Mariella Montixi
Non tutte le strutture sanitarie private sono il Mater Olbia.
Lavoro da ormai tanti anni per una struttura sanitaria privata accreditata. Ho sentito la necessità di scrivere e di chiarire alcuni aspetti, perché in questo particolare contesto di emergenza sanitaria assisto più volte sui quotidiani, tv, social, ad una demonizzazione della sanità privata, rea di approfittarsi del momento critico, rea di fare affari d’oro con i pazienti Covid-19, rea di restare in disparte in un momento in cui è necessario invece adoperarsi, rea di accogliere pazienti Covid-19 a tariffe esorbitanti, rea di sottrarre risorse necessarie alla sanità pubblica, rea insomma quasi di esistere.
Questa demonizzazione è veramente insopportabile non tanto e non solo nei confronti delle aziende ma nei confronti delle migliaia di persone che vi lavorano.
Forse i medici, gli infermieri, gli operatori socio sanitari, gli ausiliari, i tecnici, gli amministrativi di una struttura privata non valgono come quelli di una pubblica? Forse non hanno a cuore il proprio lavoro? Forse non accudiscono i pazienti nello stesso identico modo nel quale viene fatto in una struttura pubblica? Forse non svolgono sul territorio un importante servizio sanitario?
Mi pare alquanto paradossale che l’unica causa del malfunzionamento dell’ospedalità pubblica sia quella privata, e non forse i primariati, le consulenze d’oro, le mancate centralizzazioni degli acquisti, una scarsa programmazione, un mancato controllo? E’ oramai da decenni sotto gli occhi di tutti che l’ingerenza della politica nella scelta degli organigrammi e della programmazione sanitaria ha portato allo sconquasso il sistema sanitario, posto in secondo piano il valore della persona e della vita umana. In Italia mancano medici, ma il numero chiuso non è mai stato messo in discussione, ma attenzione perché il superamento dei test è sempre più agevole per coloro che investono in costosi corsi. Insomma non scherziamo.
Per quanto riguarda nello specifico la nostra Regione, la sanità privata incide per poco più del 3% sulla spesa sanitaria, ravvisando pertanto in questa percentuale l’esiguità di risorse economiche impegnate, ci si chiede, perché tanto accanimento? Non è forse vero che il privato accreditato non è altro che una costola del sistema sanitario pubblico e che i servizi erogati dal privato nel pubblico costerebbero senz’altro di più? Non è forse vero che già a partire dal 2012 le strutture sanitarie private sono state pesantemente decurtate di risorse dalla Spending Review? Non è forse vero che durante un’emergenza sanitaria come quella attuale sarebbe cosa buona e giusta che tutte le strutture si rendessero disponibili ad accogliere pazienti e lavorare nell’interesse della comunità sia nell’emergenza attuale che in una prospettiva post covid-19?
Non dimentichiamo che il post Covid-19 vedrà sempre più necessaria la presenza capillare di strutture sanitarie che accolgano pazienti che in questa fase andranno a riacutizzare problemi di salute trascurati sia dalla paura di recarsi presso le strutture ospedaliere sia dalle mancate risposte sul territorio.
La contrapposizione appare oltremodo errata se si pensa che proprio la Rete Ospedaliera Regionale cita le strutture sanitarie private come integrate nel servizio di assistenza sul territorio svolgendo esse una funzione complementare a quella del pubblico. Entrambi infatti operano nell’interesse esclusivo del cittadino ed a carico dello Stato.
La reale situazione dell’ospedalità privata in Sardegna è molto diversa da quella che viene descritta dai media, la maggioranza delle strutture ha attualmente grosse difficoltà a difendere la sua assistenza primaria, a dare risposte sul territorio ed a garantire gli attuali livelli occupazionali che anche nella più rosea delle aspettative sarà difficile mantenere invariati.
Mariella Montixi
Direttore Amministrativo
Clinica Tommasini - Jerzu
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1 Aladinpensiero News
17 Aprile 2020 - 06:58
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