Oggi assemblea. Non ci arrendiamo: riportiamo la legge-truffa elettorale regionale al vaglio del Tar

4 Aprile 2019
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Andrea Pubusa

 

Una legge ingiusta, contro la sovranità dei sardi

 

Come annunciato, un gruppo di elettori ed elettrici democratici della Sardegna inetndono presentare al Tar Sardegna un ricorso col quale impugnano l’atto di proclamazione degli eletti effettuato il 23 marzo scorso dalla Corte d’appello di Cagliari.

I ricorrenti sono persone note del mondo culturale regionale: fra gli altri, Marco Ligas, già direttore de Manifesto sardo, Antonello Murgia, responsabile dell’Anpi provincia di Cagliari, Fernando Codonesu, Franco Meloni ed altri del CoStat, Franco Tronci e un folto gruppo di docenti delle scuole superiori, impegnati nel mondo della cultura e dell’associazionismo. Adesioni sono pervenute anche da Sassari. Si prevede poi un intervento ad adiuvandum in corso di causa. Nell’intendimento dei proponenti, il ricorso dovrebbe portare la legge elettorale all’esame della Corte Costituzionale.

Quali censure muovono questi cittadini e cosa chiedono al Giudice amministrativo?

Prima questione: la violazione della parità uomo-donna.
In nessun paese neppure del terzo mondo esistono assemblee elettive dove su 60 componenti vengono elette solo 8 donne, mentre le elettrici sono - com’è noto - almeno la metà degli aventi diritto al voto. Le donne sarde non possono subire senza reagire questa offesa alla loro dignità. La democrazia sarda non può tollerare questo vulnus, che può essere scongiurato solo con una rappresentanza in Consiglio regionale più o meno paritaria fra uomini e donne. Si impugna quindi l’atto di proclamazione degli eletti e si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge elettorale sarda, nella parte in cui non prevede l’obbligo, a pena di nullità, per l’elettore o elettrice che esprima preferenze, di darne due, la seconda delle quali a candidato/a di genere diverso da quello/a cui ha dato la prima preferenza. Oggi se ne può dare anche soltanto una o se son due a candidati dello stesso genere solo la seconda è nulla. Questo correttivo introdotto nel 2018 ha solo lievemente innalzato (da 4 a otto) il numero delle consigliere regionali, ben lontano da una percentuale accettabile sul piano della rappresentanza. Si viola l’art. 1, 3. 49, 52 e 117, comma 7, Cost, nonché l’art. 16 St. sardo, che prevedono il principio di eguaglianza e impongono azioni legislative positive per superare la storica diseguaglianza uomo/donna negli uffici pubblici.
Se la Corte costituzionale accoglierà questo rilievo, il Tar dovrà annullare le elezioni del 24 febbraio e si dovrà andare a nuove elezioni.

Premio di maggioranza

La seconda censura riguarda il premio di maggioranza. E’ eccessivo e privo di ragionevolezza assegnare al candidato presidente più votato, che ha il 40% dei voti il 60% dei seggi, e a quello che ha il 25% il 55% dei seggi. Questo premio di maggioranza viola il carattere uguale del voto in uscita, ossia nel momento dell’assegnazione dei seggi in violazione dell’art. 48 Cost. e 16 St. sardo. La Consulta nella sentenza sull’Italicum ha ammesso il premio a chi raggiunge il 40%, ma pari al 54% dei seggi, non al 60% come prevede la legge sarda.

Impugnazione delle soglie di sbarramento

E’ illegittimo poi lo sbarramento al 10% e al 5% o quantomeno il primo. Questa soglia è volta ad assicurare ai partiti maggiori il monopolio del governo e dell’opposizione. Una conventio ad excludendum per legge nei riguardi delle liste minori non allineate e coperte, che viola il carattere democratico dell’ordinamento. Si può ritenere un valore (nell’ambito della ragionevolezza) la governabilità, ma non la limitazione dell’opposizione alle forze coalizzate col candidato presidente secondo classificato. Gli effetti distorsivi del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento hanno reso possibile l’attribuzione di seggi a liste con meno dell’1% dei voti, mentre nessun seggio è stato assegnato a liste o coalizioni o candidati che hanno riportato percentuali più alte e molte migliaia di voti. Sono stati vanificati i voti  a favore del PDS di Maninchedda, benché abbia superato il 3% dei voti, una percentuale che giustifica almeno il diritto di tribuna.
Se la Corte accoglie questi due rilievi, riformula la legge elettorale sarda in senso proporzionale e il Tar dovrà rimodellare il Consiglio, grosso modo, in proporzione ai voti presi dalle diverse liste. Entrerà in Consiglio la lista di Maninchedda ora esclusa.

Illegittimità della norma che preclude ai candidati alla presidenza oltre il secondo di accedere in Consiglio regionale.
Desogu, cabndidato pentastellato alla presidenza, ha riportato 85 mila preferenze e non è stato eletto al Consiglio regionale, perché la legge elettorale ammette solo l’elezione oltre che del vincitore del secondo. Si tratta di una disciplina irragionevole perché il candidato alla presidenza è la personalità più rappresentativa di ogni lista o coalizione; non ha dunque senso e viola il principio della rappresentanza, oltre che la parità di trattamento, limitare l’elezione soltanto al cabndidato presidente della lista arrivata come seconda.

Illegittimitù del voto disgiunto.
Il voto disgiunto contrasta col principio della chiarezza del voto. E’ contraddittorio ammettere che un elettore voti un candidato presidente e nel contempo un candidato al Consiglio per contrastarlo.

Rappresentanza territoriale

Viene portata all’attenzione del giudice amministrativo e della Corte costituzionale anche la violazione della rappresentanza dei territori, che è anch’esso un vulnus del principio di uguaglianza del voto. Il Medio-Campidano, l’Ogliastra e il Sulcis-Iglesiente hanno avuto meno seggi di quanti la stessa legge elettorale sarda (art. 3) ne prevede in ragione del numero degli elettori delle diverse circoscrizioni.

No alle adesioni fittizie a liste per escludere la raccolta delle firme.

Infine, bando alle furbate che consentono di esentare dalla raccolta delle firme le liste che non hanno mai eletto consiglieri regionali. Alcuni consiglieri regionali uscenti, pur rimanendo nelle proprie liste d’origine, hanno fittiziamente aderito ad altre liste per consentir loro la partecipazione alle elezioni senza raccogliere firme. Ciò è stato possibile grazie all’art. 21 della legge-truffa, che viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).

Quali i tempi del processo?

Il Presidente del Tar fisserà l’udienza prima dell’estate. In quella udienza se il Tar riterrà le questioni di legittimità costituzionale rilevanti e non manifestamente infondate (è sufficiente il dubbio sulla legittimità costituzionale), rinvierà gli atti processuali alla Corte Costituzionale. In questo caso fra un anno si avrà il verdetto. Se la Consulta accoglierà i rilievi, avremo una legge elettorale regionale civile e normale, dove si eleggeranno molte donne e i consiglieri rappresenteranno elettori sardi che li hanno scelti, come si fa nelle democrazie. Non ci saranno consiglieri abusivi, che non rappresentano nessuno.
Questo almeno è l’auspicio di chi ha presentato il ricorso: fare in modo che i sardi siano uguali nel voto e che in Sardegna sia restaurata la democrazia.
Questo risultato può ovviamente essere ottenuto (e sarebbe la soluzione ideale) con l’approvazione di una nuova legge elettorale. I ricorrenti auspicano che il Presidente Solinas o, meglio un gruppo di consiglieri regionali dei vari schieramenti, presentino al più presto una proposta di legge in questo senso.

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