Domenico Gallo
Ecco una nuova riflessione sull’Enciclica di Papa Fracesco dopo i contrinuti di Raniero La Valle e di Andrea Pubusa.
La fraternità è l’oggetto della seconda enciclica di papa Francesco (lettera del Santo Padre sulla fraternità e l’amicizia sociale) Fratelli tutti. La lettera si apre con le osservazioni sulle ombre di un mondo chiuso.
Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi (30). […] Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme (32). […] Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato (35).
Ha scritto Raniero La Valle (Papa Francesco indica l’ultima carta per cambiare il paradigma dell’umano, “il manifesto”, 7 ottobre): «È una lettera sconcertante e potente questa che papa Francesco, facendosi “trasformare” dal dolore del mondo nei lunghi giorni della pandemia, ha scritto a una società che invece mira a costruirsi “voltando le spalle al dolore”. Per questo la figura emblematica che fa l’identità di questa enciclica, prima ancora che quella di Francesco d’Assisi, è quella del Samaritano, che ci pone di fronte a una scelta stringente: davanti all’uomo ferito (e oggi sempre di più ci sono persone ferite, tutti i popoli sono feriti) ci sono solo tre possibilità: o noi siamo i briganti, e come tali armiamo la società dell’esclusione e dell’iniquità, o siamo quelli dell’indifferenza che passano oltre immersi nelle loro faccende e nelle loro religioni, o riconosciamo l’uomo caduto e ci facciamo carico del suo dolore: e dobbiamo farlo non solo con il nostro amore privato, ma col nostro amore politico, perché dobbiamo pure far sì che ci sia una locanda a cui affidare la vittima, e istituzioni che giungano là dove il denaro non compra e il mercato non arriva. […] Poiché è sull’amore, questa è un’enciclica laica, anzi di una straordinaria laicità, perché l’amore non si lascia irretire in un solo stampo, in una sola proposta, in un unico codice».
La dimensione politica dell’amore evoca i princìpi che la rivoluzione francese ha posto a fondamento della democrazia: libertà, eguaglianza, fraternità. A differenza della declinazione politica che è stata fatta di questi princìpi nel corso della storia, che a volte ha giocato la libertà contro l’eguaglianza o l’eguaglianza contro la libertà, l’enciclica mette in evidenza che è solo la fraternità che consente di sviluppare la libertà e l’eguaglianza:
La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine (103). Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che “tutti gli esseri umani sono uguali”, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità. Coloro che sono capaci solamente di essere soci creano mondi chiusi. Che senso può avere in questo schema la persona che non appartiene alla cerchia dei soci e arriva sognando una vita migliore per sé e per la sua famiglia? (104).
È la dimensione della fraternità calata nella storia che fa emergere la dimensione politica dell’amore e ci consente di identificare quelle derive spirituali, culturali e antropologiche che minano la vita delle comunità politiche organizzate in nazioni:
L’affermazione che come esseri umani siamo tutti fratelli e sorelle, se non è solo un’astrazione ma prende carne e diventa concreta, ci pone una serie di sfide che ci smuovono, ci obbligano ad assumere nuove prospettive e a sviluppare nuove risposte. (128) […] Per questo: per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso (154).
L’enciclica discute del concetto di popolo e denunzia le perversioni dei gruppi populisti chiusi, ma parla anche dei valori e limiti delle visioni liberali, parla della comunità internazionale, delle Nazioni Unite, delle migrazioni, del flagello della guerra e di tante altre cose. Quello che ci preme sottolineare è la valorizzazione della fraternità come categoria dell’agire politico, che quindi ci chiama a interrogarci sulla dimensione di senso delle scelte quotidiane della politica. In un Paese in cui il linguaggio dominante nella comunicazione politica e nei media è quello dell’esclusione degli altri, del disprezzo dei migranti, dell’egoismo di ceto, di regione, di nazionalità, che grande rivoluzione sarebbe introdurre il criterio della fraternità per giudicare il valore delle scelte della politica.
1 commento
1 Aladinpensiero
11 Ottobre 2020 - 08:20
Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=113793
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