L’assemblea di lunedì può essere il primo passo per formare un vasto movimento antirazzista. Come abbiamo fatto in difesa della Costituzione nel 2016

20 Giugno 2018
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Andrea Pubusa

L’incontro indetto dal Costat e dall’ANPI lunedì pomeriggio presso la sala dello Studium Franciscanum merita una riflessione per vari ordini di motivi.
Anzitutto, la grande partecipazione, la voglia di discutere e di mobilitarsi. Poi la correttezza del dibattito e la compostezza del pubblico provano che quando chi organizza è davvero al di fuori delle logiche di fschieramento, riesce a trasmettere agli interventori e ai partecipanti un messaggio chiaro e indiscutibile: l’incontro non ha altri fini se non quello dichiarato di apprezzare la analisi e le proposte che nascono dagli interventi. Questa impostazione fa sì che anche un tema caldissimo come quello della immigrazione può essere discusso con passione, ma anche con pacatezza e sforzo propositivo. Ora questo è un bene prezioso e raro, perché, invece, i dibattiti televisivi, al pari dei confronti su fb o sul web, sono impostati e orientati verso la contrapposizione forte e pregiudiziale, verso il chiasso e il clamore, spesso verso l’insulto, anziché in vista della comprensione dei problemi e la individuazione delle soluzioni più appropriate.
Orbene, nel dibattito di lunedì sono intervenuti politici di parti diverse, solitamente contrapposte, Carta del PD, Mirasola di LeU e Marilotti senatore del M5S. Eppure, tutt’e tre hanno messo da parte gli spunti polemici e hanno fatto uno sforzo propositivo, pervenendo a soluzioni non molto diverse e comunque non incompatibili. Insomma, esponenti di partiti che a livello nazionale si lanciano accuse gravi, messi intorno ad un tavolo, di fronte ad un pubblico colto e attento, assumono un atteggiamento responsabile.
La terza indicazione emersa dal dibattito è questa: seppure con accenti diversi, le soluzioni generale sono abbastanza uniformi. E, guarda caso, coincidono con quelle contenute nell’appello dei vescovi sardi, pubblicate ieri in questo blog e nei giornali regionali. Corridoi umanitari per sottrarre i migranti alle pratiche malavitose, perché, al di là della qualità delle ONG, pare a tutti evidente che gli Stati devono metter mano in modo più stringente sulla raccolta e il trasporto. Non possono essere viaggi aleatori e pericolosi in partenza, in mare e all’arrivo.
Il secondo aspetto è quello dell’accoglienza. Più che chiudere dei porti l’obiettivo dev’essere quello di aprirli tutti. E in ogni approdo assisurare forme umane e civili di prima accoglienza. La qualità di questa rappresenta un segnale importante del tasso di civiltà e di qualità della nostra stessa vita. Non puoi maltrattare gli altri, senza che questo atteggiamento si rifletta sulle condizioni generali anche dei cittadini metropolitani, sopratutto negli strati deboli.
Accordo generale anche sull’inserimento, che dev’essere reale. Su questo punto delicatissimo sono stati apportati esempi positivi e negativi importanti. Non si possono abbandonare a se stessi i migranti accolti. Non possono essere lasciati nell’ozio o nell’accattonaggio. Ora per inserire occorrono subito due correttivi, uno interno e l’altro sovranazionale. All’interno occorre sottrarre al Ministero dell’interno la competenza, creando un apposito ministero. L’inserimento non è questione di ordine pubblico, non è problema di manganello, ma di acculturamento dei migranti, di preparazione al lavoro, di incardinamento in una comunità. E’ problema degli enti locali più che delle pregetture e delle caserme.
Sul piano sovranazionale, occorre un impegno europeo. Una migrazione di dimensioni epocali non può essere affrontata con mezzi ordinari. Occorre uno sforzo ordinario di tutto il Vecchio Continente. Qui si vede se l’Europa c’e', è viva oppure se è soltanto una entità spenta e senza attrattiva. Pur nella diversità dei toni, è, ad esempio, importante l’affermazione del Presidente Conte quando ha detto, incontrando la Merkel, che chi sbarca in Italia, mette piede in Europa. Ed è proprio così. L’inserimento, se non la prima accoglienza, deve avvenire a livello europeo sulla base di trattati e regole, che non lasciano soli gli Stati mediterranei. Ecco perché il regolamento di Dublino va superato.
Il dibattito ha poi fatto emergere la necessità di un’impegno straordinario delle associazioni democratiche e delle persone di buona volontà per una battaglia antirazzista. Sopratutto l’azione inqualificabile di Salvini sta alimentando una crescita esponenziale e pericolosa di umori razzisti e discriminatori. Si tratta di proclami anticostituzionali sui quali forse chi di dovere dovrebbe porre uno stop perentorio. Ma gli anticorpi esistono nella società. Chi ha difeso la Costituzione al referendum del 4 dicembre non può essere così dissociato da essere razzista. Bisogna però mettere in campo con passione una campagna di dibattito e di orientamento su questo punto.
Ecco, si tratta di prime indicazioni, che vanno riempite di contenuti e vanno poi declinate in concreto con fatti organizzativi e di mobilitazione. Ma non è poco. Il pericolo peggiore è che le forze democratiche si dividano chi per inseguire questo o quello. CoStat e ANPI l’altra sera hanno dimostrato che si può fare. Partiamo, dunque, da questi punti di convergenza, rimettendo in moto un movimento vasto, come abbiamo fatto nel 2016 a difesa della nostra Costituzione, antifascista e antirazzista.

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