Maninchedda ha ragione: la giustizia non si esercita attraverso monologhi in piazza

5 Ottobre 2019
3 Commenti


Andrea Pubusa

Come dar torto a Paolo Maninchedda? Perché una Procura della Repubblica fa una conferenza stampa? Secondo la Costituzione la Procura promuove l’azione penale. Gli interlocutori dei Procuratori sono dunque i Giudici. E - aggiungo io - le difese. Il rappporto processuale contempla sempre tutte le parti. Invece, il Procuratore di Oristano - lamenta Maninchedda - ha fatto una conferenza stampa per comunicare all’opinione pubblica una tesi d’accusa che ha addirittura supportato degli arresti. La domanda di Paolo è: chi dice che le accuse sono fondate? Ma ancor prima, si può osservare, se processo in piazza dev’essere perché si celebra sotto forma di monologo e non in contraddittorio. Se si vuole dare una notizia corretta su fatti ancora controversi, l’informazione non può non contemplare l’esposizione delle ipotesi accusatorie insieme a quelle delle difese.
I monologhi delle procure in questa materia ricordano i giudizi sommari o quelli “in via economica” molto cari a Carlo Felice per mandare alla forca prima i patrioti sardi e, poi, diventato re, anche quelli italiani.
La seconda domanda di Paolo è strettamente conseguente alla prima: “chi dice che le ambiziose e funamboliche ricostruzioni della Polizia Giudiziaria sono aderenti ai fatti?” Da quali fatti sono supportate? E se - come spesso accade - la valutazione si fonda su deduzioni, perché esporle come certezze anziché attendere il vaglio del giudice?
Ha ragione Paolo questa è inciviltà giuridica e - soggiungo io - inciviltà tout court. Un  ritorno a quella tipologia di castigo consistente nell’esporre l’imputato al pubblico ludibrio nelle pubbliche piazze o nella strade in groppa ad un asino.
Paolo poi dedica a tutti noi la canzone con cui gli schiavi d’America hanno combattuto per la libertà.” Lui è un letterato e lo ringraziamo di cuore. Io da modesto artigiano del diritto dico semplicemente che qui c’è una condotta dell’autorità ultra vires, oltre il potere attribuito. Qui non occorre scomodare il concetto giuridico di autolimite, sempre auspicabile in chi esercita il potere, perché l’autolimitazione presuppone l’esistenza del potere, la sua attribuzione per legge, mentre il potere di mettere in piazza l’accusa non esiste, anzi è vietato.
Il Ministro Bonafede, che a me sembra animato da buoni propositi ed è sicuramente un garantista, dovrebbe invitare (non può ordinare alcunché alle toghe) i magistrati a esternare solo con decreti, ordinanze e sentenze e a serbare un silenzio tombale sulle procedure in corso. La magistratura è - per fortuna! - un ordine indipendente dagli altri poteri - ma non dalla legge e dalla Carta, oltre che dalle regole di correttezza e buon senso.  Anzi è la vox legis, la voce della legge e della ragionevolezza. Il Ministro della Giustizia ha il potere dovere di promuovere l’azione disciplinare quando ci sono violazioni.
Detto questo in ordine al monologo mediatico degli inquirenti, sul merito è meglio attendere di saperne di più, ancorandoci alla presunzione di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato. Ma - osservo - se si chiamassero anche le difese alle conferenze stampa, forse potremmo azzardare qualche valutazione. Certo, l’informazione, che è necessaria, sarebbe anche corretta.  

3 commenti

  • 1 Tonino Dessì
    5 Ottobre 2019 - 15:16

    Io titolerei “Ippocrate e ipocriti”.
    Caro Andrea, consentimi, ma non sono d’accordo sul tuo articolo.
    Ti consiglierei di procurarti la corposa ordinanza cautelare, che è nella disposizione pubblica a seguito di quella conferenza stampa.
    Non perché -è pur sempre la posizione della pubblica accusa- debba essere presa come un giudizio definitivo, che spetterà ai vari gradi del processo emettere.
    E ovviamente bisogna augurarsi che sui clamorosi e scioccanti esiti dell’indagine di polizia giudiziaria tutto venga tempestivamente chiarito nelle prossime fasi processuali e che chi non ha fatto nulla di male sia scagionato con la medesima ampia pubblicità che è stata data alle accuse.
    Credo che si possa parlare di spettacolarizzazione quando modalità di indagine e di arresto siano lesive della dignità delle persone indagate, non quando alla collettività venga data spiegazione pubblica del perché siano adottate gravi misure restrittive della libertà personale. Altrimenti dovremmo auspicare che -come è avvenuto e tuttora avviene in certi regimi- che le persone vengano ristrette, segregate o fatte sparire segretamente.
    Piuttosto perché leggere da quell’ordinanza, ancora una volta, che nella sanità sarda, non meno che in quella oltremare, tutto dipende dalla lottizzazione partitica di incarichi di responsabilità gestionale, di posizioni dirigenziali, amministrative e professionali, di commissioni di concorso e di assunzioni provoca, oltre che lo scoramento civico, la paura da utente e da potenziale paziente.
    Ma tu riesci a immaginarti su cosa possa concentrarsi l’attenzione di un anestesista, di un ginecologo, di un ferrista in ambulatorio o in sala operatoria, quando stia pensando a come procurare al proprio partito o a se stesso il consenso politico o elettorale?
    Tu, te ne sentiresti rassicurato?
    Io credo che necessiti essere garantisti anzitutto verso i veri soggetti passivi di certe brutte storie, dei quali non sapremo mai nomi, vicende, nessi causali occorsi nella reale, quotidiana, individuale e collettiva esperienza di quella che vien chiamata “mala sanità”.
    Altrimenti non è umanità, bensì ipocrisia immorale e omertosa.

    Risposta

    Caro Tonino,

    tu dissenti dalla mia opinione, io invece concordo con la tua, pur mantenendo ferma la posizione originaria. Ci muoviamo su piani diversi. La mia è una opinione sul metodo: la conferenza stampa in forma di monologo. Secondo me non rientra nel potere delle procure. C’è un’ordinanza cautelare? Bene, è con quella che parla il magistrato. Da lì si trae la materia per l’informazione, che è doverosa. Se fai cose pubbliche nella piazza mediatica, correttezza vuole che sia data voce anche all’altra campana.
    Caro Tonino, il potere deve esprimersi nelle forme previste dalle leggi, ogni manifestazione informale si traduce in un ricorso alle “vie di fatto”, che aggiungono al potere una maggiore incidenza nella vita altrui, con un surplus di castigo inaccettabile e “fuori legge”.
    Su questo Paolo coglie una questione vera. Come avrai visto non entro nel merito. E sai perché? Perché ho testimonianza diretta di soprusi nella ASL di Oristano e in quella di Cagliari e non solo. Per esempio. ho trattato i casi identici di due medici, che per il curriulum ed esperienza dovevano essere nominati primari, e invece…invece sono stati “scavalcati”, da giovanotti manifestamente, infinitamente, indiscutibilmente meno titolati. Chi aveva deciso quelle nomine? Dove erano state decise? E’ facile rispondere. Ti dirò che questi abusi sono stati legittimati dal potere politico, che li pratica, mediante una disciplina che introduce un meccanismo perverso. Per la nomina a primari, prima c’è una valutazione sulla idoneità. Superata quella valutazione, la scelta diventa insindacabile, prescinde dai curricula e dai titoli, essendo una scelta fra “idonei”, ossia fra pari. Abuso allo stato puro, e così neanche il Giudice amministrativo può porre rimedio.
    Ti potrei raccontare tanti altri casi, per dirti, in sintesi, che nel merito la mia esperienza professionale e politica mi induce ad un giudizio molto cauto sul caso di cui parliamo. La sanità è il settore dell’amministrazione più corrotto e più infiltrato, con modalità tipicamente mafiose.
    Ma io, nel post, ho parlato d’altro: delle forme in cui il potere, qualsiasi potere deve manifestarsi; e ti sembrerà strano, ma per me, che credo d’essere un anticonformista, il formalismo nell’esternazione del potere rimane la garanzia sostanziale fondamentale. Fuori delle forme ci sono - ripeto - le “vie di fatto”, senza garanzie.
    Semmai, nella vicenda, c’è da rilevare un’assenza, sempre più vistosa e pericolosa, quella del quarto potere. Quando, mezzo secolo fa, ho iniziato la professione, i giornalisti “giudiziari”, prima sentivano le difese, poi le procure e poi ancora le difese. Ritenevano loro missione principale controllare il potere, indurlo a rendere conto delle loro decisioni all’opinione pubblica. Grandi vicende giudiziarie degli anni ‘60 e ‘70, nate male (pensa al caso Valpreda col mostro in copertina, o, da noi, al caso Pilia) furono spettacolarizzate dagli inquirenti con arresti e conferenze-stampa e furono smontate da giornalisti e da difese coraggiose. Poi il tempo ha steso una coltre sui nomi di innocenti ingiustamente accusati e messi alla gogna. E questo ha ridato loro la pace. Ma c’è anche chi non ha resistito e ha tolto il disturbo. Ho toccato con mano anche questo, assistendo poi all’assoluazione del coimputato in Cassazione.
    Caro Tonino, nella mia esperienza politica e professionale ho anche capito un’altra cosa: il potere tende sempre a slargarsi, a sbordare, a manifestarsi in modo eccessivo. Contenerlo è, dunque, un dovere scrosanto. La scienza giuridica degli ultimi secoli ha lavorato a questo. Se ci pensi, anche tu ed io siamo soldatini di questa grande battaglia, di questo ampio movimento.
    Baciamo le mani! Andrea

  • 2 Tonino Dessì
    5 Ottobre 2019 - 20:44

    Andrea, sono state oggetto di misure cautelari (non di arresti notturni e trascinamenti in manette sotto riflettori e telecamere) personalità pubbliche. Non si può pensare che la questione, in un mondo che ha ormai la caratteristica della massima richiesta di informazione e di trasparenza provvedimenti del genere possano essere adottati affidandosi al burocratico deposito di un atto giudiziario. Una conferenza stampa non è uno straripamento di potere, da questo punto di vista. E siccome la conferenza stampa (ne abbiamo esperienza anche noi) non può essere l’anticipazione del rito processuale, il contraddittorio con la controparte e con i suoi difensori non si può certo pretendere che si realizzi in quella sede. A me francamente sembrano pretese un po’ strampalate. In quella sede semmai non può che avvenire con i titolari della funzione di informare, cioè i giornalisti e i giornali, se del caso criticamente. Posso darti ragione sull’insufficienza dell’esercizio di quella funzione, in generale. Poi andrebbe valutato caso per caso. Noi però non siamo giornalisti, ma esprimiamo valutazioni da persone informate, ciascuno per l’esperienza anche professionale che ha acquisito. Siamo anche osservatori politici. E da osservatori politici dovremmo piuttosto raccomandare prudenza e una qualche umiltà a chi ha avuto e ha responsabilità politiche e che meglio farebbe a contribuire a farci capire perché certe cose avvengano e non cambino mai. Perché se non lo fanno rischiamo di baciare le mani a loro e ad accettare di vivere in un ambiente che possiamo illuderci di ignorare finché in una struttura sanitaria non ci capitiamo per motivi di salute noi o nostri congiunti.

  • 3 Aladinpensiero
    5 Ottobre 2019 - 23:09

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=100669

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