Andrea Pubusa
Ci si chiederà come mai il M5S non si è rivolto al Tar per far annullare l’esclusione del loro candidato alla Camera alle suppletive di Cagliari, ma, come ha annunciato in una nota stampa, ha presentato reclamo all’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale, costituito presso la Corte di Cassazione? Non esiste un giudice in questi casi? Non è questa disciplina incostituzionale? Vale la pena per i non addetti ai lavori illustrare la questione.
E’ pacifico (artt. 126 e 129 del codice del processo amministrativo), che il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, ma non anche in materia di elezioni “politiche” nazionali.
Tali norme delimitano con chiarezza l’ambito di estensione della giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale, dal quale sono escluse le controversie – come quella di Caschili - concernenti l’esclusione della sua candidatura dalle elezioni politiche suppletive di Cagliari e, dunque, riferite al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche alla Camera dei Deputati.
Peraltro, la legge delega n. 69 del 2009, nell’ambito del riassetto del processo amministrativo, aveva conferito al Governo il potere di introdurre “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, ma non è stata, sul punto, esercitata.
Esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo, ci si chiede a chi rivolgersi? In realtà i mezzi di tutela contro i provvedimenti riguardanti la Camera (e il Senato) contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati adottate dall’Ufficio centrale circoscrizionale, può essere proposto ricorso all’Ufficio centrale nazionale, istituito presso la Corte Suprema di Cassazione (art. 23, D.P.R. n. 361 del 1957) .
È, altresì, attribuita espressamente alla Camera dei Deputati (art. 87 del D.P.R. n. 361 del 1957), la competenza a pronunciare il “giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente”, e ciò coerentemente con la previsione di cui all’art. 66 Costituzione, ai sensi del quale “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.
Il contenzioso pre-elettorale è, dunque, ripartito tra l’Ufficio centrale nazionale – competente per quanto concerne le controversie relative alla esclusione di liste e candidature – e le Assemblee della Camera (e Senato), cui è attribuito il controllo del procedimento elettorale, in virtù di una norma eccezionale di carattere derogatorio, basato su un regime di riserva parlamentare strumentale alla necessità di garantire l’assoluta indipendenza del Parlamento, che è organo costituzionale sovrano (cf. Corte Cost. 231 del 1975), riconducibile all’autodichia (giustizia domestica, interna).
Ma è conforme alla Costituzione tutto questo? La Carta all’art. 24 garantisce la tutela giurisdizionale per i diritti soggettivi e gli interessi legittimi, nessuno escluso. E allorà? In questa materia è intervenuta anche la Corte Costituzionale (cfr. sent. n. 259 del 2009) che ha dichiarato inammissibile la questioni di legittimità costituzionale delle norme che non prevedono l’impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale. È stata così esclusa non soltanto la sussistenza di un vulnus giuridico di tutela in relazione alle situazioni soggettive vantate dai candidati ma anche l’esistenza di un vuoto normativo nel sistema legislativo ordinario, con la conferma che i diritti dei candidati esclusi dalla competizione elettorale politica sono assistiti dai rimedi giurisdizionali davanti a ciascuna delle Assemblee legislative nazionali, competenti a dirimere le controversie pre-elettorali, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento da parte del giudice ordinario o del giudice amministrativo.
Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione è orientata in tal senso, avendo precisato che “né il giudice amministrativo né il giudice ordinario sono dotati di giurisdizione” in relazione a controversie oncernenti l’ammissione e/o l’esclusione delle liste dei candidati (cfr. Cass. S.U, n. 9151 del 2008 e Consiglio di Stato), ponendo in evidenza che gli organi a cui risulta affidato il compito di definire le controversie di cui si discute, seppure privi della natura giurisdizionale, sono comunque in grado di garantire la necessaria imparzialità e indipendenza, fornendo un servizio di verifica delle fasi preliminari e delle operazioni preparatorie del procedimento elettorale che può ssimilarsi a quello svolto in sede giurisdizionale.
Peraltro, l’attribuzione della competenza a decidere i reclami contro le esclusioni, come quella di Caschili, delle liste e dei candidati adottate, (art. 22 del D.P.R. n. 36 1 del 1957) dall’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito presso la Corte d’Appello o il Tribunale competente) innanzi all’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale (costituito presso la Corte di Cassazione), tenuto conto dalla sua composizione soggettiva (essendo i relativi membri tutti magistrati, garantisce la necessaria imparzialità e indipendenza, in quanto organo neutrale e titolare di funzioni di controllo esterno espletate in posizione di terzietà ed indipendenza.
Nel merito della vicenda non posso dir nulla in quanto non conosco il provvedimento di esclusione. Posso azzardare due considerazioni, anche alla luce della nota stampa del M5S. La prima è che la motivazione dell’esclusione pare debole. Si ricordi che esiste in generale un favor per l’ammissibilità delle candidature (si tratta di diritti politici costituzionali) e che l’esclusione sembra giustificatatazione di simboli non utilizzati nelle elezioni ordinarie, per esempio per “Progressisti sardi” non presenti alla elezioni del 4 marzo. Ma per chi come i 5stelle erano presenti a marzo e non hanno cambiato simbolo, pare ragionevole ammettere che il simbolo sia quello presentato a suo tempo per le elezioni generali. In secondo luogo, si tenga conto che alla fine decide la Camera e lì il M5S può formare intorno all’ammissione di Caschili una maggioranza vasta. Quindi, alla fine è probabile che Caschili rientri con una decisione della Camera, che è inappellabile. Vedremo.
1 commento
1 Aladin
21 Dicembre 2018 - 00:35
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=91332
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