Sardegna: occorre una pacifica rivolta di popolo contro asservimento militare e ora delle pale eoliche

13 Luglio 2022
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A.P.

La Sardegna? Non si può negarlo. Una terra utile solo per compiere nefandezze. Una terra vista come colonia. Senza gruppi dirigenti capaci di farne valere diritti e ragioni.
Abbiamo assistito tre mesi fa ad un’esercitazione nella parte centro-meridionale con uno schieramento internazionale di navi, aerei e mezzi pesanti e nella Regione ciechi sordi e muti. Presidente, giunta, consiglio, maggioranza e opposizione. Solo i pacifisti si son fatti sentire, ma e’ troppo poco per costringere il governo a mutare politica, a rispettare la volonta’ dei sardi la cui indole pacifica e pacifista e’ inscritta nella loro storia e nel loro dna.
M
a non e’ solo la guerra, simulata qui in vista di quella vera, ad essere demandata ai sardi, con asservimento di vasti territori e ampie zone marine, ora ci sono le pale eoliche ad aggredirci. L’inquinamento da esercitazioni militari poduce morti e malattie, e non si sa quando e come si potra’ bonificare, ora c’e’ un assalto alle coste per accapparrarsi il vento. Energia pulita si dice. Ma gli impianti non lo sono. Torri fino a 300 metri non sono invisibili e fauna e paesaggio non ne sono immuni. Un’altra devastazione, nuovo asservimento.
Attualmente le richieste di installazione di impianti eolici presentate in Sardegna sono 13 e prevedono la costruzione di circa 700 pale eoliche in totale. Secondo il censimento di Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, le richieste di collegamento alla rete di questi impianti sono concentrate nel sud e nel nordest dell’isola per un totale di 7.520 megawatt. Lo sfruttamento dell’energia eolica è una parte importante dei piani del ministero della Transizione ecologica, ma si può concentrare tutto o prevalentemente in una regione, guarda caso la Sardegna?  E si può approvare un intervento così pervasivo senza alcuna ricaduta positiva per i sardi? Per come sono presentati i progetti riproducono una filosofia colonialista classica, senza alcun infingimento.  Questo si dice in atti ufficiali del Consiglio regionale. Martedì finalmente l’assemblea sarda ha approvato un ordine del giorno unitario in cui «impegna» il presidente Christian Solinas e la giunta regionale a ridiscutere con il governo nazionale i piani per la costruzione di nuovi impianti eolici in mare, chiedendo una sospensione del rilascio delle concessioni «a fini speculativi». L’ordine del giorno è stato votato a larga maggioranza, da tutti i consiglieri tranne due: uno, del Partito Democratico, che (manco a dirlo!) si è astenuto, e un altro che non ha partecipato al voto. La motivazione di fondo dell’ordine del giorno è che gli interventi non contemplano alcun beneficio per l’Isola.
L’iniziativa del consiglio regionale non è vincolante, perché approvata in un semplice ordine del giorno. È comunque significativa, perché è stata presa dopo che molte amministrazioni locali sarde, nelle scorse settimane, si erano messe di traverso per le troppe concessioni per la costruzione di impianti eolici nei tratti di mare di loro competenza. Nell’ordine del giorno si legge che «quasi quotidianamente vengono presentate richieste di concessione demaniale». Ma ecco il punto: «in nessuno dei progetti emerge una qualche utilità per la collettività: a fronte di interventi fortemente impattanti  sull’ambiente e il paesaggio, non è contemplato alcun vantaggio economico relativo, ad esempio, al costo dell’energia».
Le opposizioni in consiglio regionale, ossia il Movimento 5 Stelle e il centrosinistra, hanno preso spunto dall’ordine del giorno per criticare Solinas, colpevole di non essersi fatto sentire con il governo nazionale per tutelare gli interessi sardi in ambito energetico. Ma anche all’interno della maggioranza di centrodestra, che sostiene Solinas, si chiede che la Sardegna venga coinvolta di più nelle decisioni prese dal governo. Come si fa a non fiatare a fronte di decisioni così impattanti e di sapore puramente speculativo senza  “una piena condivisione per stabilire modalità, impatto ambientale e ricadute per l’isola”? Insomma, come ha detto perfino il presidente del Consiglio Pais, “non sono più tollerabili scelte imposte dall’alto».
Per fortuna le popolazioni e i sindaci sono sul piede di guerra. Ma occorre una mobilitazione straordinaria, continua, decisa, di popolo. Gli interessi da battere sono troppo forti, sono innervati nel governo nazionale e nelle forze di comando. Ci vuole una mobilitazione pacifica, ma coi caratteri della rivolta popolare. Di meno non basta.

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