Andrea Pubusa
Molti ipotizzano in Sardegna un risultato da sistema bipolare. Una lista o coalizione prenderà il banco e governerà, gli altri all’opposizione. Nessuno considera lo scenario più probabile: un risultato ”abruzzese”, ma con una variante importante, uno scarto limitato fra prima, seconda e terza lista. Insomma, nessuna delle liste maggiori raggiunge il 40%. Cosa comporta un esito siffatto? Una conseguenza rilevante, e cioé che il gruppo vincente prende “solo” il 55% dei seggi. Un risultato in teoria sufficiente per governare, ma che, in pratica, espone il presidente eletto ai mal di pancia dei consiglieri regionali, specie delle liste coalizzate. Col malvezzo dei continui cambi di casacca col 55% dei seggi sarà quasi impossibile far vivere una giunta. Per farla breve, per governare, occorre dar vita a coalizioni.
Se questa considerazione è ragionevole, occorre rivoltare l’immaginario futuro, è ncessario fin d’ora che ognuno dei raggruppamenti o liste autonome in campo, diano indicazioni agli elettori sulle loro propensioni di coalizione. Per esempio, le liste natzionalitarie, se supereranno lo sbarramento, saranno disposte ad allearsi solo col centrosinistra o coi 5 Stelle o anche col centrodestra? Ci possono essere anche propensioni diverse. Pili e Maninchedda possono non disdegnare di unirsi al centrodestra nel quale sono già stati, mentre è da escludere che lo faccia Autodeterminatzione. E il centrosinistra privilegerà le liste minori o, se necessario, farà un contratto coi grillini. E costoro, se vincenti, chi sceglieranno per fare un contratto di governo?
Le domande sembrano inattuali, quasi peregrine, ma così non è. Nell’indecisione verso il voto e nella piattezza della campagna elettorale, queste opzioni possono essere elementi motivanti per gli elettori. Per esempio, un elettore dell’area natzionalitaria può preferire Autodeterminatzione alle altre due liste per la sua propensione antidestra e viceversa Pili o Maninchedda perché “bipolari”.
Sapere quali sono le intenzioni postelettorali di Zedda è importante, dati i suoi trascorsi con Solinas nel Comune di Cagliari, dove erano alleati. Nel centrosinistra poi Uras, prima della formazione delle liste, si era spinto ad auspicare un’alleanza del centrosinistra col centrodestra in chiave anti M5S. E’ un’ipotesi del tutto tramontata o è ancora in piedi? Anche i 5 Stelle devono dire cosa faranno in caso di vittoria sotto il 40%: escluderanno, ad esempio, come credo, la riedizione a livello regionale di accordi con la Lega? Preferiranno il centrosinistra o le liste natzionalitarie o entrambe?
Ora di tutto questo non si sta parlando anche perché i media non hanno mai posto la questione nei tanti inutili e noiosi confronti con i candidati governatori. Il tema è però rilevante e può avere effetti positivi anche nel limitare l’astensione che diminuisce quanto più l’elettore sente utile il suo voto.
Personalmente ritengo che se non vince Solinas, sarebbe bene che Desogus e Zedda, chiunque arrivi primo, stipulino un contratto di governo onde creare in Sardegna un laboratorio nazionale, che avvii il disgelo fra queste forze. Della partita potrebbe essere anche Autodeterminazione, se supera lo sbarramento, mentre, per i loro trascorsi, mi paiono più problematiche, anche se non da escludere, le alleanze con Pili o Maninchedda.
Forse se si niziasse a ragionare in termini di “tripolarismo”, il dibattito diverrebbe più proficuo e interessante. Inoltre sarebbe più realistico.
2 commenti
1 aldo lobina
20 Febbraio 2019 - 08:01
Io credo che i rappresentanti eletti delle forze politiche citate prima che tra di loro dovrebbero mettersi in sintonia con i bisogni della gente sarda. Iniziare cioè a parlare di politica - fuori dalla temperie della propaganda elettorale che tutto promette e quasi nulla mai mantiene. Ascoltare i rispettivi elettorati infatti significa capire di quale sanità abbiamo bisogno in Sardegna per esempio. Se si debba mettere mano immediatamente a una riforma dei servizi sanitari pubblici. Quanto e quale spazio si debba lasciare al privato che opera coi soldi pubblici. E così per i problemi del lavoro, della cultura, della scuola, dei trasporti interni ed esterni all’Isola. Sarebbe molto auspicabile che all’indomani delle elezioni i rappresentanti e i rappresentati iniziassero a parlarsi e ad ascoltarsi. Alla fine molte differenze di bandiera cadrebbero. Spesso infatti l’uso strumentale di bandierine tutte diverse che hanno moltiplicato l’offerta politica non è che una degenerazione della democrazia non invece un suo esercizio virtuoso. A vantaggio di qualche satrapo in cerca di fortuna, solo la sua! Noi cittadini abbiamo bisogno di tentativi reali di risoluzione dei problemi e di lavorare - ciascuno per la sua parte - a dare un utile contributo per uscire dal tunnel del malgoverno. Nessuno pensi di poter governare da solo! L’autosufficienza, l’isolamento propugnato da certe forze politiche sul presupposto di una improbabile autoreferenzialità ha già fatto molti danni in Italia, Dando la stura a una destra peggiore e più pesante di quella di berlusconiana memoria. Perché poi i “contratti” bisogna saperli fare! Altrimenti si viene coperti anche dal ridicolo.
2 Aladin
20 Febbraio 2019 - 08:39
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=93666
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