Il green pass e i negazionisti del controllo

22 Ottobre 2021
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Per alimentare la riflessione sul tema ecco un post di

Mario Riccio da Micro Mega

I no-green pass non sarebbero di per sé un problema se non fossero sostenuti da coloro che si rifiutano di controllare l’identità del possessore di certificato.

Oltre ai no-covid – che ormai rappresentano i soli ricoverati in ospedale per questa patologia – stiamo affrontando una nuova sotto categoria: i no-green pass.
In questa nuova impresa si dividono in varie compagini. Chi lo ritiene antigiuridico e segno di un evidente dittatura sanitaria. Chi invece – volutamente sprovvistone – si ritiene discriminato nel suo diritto di accesso nei luoghi pubblici. Ma addirittura è comparsa una nuova categoria – più raffinata – di pensatori. Seguendo i quali lo strumento di fatto perderebbe completamente la sua efficacia perché sostengono che comunque al possessore non può essere richiesto il contestuale riscontro dell’identità. È evidente che il green pass non accompagnato dal proprio documento di identità è del tutto privo di efficacia. La lotta al green pass è iniziata da parte di chi non ha ancora capito o accettato che vivere in comunità – cioè quello che gli umani hanno deciso di fare da alcune centinaia di migliaia di anni – comporta una inevitabile parziale rinuncia alla propria riservatezza. Tra questi purtroppo si contano anche molti addetti alla sanità
Ma la loro posizione non sarebbe di per sé un problema, se non fossero sostenuti da coloro che – dovendo controllare l’identità del possessore di certificato – si rifiutano.
“I ristoratori non sono tenuti a chiedere la carta di identità”. In verità gli esercenti attività ristorative non solo sono obbligati dalla legge a richiedere i documenti di identità, ad esempio prima di servire alcolici nel caso che abbiano il legittimo sospetto che il loro cliente sia un minore, così come coloro che vendono tabacchi. Ma addirittura devono anche valutare se lo stesso cliente – pur maggiorenne – sia in stato di ebbrezza alcolica – valutazione già più complessa –, diversamente sono puniti se gli somministrano da bere. Altri esempi di esercenti pubblici che devono accertare le generalità sono – fra i tanti altri – gli addetti alle sale cinematografiche, al trasporto pubblico, gli albergatori, così come anche i negozianti talora richiedono il documento di identità a chi vuole pagare con carta di credito.
Ma chi ha pronunciato la frase riportata all’inizio? Incredibile a dirsi, un ministro della Repubblica, addirittura il ministro dell’interno. Dotata peraltro di una laurea in legge e con il titolo di avvocato. Ha poi creato ulteriore confusione nel tentativo di chiarire il suo pensiero, quando si è resa conto dell’inopportunità della sua affermazione.
Eminenti esponenti sindacali sostengono invece che le aziende non potrebbero verificare il possesso del green pass del lavoratore per non violarne la privacy. In verità le aziende hanno in archivio tutti i dati sanitari del lavoratore. Solo in base a questi dati – acquisiti attraverso esami e visite di idoneità – possono stabilire se un lavoratore può svolgere alcune funzioni o lavorare in determinati turni o se ne deve essere esonerato. Addirittura i presidi delle scuole chiedono un aumento dell’organico degli impiegati – che forse è necessario per altri fondati motivi – al solo fine del controllo del certificato dei docenti, che peraltro presentano un’alta percentuale di renitenti alla vaccinazione. Come se fosse un’operazione da compiere ogni giorno e non una verifica sostanzialmente unica nel corso dell’intero anno scolastico.
In pratica stiamo assistendo a una sorta di disimpegno civile da parte di coloro che dovrebbero invece essere fieri di poter rappresentare la parte operativa – il braccio armato, per usare una espressione che potrebbe apprezzare il nostro Commissario per l’emergenza – della ripartenza. Forse tra questi negazionisti del controllo ci sono anche quelle persone che nel 2020 cantavano dai balconi e – a parole – si dichiaravano pronte a sostenere in ogni modo noi sanitari impegnati a salvare la vita dei loro familiari. Oggi queste stesse persone si rifiutano – forse erroneamente convinti che arrechi loro un danno economico o nella speranza di contrattare un ulteriore riconoscimento economico – di adempiere a quello che dovrebbero sentire come un dovere morale prima ancora di essere giuridico. Se tutti coloro che sono chiamati all’operazione della verifica si impegnassero a farlo, contribuirebbero in maniera decisiva a farci uscire prima da questo incubo. Con evidente vantaggio per tutti, compresi loro stessi, negazionisti del controllo. Ma questo sarà possibile solo se si capirà che la vaccinazione e il relativo controllo sono diventati un dovere morale per tutti.
I no green pass addirittura pretenderebbero di ottenere continui tamponi gratuiti, sostenendo che sia una alternativa alla vaccinazione. Premesso che il costo di due tamponi è superiore al costo di una singola dose di vaccino, il tampone ovviamente non combatte la malattia. Quello cosiddetto rapido – cioè quello che sarebbe utilizzato per autorizzare l’ingresso nei luoghi pubblici – presenta poi un elevato indice di falsi negativi. Inoltre – anche qualora fosse attendibile – si limita a fotografare una condizione solo temporanea, assai limitata nel tempo. In pratica, a fronte della disponibilità del vaccino, l’esecuzione del tampone si dimostra non solo inefficace ma addirittura potenzialmente pericoloso perché conferisce una falsa sicurezza di negatività che autorizza a comportamenti imprudenti.
In conclusione, oggi che finalmente disponiamo dei vaccini e gli ospedali potrebbero tornare a un regime pressoché ordinario, la socialità riprendere nelle forme usuali, l’economia ripartire con maggior slancio, ogni singolo cittadino è chiamato a una sorta di risveglio etico per diventare un guardiano della salute pubblica; promuovendo lui stesso comportamenti virtuosi e incoraggiando familiari e amici a fare altrettanto.
È arrivato il momento di affermare – parafrasando una celebre frase – che non dovremo più chiederci cosa fa il paese per contrastare il covid, ma cosa facciamo noi tutti per aiutare il paese a uscirne.

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