Andrea Pubusa
Guarda un po’ la canea che istituzioni europee e internazionali, grandi gruppi editoriali e destra stanno scatenando sol perché il governo ha deciso di dare 780 euro mensili ai poveri! Mi chiedo, semmai il PCI avesse vinto le elezioni cosa sarebbe accaduto in Italia? Se avesse avviato una politica di forte redistribuzione, sarebbero arrivate le armate bianche? Perché il nodo del problema è che il governo interviene con una parziale redistribuzione e dice di volerne fare una più sostanziale in materia pensionistica e sui tempi del lavoro. Che gli strilli e l’attacco siano politici si rileva comparando l’intervento attuale a quello per le quattro banche italiane in crisi nel 2015. Le operazioni per il salvataggio hanno contribuito all’indebitamento dell’Italia nel 2017 per 6,3 miliardi di euro. Una cifra non proprio piccola, risultato dei 4,7 miliardi di euro stimati da Eurostat per salvare le banche venete, a cui vanno aggiunti 1,6 miliardi di euro che invece sono serviti per non mandare a ‘gambe all’aria’ Mps (Monte dei Paschi di Siena). Un conto salato a carico dei cittadini, in un modo o nell’altro. Queste cifre da capogiro rese note dall’Istituto di Statistica italiano fanno riferimento alle operazioni di ricapitalizzazione e ristoro dei “junior bondholders”, avvenute rispettivamente nei mesi di luglio e novembre 2017. Ma le critiche vengono solo dai piccoli gruppi, per il resto silenzio.
Questa opposizione dura al reddito di cittadinanza è a dir poco vergognosa, anche perché bisogna distintinguere tra la misura e la sua concreta declinazione. La misura in sé è giusta, si tratta poi di intervenire in termini critici nella sua attuazione. Questa dovrebbe essere almeno la posizione dei resti della sinistra.
Ci sono in ballo poi altre questioni su cui i 5S hanno rotto l’establishment: la revoca delle concessioni ad Autostrade, il decreto dignità con l’intervento sui contratti di lavoro, l’equiparazione del trattamento delle ONG sui migranti a quello francese e spagnolo, dove non c’è libertà d’attracco, richiesta di accoglienza europea, riduzione dei vitalizi, intervento sulle pensioni siperiori a 5 mila euro ed altro ancora. Insomma, un piccolo sommovimento rispetto a su connottu che minaccia di estendersi, con una visibile nota comune: la ridiscesa in campo dello Stato dopo anni di mano libera ai privati e ai poteri privati.
Alcuni rilevano che un attacco così pervasivo ed aperto all’establishment richiedeva una più accurata preparazione ed organizzazione. Ed è vero. Spesso si ha la sensazione di una certa improvvisazione in Di Maio e compagni. Altri hanno messo in luce la inadeguatezza dei modi e del linguaggio, e anche questo è vero. Per sollevare le questioni messe in campo occorre un linguaggio diverso. I toni razzisti di Salvini sono inaccettabili e son sostanza, non semplici parole. Ma la garbata proposta di Conte, sul presupposto che chi sbarca in Italia sbarca in Europa, mi pare ineccepibile. Macron, col respingimento dell’Aquarius a Marsiglia e l’ordine di dietrofont a Malta, lo comprova, così come ne è prova il ventilato respingimento di migranti secondari dalla Germania all’Italia in ossequio al Trattato di Berlino. Sono questioni che si possono e si devono discutere, fermo restando lo spirito accogliente e civile del nostro Paese in ossequio all’ispirazione della nostra Costituzione, che pone al centro la persona, a prescindere dal colore della pelle. Del resto vera accoglienza è inserimento, e per far questo occorre lo sforzo di tutti i Paesi europei.
Questo attacco in forze dell’establishment economico-finanziario alle misure sociali del governo, targate M5S, pone ai democratici un problema: unirsi all’attacco per rimettere in sella lor signori o iniziare a fare dei distinguo e articolare un’azione che separi il grano dal loglio? Mi rendo conto che è un’azione non agevole, che richiede molta fermezza e intelligenza. Ma siamo ad un passaggio in cui già stiamo avvertendo quanto l’incapacità del PD di misurarsi con la novità pentastellata stia costando al Paese. Bisogna uscire dagli slogans, roboanti quanto vani. Occorre scongiurare il muro contro muro e delineare spazi per porre argine all’attacco ai provvedimenti sociali del governo. Bisogna iniziare a delineare uno sbocco democratico a questa situazione che, a detta degli stesso protagonisti (M5S e Lega), è provvisoria, fondata com’è su un contratto di governo, non su una uniformità di visione generale. I possibili equilibri futuri vanno pensati e preparati oggi. Noi democratici cosa facciamo?
2 commenti
1 Tonino Dessì
11 Ottobre 2018 - 09:41
Che articolo sconcertante, soprattutto per i termini, Andrea.
Passi per il FMI, del quale avremmo ragione di dubitar per la sua nota impronta restrittiva e per la linea di politica economica internazionale che rappresenta.
Ma Bankitalia, Corte dei Conti, Uffici del Bilancio delle Camere sono definibili come “una canea”, se mettono in discussione non le singole misure (per ora del resto solo annunciate, ma non definite), bensì le analisi sulla situazione economico-finanziaria del Paese e le improbabili coperture delineate dal Governo nel DEF? E quando analoghe preoccupazioni sono state manifestate per proposte del Governo precedente (penso allo scontro fra il ministro Padoan e l’Ufficio Bilancio della Camera, in particolare, nella scorsa legislatura), erano “una canea”. Anche le decisioni sui salvataggi bancari furono decisi da Governo e Parlamento nonostante molte riserve espresse da istituzioni e organismi interni competenti.
Il processo di formazione delle decisioni dev’essere trasparente e i cittadini hanno diritto di essere informati di tutte le sue implicazioni.
Governo e forze politiche non sono per questo deprivati in alcun modo del loro potere decisionale, ma neppure potranno assolversi dalle responsabilità per le decisioni prese assumendo di non aver avuto le informazioni necessarie da tutti i soggetti coinvolti.
Se ci sono misure attese, certamente quella sul reddito di cittadinanza è la meno avversata. Quello che semmai non torna è che ancora non si capisce affatto come sarà definito, chi ne beneficerà realmente, quali saranno le condizioni per averne diritto e quali le modalità per spenderlo. Perché il dubbio non è sulla misura, ma su questa indefinitezza, a fronte della quale è lecito domandarsi anche se la copertura in deficit sia l’unico strumento utilizzabile.
Infine, non è questione di “toni” usati dalle forze politiche, Andrea. È lo “scambio”, che repelle. Politiche securitarie repressive, attacchi a diritti e a conquiste fondamentali (pensa alle proposte di Fontana contro le famiglie omogenitoriali e sull’aborto, o alla recente deliberazione del Comune di Verona sempre sulla 194), cancellazione sostanziale del salvataggio e dell’accoglienza di profughi e migranti, in cambio di promesse di misure assistenziali per i cittadini meno abbienti, è, girala come vuoi uno scambio turpe.
Non ci sarà attenuazione delle critiche di opinione e sociali su questo terreno, che, inutile nasconderlo, è purtroppo condiviso dall’intero Governo e da entrambe le forze politiche che lo esprimono e lo sostengono.
2 Aladinews
11 Ottobre 2018 - 09:43
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=88398
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