano, se c’è prevalenza del riassorbimento moderato, basta una generazione e cancellare tante conquiste. Ed è così: il popolo sardo, emerso nella storia grazie al sardismo e al socialismo rivoluzionario, si immerge di nuovo per la prevalenza della silenziosa opera moderata del centrismo, e poi va definitivamente sott’acqua per la perdita di un progetto di sviluppo non solo economico, ma anche culturale autocentrato. Vien meno un’idea di come stare in un ordinamento unitario, ma articolato in autonomie territoriali. Per Lussu e Gramsci, sulla scia di un radicato sentimento sardo, che và da Angioy, a Tuveri e Asproni, era l’autogoverno il fondamento di una relazione democratica con l’Italia, oggi questo rapporto è rientrato nella subalternità dei ceti dirigenti sardi verso quelli politici ed economici esterni. Prevale l’intesa clientelare. Cade non solo l’idea federalista di Lussu e Gramsci, ma anche quella autonomistica avanzata di matrice cattolica, dei Dettori e dei Soddu. Non c’è più l’idea di rinascita affidata appunto ad un piano nell’art. 13 dell Statuto.
Ebbene, Giorgio Oppi è una figura emblematica di questa scomparsa del popolo sardo dalla storia. Non da solo, ovviamente, ne fanno parte i Cabras, ed anche, a modo loro, i Sanna, i Cogodi, anch’essi ormai rivolti a formarsi dei piccoli gruppi più che a pensare in grande come ancora avevano fatto i Cardia e, in qualche misura, anche altri esponenti di quella generazione della rinascita, come Raggio.
Certo, Giorgio Oppi, pur nella sua negatività politica, sta al di sopra dei tipi he gli stanno intorno in Consiglio regionale. Ma lascia, in concorso con molti, un’eredità terribile, una devastazione, politica, organizzativa e morale. Fatto scomparire il popolo sardo dalla storia, dopo esservi per breve tempo comparso, sarà difficile farlo riemergere.
3 commenti
1 Franco Meloni
26 Luglio 2022 - 23:12
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=135642
2 Francesca
27 Luglio 2022 - 13:40
Amara ma incontestabile riflessione
3 Rosanna Depau
27 Luglio 2022 - 14:30
Un ritratto umano e politico con luci , soprattutto umane, e ombre soprattutto politiche. Sempre però rispettoso, pur nelle divergenze profonde, della persona amabile e disponibile che Giorgio è stato.
Grazie Andrea.
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