Gianna Lai
Domenica, ergo in questo blog post sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.
Anche in città l’entrata in vigore della Costituzione apre a nuova fiducia, a nuove speranze: una Repubblica democratica fondata sul lavoro, l’uguaglianza nella libertà il suo fulcro, insieme alla centralità della persona. E gli articoli sulla dignità e la tutela del lavoro, la giusta retribuzione, il diritto di sciopero, “obbligatoria l’applicazione dei contratti di lavoro” stipulati dal Sindacato erga omnes, anche in una periferia come quella sarda, dove più opprimenti sono gli esiti delle politiche liberiste adottate dai governi del tempo.
Incondizionata, nelle fabbriche, la fiducia nei partiti operai e, per citare Vittorio Foa, sopratutto nel partito comunista, sicché “un forte respiro democratico nel senso della partecipazione e dell’uguaglianza” avrebbero ancora espresso le lotte sindacali e sociali di quegli anni, ispirandosi alla Carta per rivendicare garanzie e diritti e riscattare l’oppressione del ventennio fascista. Così a Carbonia, dove molti dei dirigenti venuti dalla penisola avevano direttamente partecipato alla Liberazione del Nord, continuando a trasmetterne conoscenza e valori al movimento stesso. Come Antonio Selliti, partigiano, e responsabile della sezione ANPI di Cagliari, nuovo segretario della Camera del Lavoro di Carbonia, dopo l’arresto di Giardina: “il fatto democratico principale è l’irruzione delle masse lavoratrici nella vita nazionale, preparato dalla lunga lotta antifascista e dalla resistenza partigiana”, come dice Giorgio Amendola nel suo scritto “Lotta di classe e sviluppo economico”. Una speranza, a Carbonia, sorretta dal sentirsi direttamente parte delle lotte di tutti i lavoratori, quel senso di unità che le rappresentanze politiche e sindacali alimentarono nel Sulcis a tutti i livelli, dicono Aldo Lai e Renato Mistroni. Come a enunciare il senso di una più profonda riflessione del professor Claudio Natoli, contenuta nel suo saggio del 2014 ‘Miniere e minatori a Carbonia’: “Si assiste all’acquisizione di una forte identità e soggettività di classe da parte dei minatori già nel primo periodo del dopo-Liberazione. I ritmi accelerati di questo processo, che come ci insegnano i lavori di Paul Thompson, sembrano contrastare con i ‘tempi lunghi’ che contrassegnano la formazione della classe operaia nella prima rivoluzione industriale, sarebbero stati influenzati dai radicali fenomeni di rinnovamento che attraversano negli stessi anni la società italiana, anche se ciò non avverrà per la partecipazione diretta alla Resistenza (cui la Sardegna sarebbe rimasta estranea), bensì attraverso l’incontro tra la soggettività di classe dei minatori e la mediazione politica e culturale del Partito comunista e, sia pure in misura minore del Partito socialista e della corrente più avanzata del Partito sardo d’azione guidata da Emilio Lussu”.
Più ancora adesso, con “la valorizzazione del lavoro inteso come funzione sociale e come fondamento della dignità del cittadino nella nuova Repubblica”, così a Carbonia come nel resto del paese, quegli “oltre 2 milioni di disoccupati”, che ricorda Ernesto Ragionieri, a sottolineare l’insipienza del governo di fronte alla grande consapevolezza degli estensori della Carta.
E in città sono i dirigenti del PCI, sopratutto, a porre in evidenza la centralità del lavoro contenuta in essa, avendo la guerra di liberazione segnato, dice Paolo Spriano, “il momento in cui i comunisti assumono finalmente il rilievo di protagonisti nella storia d’Italia”, per incidere fortemente, d’ora in poi “nella vita del Paese in una misura imparagonabile alle epoche precedenti..”. Così Ernesto Ragionieri, “Togliatti al VI congresso del PCI, gennaio 1948, sottolineò il fatto positivo che la Costituzione - non si limita a registrare trasformazioni politiche già attuate, ma indica una strada che dovrebbe essere seguita per operare profonde trasformazioani di carattere economico e sociale; indica la necessità di una riforma industriale e la necessità di una riforma agraria; parla non più soltanto degli astratti diritti di libertà dell’uomo e del cittadino, ma del nuovo diritto di tutti gli uomini e di tutte le donne al lavoro, a una retribuzione sufficiente ai bisogni dell’esistenza; all’educazione, al riposo, all’assicurazione sociale-” . E per Umberto Terracini, presidente comunista dell’Assemblea Costituente, in ‘Come nacque la Costituzione’, “uno degli elementi ispiratori, nel suo complesso, dei disposti costituzionali contenuti nella prima parte, è stato quello di porre il lavoro e i lavoratori su un piano elevato nel quadro generale della vita del nostro paese” .
La dignità del lavoro, il potere dei lavoratori di intervenire a determinare indirizzi nella fabbrica, la Costituzione diviene un’idea forza a Carbonia, specie ora che la lotta per il Consiglio di gestione sembra poter trovare chiaro ed efficace sostegno nell’articolo 46 della Carta, “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in arrmonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”. Se ne legge il testo in città, così facilmente comprensibile “sembra scritta per gli operai”, e le sinistre ne auspicano l’immediata attuazione. Continuo il richiamo al suo dettato, specie nei tempi della repressione più dura, quale si va preparando in quel momento a Carbonia.
La Costituzione e la tutela dei diritti sociali nella città, dice lo storico Barbagallo, e poi la centralità dei partiti politici come strumenti della sovranità popolare. “Al tempo stesso, leggiamo in Ragionieri, la Costituzione fornì il quadro istituzionale in cui si svolse la lotta politica in Italia”, perché, “la più importante novità dell’Italia repubblicana rispetto a tutta la precedente storia unitaria consiste proprio nell’accordo su un metodo di lotta politica e su alcuni principi generali riassumibili nell’antifascismo, tra i partiti e, in particolare, tra i partiti di massa. Ed è all’interno di questo quadro che dovranno essere viste non solo le trasformazioni strutturali veramente imponenti della società italiana nel secondo dopoguerra, ma anche la crescita civile realizzata attraverso la partecipazione dei cittadini, in quanto lavoratori, alla formazione della volontà generale”8). Ecco il contesto a cui fare riferimento per comprendere la riflessione del professor Claudio Natoli sullo sviluppo del movimento operaio a Carbonia: i tempi sono determinati dalla nuova Carta, dall’impegno politico dedicato alla lotta per una nuova legislazione che ne attui lo spirito e i dettami e produca, volta a volta, nuova coscienza politica in tutto il paese, nuovo potere tra i lavoratori organizzati.
Che alla stesura della Carta abbiano partecipato uomini e donne assiduamente presenti a Carbonia, va a questo punto ricordato, Nadia Gallico Spano, Velio Spano, Renzo Laconi e Emilio Lussu, gli ultimi due protagonisti della Commissione dei 75, nella Sottocommisione su organizzazione costituzionale dello Stato. E si possono ricordare i riferimenti alle miniere di Carbonia nell’intervento di Renzo Laconi, qui già citato, che denuncia la precarietà delle condizioni di vita in Sardegna, determinate dalla inadeguatezza delle sue classi dirigenti e dalla secolare arretratezza delle sue strutture produttive.
1 commento
1 Aladinpensiero
3 Ottobre 2021 - 08:06
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=127455
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