Andrea Raggio
Nel libro “L’ultima battaglia” Salvatore Cubeddu racconta e commenta la recente campagna elettorale regionale. La sua è una cronaca onestamente partecipata, nel senso che esalta il politico Renato Soru senza tuttavia tacerne limiti e contraddizioni. I quali, però, sono richiamati non tanto per il peso che hanno avuto nella sconfitta quanto per sottolineare il coraggio del protagonista di una competizione asimmetrica – Davide contro Golia – e per enfatizzare la battaglia elettorale come uno scontro epico. La battaglia è persa, sostiene, ma la guerra è ancora tutta da combattere. La guerra di chi contro chi? Ecco, io penso che sia utile tornare ai precedenti, non per rinfocolare una polemica ma per chiarire le cause della mediocre campagna elettorale che ha concluso una mediocre legislatura e, soprattutto, per contribuire a spostare l’attenzione sul futuro. Insomma, per prendere atto che il sorismo è finito e che un suo ritorno è improbabile.
Ripeto ancora una volta che quando sostengo che la legislatura è nata male mi riferisco non all’imprenditore Renato Soru – ben vengano gli imprenditori di successo se intendono contribuire anche politicamente al progresso della Sardegna – e neppure al fatto che la candidatura è stata sostenuta da Roma con un’insistenza sollecitata da esigenze nazionali, ma all’ambiguità di fondo che l’ha caratterizzata. DS e centrosinistra, in piena crisi politica, si sono aggrappati a Soru come a un’ancora di salvezza e Soru si è aggrappato al centrosinistra per avere sostegno elettorale al suo disegno. Strumentalismo da una parte e dall’altra. Così non c’è stato l’auspicato e possibile allargamento del centrosinistra ma ha preso piede la tendenza a sostituirlo ipotecando il nascente Partito Democratico e, nello stesso tempo, è rimasta latente la riserva a scaricare Soru alla prima occasione. E’ quest’ambiguità che ha avvelenato la legislatura e portato alla sconfitta.
L’ambiguità ha provocato un’altra grave conseguenza. Soru si è fatto interprete di sentimenti diffusi nella società sarda e nella sinistra in particolare: la critica ai partiti, la preoccupazione per le condizioni economiche e sociali, l’insofferenza verso il perdurare del vuoto strategico seguito all’esaurimento della politica di rinascita, l’esigenza di moralizzazione. Ma ha dovuto fare i conti con le pressioni che venivano dall’esterno, con i cambiamenti epocali nel mondo e in Europa, e dalla Sardegna, con la rottura del sottosviluppo generalizzato; pressioni sia verso un moderno, più esigente sardismo sia, contraddittoriamente, verso l’arroccamento in una sorta di vetero sardismo impastato con i falsi miti del decisionismo senza consenso e della stabilità da caserma, importati da oltre Tirreno. Il sorismo è rimasto impigliato nell’arroccamento. Si è persa, così, l’occasione per riavviare quel dibattito politico-culturale, da tempo eclissato, indispensabile per portare l’impegno politico al livello del tempo presente e porre su chiari fondamenti identitari il Partito democratico.
Il modello soriano è riproponibile? No, perché alla luce dell’esperienza è stato bocciato dagli elettori, e perché in questi anni tutto è cambiato e la crisi globale chiede politiche di ben altro respiro e democrazia partecipativa. Quanto alla moralizzazione le cose sono tutt’altro che migliorate. L’ipotesi di una rivincita soriana, quindi, è un’illusione che alimenta l’immobilismo. Occorre, invece, rimettere la politica con i piedi per terra. Berlusconi ha conquistato la Sardegna e Cappellacci è un suo lacchè? Attenzione ai giudizi approssimativi. Cappellacci è l’esponente del gruppo di potere affaristico che ha il suo punto di forza a Cagliari, e a questo gruppo innanzitutto tutto risponde. Berlusconi lo ha aiutato a stravincere le elezioni per conseguire un consolidamento della sua immagine di imperatore invincibile (“abbiamo vinto perché ci ho messo la faccia”). La pericolosità, ma anche la fragilità (la Sicilia insegna), della situazione creata dal voto, sta sia nel peggioramento del disturbo narcisistico di un personaggio che dispone di un enorme potere non solo politico, sia nell’accresciuta penetrazione di una rete affaristica locale, diffusa non solo in campo economico ma anche in settori delicati della vita pubblica.
E’ innegabile che per contrastare il berlusconismo e per aprire la strada a un vero rinnovamento occorra promuovere la convergenza di tutte le forze progressiste e democratiche, presenti nei diversi schieramenti. Il libro insiste, invece, in una visione manichea della società sarda. Con Soru i duri e puri, contro Soru i deboli e i servi. Pagina 168: “E poi c’è l’altra folla, quella che non segue l’idea di Sardegna praticata e riproposta da Soru, ma che forse non è interessata ad alcuna idea, ed è disponibile a vendere i gioielli di famiglia: per mangiare, gli affamati; per continuare ad abbuffarsi, gli sfruttatori”. Insomma, torma il vecchio anatema: chi non è con Soru è contro Soru. E i moltissimi cittadini che hanno rifiutato e rifiutano questo dilemma grondante subalternità e faziosità, e i tanti delusi dall’esperienza di questi cinque anni, e quelli che già nutrono dubbi sul voto dato al centrodestra?
E’ in questo clima che sembra dominare oggi l’ambiente soriano che si avverte persino qualche rigurgito di anticomunismo viscerale. In un civilissimo dibattito sul libro, al quale sono stato invitato, un’ex assessora della Giunta uscente in preda a un raptus berlusconiano si è esibita in un penoso numero anti PCI e anti sinistra, additati come responsabili di tutti i guai della Sardegna. D’accordo, è l’escamotage di chi si sottrae a un dibattito serio, ma è anche un episodio che induce a riflettere su quanto sia deleteria la faziosità.
2 commenti
1 ambra meloni
1 Giugno 2009 - 22:14
la colpa è sempre di soru
anche il centralismo democrat imbroglione del pci era colpa di soru
e nessuno lo diceva
quando decidevano in 4 o 5 in sardegna sulle candidature
ohi ohi
e infatti si vede quanto eravate redicati che nessuno vi conosce
preferenze bloccate
ohi ohi
2 Democrazia Oggi - L’ultima battaglia di un capo dei sardi o di un uomo di potere?
4 Giugno 2009 - 06:08
[…] il commento di Andrea Raggio dell’altro ieri, torniamo sul libro di Salvatore Cubeddu “L’ultima […]
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