Un allievo mi scrive per convincermi a simpatizzare per Mattarella e …per Renzi!

29 Maggio 2018
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Roberto Murgia

Roberto, valoroso avvocato del nostro Foro, mi invia un articolo dal titolo “Cosa significa, davvero, l’idea che chiunque sarebbe meglio di Renzi?” Mi vuol convincere che Mattarella, nel nominare un governo-farsa in luogo di uno con la fiducia garantita, ha esercitato bene il proprio potere; e, ancora, che Renzi poi non è così male. La mia risposta è nel post riportato sopra e negli altri precedenti (e in quelli che verranno). Ciò che mi colpisce in Roberto come in altri miei valorosi allievi (non tutti per fortuna!) è che non capiscano che l’oligarchia, di cui Mattarella e Renzi sono parte e che oggi esclude (con forzature) Di Maio, è quella stessa che impedisce a loro di entrare nell’agone politico, dove, con il loro valore e rigore, potrebbero far buone cose per il Paese e per la Sardegna. Insomma, si mettono intorno al collo un nodo scorsoio e danno la corda in mano a chi li ha sempre tenuti fuori dal circuito politico perchè onesti e di buona volontà, estranei alla trama e all’intrigo. Ora, questi miei cari allievi sono diventati colleghl e grandicelli, e non posso insegnare loro più nulla, neanche che la democrazia travalica le (sempre discutibili) simpatie partitiche. Spero che lo capiscano da soli! (a.p).

Caro Professore,
I Tuoi post del 25 maggio (Conte, chi è costui? Vediamo le pubblicazioni) e del 27 maggio (Un colpo di mano contro il Parlamento e il M5S) e la Tua voluta semplificazione che “chiunque sarebbe meglio di Renzi” mi spingono a replicare.
In merito al primo post, condivido che del prof. Conte si sia parlato molto, e a sproposito. Tuttavia non ci vedo nulla di strano.
Per la prima volta nella storia della Repubblica, i partiti di maggioranza hanno indicato come premier uno sconosciuto che ha dato l’impressione di avere avuto come unico grande merito il fatto di essersi trovato nel posto giusto al momento giusto: né Salvini né Di Maio, infatti, hanno voluto lasciare all’altro il ruolo di Presidente del Consiglio. Di conseguenza, la scelta è caduta sul fungibile prof. Conte più per la sua immagine di novità ed equidistanza interna che per la sua competenza politica e per il suo carisma; sconosciuti ai più.
A scanso di equivoci, voglio sottolineare che il prof. Conte mi è simpatico, soprattutto dopo che è stato sottoposto a quegli ipocriti attacchi sui presunti aggiustamenti al proprio curriculum e per la cartella di Equitalia (che aveva del resto pagato). Reputo infatti che i primi, se anche fossero veri, sarebbero stati comunque irrilevanti nel suo percorso accademico (chi mai è diventato professore ordinario per aver trascorso qualche estate in una università estera?), mentre la seconda lo rende simile ai troppi cittadini che lavorano ma riescono a pagare le tasse solo dopo qualche anno attraverso le cartelle e le rate di Equitalia e magari con rilevanti sanzioni ed interessi.
Ciò nonostante, non sono comunque riuscito a provare per lui più di una curiosa simpatia. Non ritengo, insomma, che egli fosse la figura più idonea che l’area populista potesse esprimere in questo momento per la presidenza del Consiglio dei Ministri, e non certo perché io nutra pregiudizi per il M5S. Semplicemente, mi è parso evidente che non ne avesse lo spessore; e il mio giudizio politico non è cambiato nemmeno dopo che ho appreso dal Tuo post che egli è un valente studioso della responsabilità e del diritto dei consumatori.
Ho quindi provato un certo imbarazzo quanto ho letto che Tu, dopo aver constatato che il prof. Conte è una persona seria e averne esaminato il curriculum accademico, lo abbia invece ritenuto idoneo ricoprire l’incarico che fu di De Gasperi, Spadolini, Moro, Ciampi (per citare solo quelli sulla cui statura politica non credo ci potremmo accapigliare, perlomeno noi due).
Bada bene che non sono in pieno disaccordo quando sostieni che chiunque sia meglio di Renzi; tuttavia non credo che una investitura su queste basi possa considerarsi apprezzabile per il destinatario e bene augurante per il Paese.
In definitiva, non condivido il fatto che Tu abbia giustificato la designazione a premier di una persona non dotata di un profilo politico o tecnico unanimemente riconosciuto, anche a livello internazionale, come primario perché tanto “chiunque è meglio di Renzi”.
*
La mia seconda considerazione riguarda il Tuo post intitolato “Un colpo di mano contro il parlamento e il M5S”.
Prima di esprimere le mie considerazioni ho fatto una cosa ormai desueta: mi sono documentato.
In particolare, ho riletto l’art. 92 della Costituzione e consultato il Commentario diretto dai professori Bartole e Bin e, prima di loro, dai professori Crisafulli e Paladin. Dopo averlo fatto, mi sono persuaso che il Presidente della Repubblica abbia esercitato le sue prerogative in modo conforme all’art. 92 della Costituzione.
Il risultato più sorprendente della mia ricerca, tuttavia, è stato un altro.
Contrariamente a quanto strillato dai Populisti, quello attribuito al Presidente Mattarella non rappresenta affatto l’unico caso in cui il Capo dello Stato avrebbe rifiutato di nominare uno dei ministri indicati dal Presidente del Consiglio incaricato, ma solo l’unico episodio in cui l’esercizio di tale prerogativa abbia suscitato vibranti proteste di piazza e, addirittura, la minaccia dell’impeachment da parte dell’on. Di Maio.
E infatti, ho imparato che: “Gronchi, in linea con la tesi secondo cui spetta al Capo dello Stato nominare un governo che risponda alle aspettative del Paese … influì pesantemente sulla composizione del governo Zoli, nel 1957 (Zagrebelsky, R. Trim., 1968, 967; Paladin, Per una storia costituzionale, 132 ss). Interventi piuttosto incisivi in tal senso si attribuiscono anche a Pertini, Cossiga e Scalfaro.
In dottrina taluni ritengono che la nomina dei Ministri debba essere annoverata tra gli atti complessi, “che si perfezionano in virtù della piena accettazione del loro contenuto tanto da parte del Presidente della Repubblica quanto da parte del Presidente del Consiglio (D’Andrea, art. 92, in Commentario alla Costituzione, in Comm. Branca).
Insomma, niente di nuovo sul piano della prassi istituzionale e nessun colpo di mano.
Ma allora qual è la differenza rispetto al passato?
Non credo, come sostieni Tu, nel pregiudizio che molti nutrono verso il progetto di governo del Movimento 5 Stelle. I “Grillini”, infatti, governano da tempo importanti enti locali e lo stanno facendo, sostanzialmente, come gli altri, qualcuno con maggior fantasia (si pensi all’utilizzo delle greggi di pecore pensato dalla giunta Raggi per risolvere, a basso costo, il problema della manutenzione dei parchi di Roma, e che stranamente non ha ancora attecchito qui in Sardegna).
La differenza sta invece nello spessore politico dei protagonisti. Fino ad oggi, infatti, la fase delle consultazioni era stata sempre gestita con la discrezione e l’attenzione richiesta dalla delicatezza del momento e dall’importanza ruoli istituzionale (lo stesso Berlusconi - che pure non ha mai brillato per sensibilità istituzionale - non si sognò neppure lontanamente di mobilitare la Piazza e minacciare di porre in stato d’accusa il Presidente Scalfaro dopo che egli si oppose alla nomina dell’avv. Previti a Ministro della Giustizia, eppure era proprio in quel dicastero che a Berlusconi sarebbe piaciuto tanto vederlo. Ciò nonostante il Presidente incaricato accettò la nomina dell’avv. Biondi e lo spostamento di Cesare Previti alla Difesa). In quella circostanza noi tutti (io allora ero praticante nel Tuo studio) ritenemmo corretta e anzi provvidenziale questa presa di posizione con cui il Capo dello Stato impedì che l’avvocato del chiacchierato Presidente incaricato diventasse contemporaneamente anche il Ministro della Giustizia. Nessuno pensò, allora, che il Scalfaro avesse compiuto un illegittimo colpo di mano, nemmeno Tu.
Questa volta invece è andata diversamente, ed io ritengo che ciò sia accaduto perché l’on. Di Maio e l’on. Salvini (o forse uno solo di essi) hanno voluto cogliere l’occasione, pur dopo la nomina del prof. Conte, di non assumersi più la responsabilità di governo, per provare invece ad accrescere ciascuno il proprio consenso in vista di immediate elezioni, che sono ormai la sola realistica via d’uscita. Si sono quindi incaponiti pretestuosamente su una questione che è parsa veramente di principio, quale il ruolo del prof. Savona, e su di essa hanno fatto saltare il banco nel modo più eclatante possibile, puntando alla pancia degli elettori e con un occhio attento ai sondaggi.
Ha detto bene qualcuno in questo stesso Blog: sarebbe stato sufficiente accettare l’indicazione del Presidente di nominare Giorgetti, economista bocconiano e, soprattutto, vice segretario della Lega, per evitare che tutto saltasse per aria.
Ma l’on. Salvini e l’on. Di Maio, come ho già detto, hanno preferito, per la seconda volta, evitare un’assunzione di responsabilità (la prima si era avuta quanto nessuno dei due si è proposto come Presidente incaricato e posto il veto sull’altro) e puntare ancora sull’accrescimento del consenso.
Per arrivare a questo risultato, i due leader populisti hanno però svilito il contesto istituzionale dove sono intervenuti, banalizzandolo anche con i loro twitter inopportuni, e arrivando infine (solo Di Maio, parrebbe) ad accusare il Capo dello Stato di aver compiuto uno dei due reati per i quali è prevista la messa in stato d’accusa.
E allora, vanno bene le critiche sul merito, considerato che l’intervento del Presidente, pur legittimo, non si è limitato a quella attività di persuasione, anche forte, che la prassi costituzionale aveva consolidato. Ed è allora giusto chiedersi perché si sia arrivati fino a questo punto, ma è oltremodo scorretto e pericoloso attribuire alla decisione del Quirinale un valore eversivo.
Mentre chiudo queste righe, apprendo dalla stampa che l’on. Di Maio ieri è apparso nella trasmissione della signora Barbara D’Urso e si sarebbe lamentato del fatto che il Presidente Mattarella non avrebbe considerato, per il Ministero dell’Economia ed in sostituzione del prof. Savona, nemmeno Albero Bagnai e Armando Siri, proposti in via subordinata.
Il Quirinale ha smentito, l’on. Salvini ribatte che non era presente.
Ecco, questo è l’esempio di ciò che io intendo per banalizzazione del contesto istituzionale: l’aver proseguito un dibattito delicato e di alto contenuto tecnico servendosi (e non in occasione) di comparsate televisive in cui i leader del nuovo hanno centellinato particolari, veri o non veri, senza contraddittorio e senza freni. Un operazione che ha come unico scopo solleticare gli elettori, senza mai entrare nel merito delle questioni.
Vorrei concludere precisando che, come ben sai, a mio parere moltissimi in Italia sarebbero meglio di Renzi, ma non tutti. Non certo Salvini e nemmeno Di Maio. E non vorrei che l’idea che lo possa invece essere chiunque; idea che ho letto spesso nei Tuoi ultimi interventi, sia la foglia di fico che dovrebbe nascondere qualcosa di molto peggio: la mancanza di idee per un reale progetto di rinascita.
Ti ringrazio per l’ospitalità.     Con affetto, Roberto

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