Gianna Lai
In preparazione del 25 Aprile all’Istituto Tecnico Dionigi Scano di Monserrato, con la partecipazione dell’ANPI, si parla oggi di Seconda Guerra Mondiale e Resistenza. Partendo dal documentario del partigiano Mario Corona si rievocano le stragi nazifasciste del 1943 -1945.
Definite ‘guerra contro i civili’, le centinaia di stragi ad opera delle truppe tedesche, con la collaborazion o la diretta partecipazione di italiani fascisti della Repubblica di Salò, hanno causato 23 mila vittime, in 5.400 episodi di violenza. Devastanti gli effetti sulla vita di intere popolazioni, come Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema. Pochi i processi, mai eseguite le sentenze, anche quando i tribunali italiani hanno comminato l’ergastolo, come per la strage di Sant’Anna di Stazzema, archiviata poi a Stoccarda, senza che lo Stato italiano se ne facesse garante. Pensiamo poi al destino riservato alle due Relazioni prodotte dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti, istituita a seguito della scoperta, nel 1994, presso gli archivi della Procura Militare Generale di Roma, di mille faldoni sulle stragi del 1943-1945, proprio durante le indagini sulla tragedia delle Fosse Ardeatine. Depositata la Relazione nel 2006, ad essa non seguirono mai discussioni nè alla Camera né al Senato e, tuttavia, su queste importanti vicende si è aperta una nuova prospettiva in questi anni, in Italia, con l’Atlante delle stragi naziste e fasciste, anni 1943-1945. Promosso dall’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e dall’Insmli, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione, l’Atlante ha visto la luce nel 2016, sulla base di un elenco compilato da 122 ricercatori, in continuo aggiornamento, cui si affianca un sito per la consultazione dei materiali, http:www.straginazifasciste.it. Si tratta di un censimento fatto con fondi tedeschi, finanziato dal governo tedesco, dopo che la Germania, ‘inchinandosi di fronte alle vittime’, si è assunta la responsabilità storica dei terribili eventi accaduti per mano dell’esercito nazista. E che Carlo Smuraglia, allora presidiente dell’ANPI, dichiarava essere ‘un punto di approdo utile non solo per ricercatori e esperti, ma per il pensiero comune dei due Paesi, Italia e Germania’.
E’ interessante vedere, a questo proposito, come si giunge al traguardo dell’Atlante, così fortemente voluto dall’ANPI, e anche sostenuto dalla Commissione storica italo-tedesca, già insediata, essendo possibile ricostruire quel percorso attraverso gli Atti del Convegno organizzato nel 2013, e pubblicato nel volume ‘Le stragi nazifasciste del 1943-1945′, a cura dell’ANPI, editore Carocci. Un decisivo contributo di conoscenza, sia attraverso le relazioni sul lavoro compiuto dall’ANPI stessa, sia attraverso le riflessioni di alcuni tra i migliori studiosi, sia in riferimento agli storici della materia, uno fra tutti Enzo Collotti. A partire dal quesito fondamentale, quale lo stato delle cose, rispetto agli studi sulle stragi nazifasciste, e su quali presupposti se ne deve ricostruire la memoria? Perché le stragi non investono solo questioni relative alla storia e alla ricerca storica, ma riguardano la memoria individuale e collettiva, l’identità civile di una comunità, l’educazione civica delle giovani generazioni e i risarcimenti e le forme di riconoscimento giuridico delle colpe. Quali i motivi di questa lunga rimozione, i motivi di convenienza di una mancata elaborazione pubblica e privata? Per l’ANPI verità e giustizia non solo sul piano giurisdizionale, ma anche sul piano storico e sul piano della memoria civile del Paese, essendo l’Associazione erede legittima del patrimonio di principi e di lotte che hanno portato l’Italia alla guerra partigiana, alla Liberazione e alla Costituzione. Se un Presidente della Repubblica tedesca è venuto in Italia e ha chiesto scusa per le stragi di Monte Sole-Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema, niente hanno detto i governi italiani, rinviando gravemente gli esiti di tale omissione sul tempo presente di questa nostra democrazia.
Verità, giustizia e conoscenza, questo lo spirito che ha animato il gruppo di lavoro dell’ANPI contro, prima di tutto, lo stereotipo degli ‘italiani brava gente’, verso la costruzione di un Atlante delle stragi nazifasciste su scala nazionale. Attraverso le studio delle fonti, la creazione di una banca dati in collaborazione con l’Università e con l’Istituto nazionale per la Storia del movimento di liberazione in Italia. Una ricerca a partire dagli Archivi di Stato, le fonti parrocchiali, gli archivi comunali, la banca dati, esito della Commissione storica italo-tedesca, la Relazione della Commissione di inchiesta parlamentare del 2006, l’Archivio storico dello Stato Maggiore dell’esercito, e quello dei carabinieri, del ministero degli Affari esteri, ecc. E ancora la memoria pubblica ufficiale, quella fondata sulle indagini giudiziarie e sui processi per i crimini nazifascisti in Italia, avvalorata dalle testimonianze delle parti civili, ora che emerge una nuova sensibilità internazionale sui diritti umani e sulla loro violazione all’interno dei conflitti armati. A partire naturalmente dai risultati della ricerca storica, per ‘arrivare finalmente a una ricostruzione complessiva della guerra ai civili in Italia’, come si legge nell’intervento di Paolo Pezzino. Cui si deve ricollegare il lavoro della Commissione storica italo-tedesca, come dicevamo, insediata dai due governi nel 2009, e le sue raccomandazioni finali, che invitano ad approfondire il tema degli oltre 600mila internati militari italiani in Germania, anche attraverso la creazione di memoriali che svolgano compiti di natura scientifica e storico-didattica.
Nelle conclusioni del Presidente Carlo Smuraglia, nobili gli obiettivi che si è posta la Commissione storica italo-germanica, ma il tema dei crimini di guerra e dei diritti umani resta centrale a proposito della sentenza emessa dalla Corte penale internazionale dell’Aja, sul limite alla sovranità degli Stati di fronte ai crimini contro l’umanità.
Prioritaria per l’ANPI la questione delle stragi, che invoca come atto di buona volontà il finanziamento della ricerca, chiedendo che vengano resi accessibili tutti i fondi archivistici, fino a indicare l’adozione di una linea di ‘riparazione’, un contributo, cioè, a iniziative finalizzate alla memoria: la creazione di Fondazioni per la ricerca storica e per il consolidamento della memoria, la raccolta e la informatizzazione del materiale acquisito durante i processi. La ‘guerra ai civili’ si riconosca come crimine contro l’umanità, per una giustizia non solo in termini giurisdizionali ma come funzionale alla ricostruzione storica. Forte la richiesta di assunzione di responsabilità nei confronti del governo italiano per la vicenda dell’armadio della vergogna e per la mancata esecuzione in Germania delle sentenze emante in Italia. Così come si legge, vedi Appendice, nella Petizione popolare dell’ANPI del 2006, ai sensi dell’art.50 della Costituzione
Partire dalla conoscenza storica, perché la finalità non è una generica memoria condivisa, come sottolinea lo storico Claudio Silingardi nel suo intervento. Bisogna creare ‘punti di incontro e di mediazione’ che ’si possono trovare solo punendo i colpevoli dei crimini contro l’umanità di cui si sono macchiati, riconoscendo dignità alle vittime, rivendicando il diritto alla verità, favorendo una conoscenza diffusa di ciò che è successo, attraverso una rigorosa ricerca storica’. Un discorso pubblico fondato sulla consapevolezza delle istituzioni e delle forze politiche.
E in Appendice, per concludere, gli interventi delle Associazioni familiari vittime delle stragi, quella di Padule di Fucecchio ricordata dal presidente Gian Luca Luccarini, figlio di partigiano della Brigata Stella Rossa, ‘abbiamo istituito le Scuole di Pace, che dovrebbero essere accreditate come enti formativi, essendo frequentate da centinaia di studenti italiani e stranieri’. E poi il documento dell’ANPI che si è costituita parte civile davanti ai tribunali di Roma, per la Strage di Cefalonia, e di Verona, per la strage a Borgo Ticino-Novara e a Casteldelci-Rimini.
E le Considerazioni conclusive delle Relazioni, di maggioranza e di minoranza, della Commissione Parlamentare sulle cause dell’occultamento dei fascicoli realtivi ai crimini nazifascisti, depositate nel 2006. Violata la direttiva del governo Parri, che imponeva l’azione penale, quella di minoranza rileva le cause che portarono all’occultamento dei fascicoli, nella ricostituzione in Germania dell’esercito, mentre si accentua la guerra fredda, e nel suo inserimento dentro l’Alleanza Atlantica, ‘In alcuni casi i servizi segreti statunitensi e italiani intervennero a favore di questi criminali’, nell’imbarazzo del governo italiano di dover concedere le estradizioni, richieste da altri paese, Grecia e Jugoslavia in particolare.
Una lettura impegnativa, perché fortemente attraversata, in tutti quegli interventi e testimonianze, dallo spirito di giustizia, dalla volontà di sviluppare ancora la ricerca storica, rispetto alle stragi nazifasciste, senza la quale è persino impossibie comprendere questo Novecento. Prima e Seconda Guerra Mondiale ne determinano il destino, non si può lasciare i popoli, le giovani generazioni, senza risposte sui temi determinanti dei diritti dell’uomo e della loro violazione, delle responsabilità di classi dirigenti e governi. Che vi si sottraggono, ancora oggi, per non essere chiamati a rispondere di politiche altrettanto indifferenti, se non colpevoli, nei confronti della dignità della persona, nei confronti del dettato costituzionale.
1 commento
1 Aladin
5 Aprile 2019 - 06:21
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=95344
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