La prova dello strappo di Mattarella? La discussione parlamentare sulla fiducia a Cottarelli sarà una farsa

29 Maggio 2018
2 Commenti


Andrea Pubusa

Ognuno si tira la Costituzione secondo le proprie simpatie o antipatie politiche. Ma chi può affermare che è conforme ad una democrazia parlamentare che si presenti in Parlamento a chiedere la fiducia un tale che avrà contro i 2/3 dei membri delle Camere? Chi può dire che è sensato far questo subito dopo aver impedito di presentarsi per avere la fiducia ad un Presidente incaricato che aveva ed ha una maggioranza  in Parlamento? Chi può dire che è ragionevole che si mandi in aula un governo che, fra l’irrisione generale, riceverà il voto del solo PD e forse di LEU? Chi può dire che risponda alla nostra Carta che il presidente della Repubblica annulli le elezioni del 4 marzo per sostituire a vot del Corpo elettorale (che è organo costituzionale) il suo volete?
Si può rivoltare l’art. 92 Cost. come si vuole, ma da esso non si possono mai desumere esiti così irragionevoli e assurdi. La verità è che il Presidente della Repubblica, nell’esercitare il potere di nomina o nel negarla deve agire con ragionevolezza, avendo come stella polare la fiducia parlamentare che il governo deve ottenere e ancora valutando le conseguenze dei suoi atti. E giungere alla situazione paradossale attuale non pare proprio il frutto dell’esercizio prudente e ragionevole del potere. Ma quale è il vizio? Sta nella deviazione del potere dal fine: il Presidente deve puntare ad un governo che ottenga la fiducia delle Camere, non ad uno dichiaratamente senza. La ragione politica di questa deviazione è palese: poiché Lega e Savona sono già stati al governo, ciò che non si vuole è che al governo vada il M5S, che pure ha vinto le elezioni. Per ottenere questo stravagante risultato Mattarella mette al governo un signore sostenuto solo dal suo partito, il PD, strabattuto alle elezioni e in fase di avanzata putrefazione. Comunque, si giri la questione, amici costituzionalisti di tutte le fedi, non potete negare che non è conforme ad un sistema parlamentare avere in un parlamento una maggioranza … che sta all’opposizione… di un governo privo di maggioranza! E come governerà Cottarelli? Chi approverà i disegni di legge di questo stravagante governo? E se adotterà un decreto legge, chi lo convertirà in legge? L’assurdità della situazione mostra più di ogni disquisizione interpretativa, la fallacia della condotta di Matteralla e l’arbitrarietà della sua decisione.
E sarebbe questo unicum nella storia costituzionale non solo italiana, ma mondiale, almeno nei regimi costituzionali di stampo parlamantare, a rassicurare i mercati, a tranquillizzre i risparmiatori, a dare all’Italia prestigio internazionale. Cottarelli e i suoi ministri se usciranno dalle loro stanze sapranno che tutti li guarderanno come quelli che si chiamano governo senza esserlo veramante e che sono lì per il divieto arbitrario di mandare alle camere un governo che la maggioranza l’aveva.
Come se ne esce? Di Maio propone la messa in stato d’accusa. Sembra una sparata. Aggiunge però due cose sensate: lo farà se ci sta anche la Lega, e dice di volerlo fare per parlamentarizzare lo strappo del Presidente della Repubblica. Mi pare che l’esigenza di aprire in parlamento una discussione sul colpo di mano del Presidente sia giusta. E’ il parlamento la sede per dibattere e decidere su un atto che è contro il Parlamento e il Corpo elettorale. Tuttavia l’occasione può essere data anche dal dibattito parlamentare sulla fiducia. Questo è anche l’unico modo per togliere il carattere farsesco alla presentazione alle Camere di Cottarelli. Altrimenti sembrerà una commedia di Eduardo. La ridicolaggine di quel passaggio può essere riassorbita in un dibattito alto che ribadisca la centralità nel nostro ordinamento del parlamento e del Corpo elettorale e che ridia al momento elettorale la rilevanza ch’esso ha in qualunque sistema democratico. A questo proposito non è fuor di luogo ricordare che in Italia sono 7 anni che si formano governi in contrasto con gli esiti elettorali, da Monti a Letta jr. a Renzi, e se ne vedono i risultati devastanti.
Occorre poi tornare nelle piazze e in ogni sede a difendere il diritto ad un’alternativa nel nostro Paese. E’ una battaglia di democrazia. Forse da questo punto di vista Mattarella, col suo gesto insensato, ha agevolato la definitiva sepoltura del PD  e di chi, stoltamente, indugia a stargli intorno. La partita si gioca ormai fra 5 Stelle e Lega. Il futuro governo sarà di quella che, fra queste due forze, risulterà vincitrice. Tertium non datur. Non mi pare difficile decidere da che parte stare.

2 commenti

  • 1 Aladin
    29 Maggio 2018 - 10:22

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=82987

  • 2 aldo lobina
    29 Maggio 2018 - 11:36

    Un altro Mattarellum, diverso questa volta. Mattarella dunque al plurale: né l’uno né l’altro hanno giovato alla nostra democrazia. Il professore Pubusa ha descritto una situazione paradossale. Siamo di fronte anche ad un Parlamento eletto con una legge partitocratica voluta soprattutto da un partito in attesa di essere cremato il giorno in cui si tornerà alle urne. Un Parlamento dove la maggioranza potenziale è stata superata da un veto, grave per le sue conseguenze. Sono certo che il corpo elettorale reagirà formidabilmente di fronte a quanto è accaduto. La democrazia purtroppo si alimenta anche di questi strappi. La Costituzione non può essere tirata da una parte o dall’altra a seconda delle convenienze. A tutti è fatto obbligo di rispettarne lo spirito. A ciascuno di fare qualche passo indietro nell’interesse generale. Anche se questo qualcuno si chiamasse presidente della Repubblica. La democrazia impegna al rispetto delle minoranze e delle maggioranze. Non si può, a mio avviso, affidare la guida di un governo a qualcuno, avendo pressoché la certezza della sua bocciatura davanti alle Camere. Sarebbe stato più logico allora affidare l’incarico a chi avesse avuto più possibilità matematiche di ottenere la fiducia e solo dopo - a risultato non conseguito - affidare l’incarico di governo tecnico. Siamo entrati in un vicolo chiuso dal quale dovremmo uscire il più presto possibile.

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