7 Marzo 2017
Francesco Cocco
Proseguiamo la riflessione a 80 anni dalla morte di Gramsci per cercare di comprendere se sia ancora attuale il suo pensiero. Il quesito è il seguente: c’è corrispondenza tra l’elaborazione teorica dell’Uomo di Ales e l’applicazione della stessa alla vita politica dei nostri giorni. Ecco l’opinione di un profondo conoscitore di Gramsci.
L’attualità di Gramsci è data dall’esempio di vita, dalla coerenza, dalla profonda idealità che lo animava e gli ha consentito di creare quel monumento di pensiero che sappiamo. E’ però un’ altra l’attualità su cui interrogarci ed attiene alla capacità di quel pensiero d’incidere sulla realtà nell’odierna dialettica politica. Purtroppo vedo una quasi totale assenza del pensiero gramsciano nella vita politica italiana. Su tale piano, attualità zero o quasi. A meno che non si voglia scambiare per attualità le paludate celebrazioni ufficiali. Per quanto invece attiene alle potenzialità di quel pensiero per farci uscire da pantano politica ed istituzionale, l’attualità è massima. Questo perché siamo in presenza di un formidabile strumento di organizzazione e rivitalizzazione della vita politica.
Una tale considerazione nasce dalla constatazione del carattere alienante che caratterizza la vita politica italiana. Cos’è il leaderismo dominante se non una riproposizione della politica come fenomeno che trascende la responsabilità degli individui e della classi sociali per rivolgersi passivamente al capo politico, nuovo demiurgo al quale affidarsi per la soluzione dei problemi?. E’ il fenomeno del “cesarismo” come lo definiva Gramsci, che presuppone situazioni di sostanziale sconfitta democratica, quale fu quella che negli anni Venti aprì le porte al fascismo.
L’ attualità del pensiero gramsciano è nel richiamo ad una visione politica calata nella coscienza degli individui, da cui nascono –come egli ha insegnato “ quei germi di volontà collettiva che tendono a diventare universali e totali”. Da quei germi prende avvio il partito politico, non certo il pulviscolo che frantuma qualsiasi processo di sostanziale formazione di una volontà collettiva.
Questo non significa che per Gramsci il partito non debba avere un suo leader. Sarebbe la negazione dei principi elementari di organizzazione, ma niente partito personale, partito-azienda. I processi alla base della vita di questa potenziale società e comunità statuale debbono essere profondamente democratici. Si tenga presente quanto Gramsci aborrisse le dirigenze caporalesche, chiuse, boriose, autoritarie. Ecco perché il renzismo, vera continuazione del berlusconismo, è la negazione del pensiero gramsciano. Di qui la grande attualità di quel pensiero.
Seguire oggi il metodo e la lezione gramsciana, vuol dire seguire esclusivamente un percorso di libertà evitando i vassallaggi e gli infeudamenti politici.
1 commento
1 Aladin
6 Agosto 2018 - 08:05
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=85548
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