La Consulta boccia Salvini: col referendum non si può fare una legge nuova

17 Gennaio 2020
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Red

Inammissibile per l”eccessiva manipolatività del quesito nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero nella parte che avrebbe consentito l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta’

 

La Corte Costituzionale © ANSA

 

Una bocciatura annunciata. Con un secco comunicato la Corte costituzionale dà notizia della sentenza, che ha giudicato inammissibile il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega. Salvini puntava ad ottenere l’abrogazione delle norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e a trasformare il sistema in un maggioritario puro.

“La Corte costituzionale - si legge nella nota dell’Ufficio stampa - si è riunita oggi in camera di consiglio per discutere la richiesta di ammissibilità del referendum elettorale ‘Abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica’, presentata da otto Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria). Oggetto della richiesta referendaria erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera con l’obiettivo di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Per garantire l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta’ - richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale - il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari”.
In attesa del deposito della sentenza entro il 10 febbraio, l’Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che “a conclusione della discussione la richiesta è stata dichiarata inammissibile per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta”. Preliminarmente, “la Corte ha esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha giudicato inammissibile perché, fra l’altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum”.
Aspettiamo la motivazione. Traducendo in lingua comune il linguaggio tecnico-giuridico della Corte, si deve ricordare che la Corte ha sempre dichiarato inammissibili i referendum in materia elettorale, laddove la disciplina di risulta, ossia quella che rimane dopo l’intervento della Corte, o, come in questo caso, del referendum abrogativo, non sia immediatamente applicabile. La ragione è semplice: la nostra repubblica, per il suo carattere democratico, non può avere neanche per un attimo un vuoto nella materia elettorale. Detto in altri temini, se necessario, dev’essere possibile in qualunque momento indire le elezioni e chiamare il corpo elettorale al voto.
La Consulta ha enucleato anche un altro principio generale: col referendum in Italia si può abrogare o non confermare (nel caso della revisione costituzionale) una legge approvata dal Parlamento, ma non ci si può sostituire ad esso. In altre parole, non si può fare una legge nuova. Ora, per raggiungere l’obiettivo della Lega di passare dall’attuale sistema ad uno interamente maggioritario occorreva - come è stato richiesto - anche una manipolazione della legge delega sui collegi elettorali. La stessa Corte ha sempre emesso sentenze o ha ammesso referendum manipolativi, ossia di chirurgia normativa, con i quali, togliendo un piccolo inciso, si  fa dire alla legge una cosa diversa dal testo vigente, ma questa manipolazione non dev’essere pervasiva. In caso contrario, stando al referendum, si ha non un’abrogazione, ma un testo interamente diverso e nuovo rispetto a quello vigente, con invasione della sfera legislativa riservata al Parlamento. Il referendum insomma può abrogare leggi, non approvarne di nuove. La manipolazione è consentita, ma in limiti ristretti, ossia rispettando quel confine labile tra abrogazione manipolativa e approvaione di un testo.
Vedremo meglio quando la sentenza sarà depositata, per ora godia moci questa buona notizia.

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