Oggi a Cagliari dibattito per la riconversione RWM di Domusnovas

7 Maggio 2018
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Red

Sabato e domenica scorsi ad Iglesias si è svolta una due giorni sulla pace e per la riconversione della RWM di Domusnovas, oggi lunedì 7 maggio, in prosecuzione, sul tema si svolgerà un incontro a Cagliari, alle ore 17,30 presso la sala SEARCH del Comune di Cagliari, con ingresso nel Largo Carlo Felice. Titolo “La geopolitica del caos: economia di guerra o di pace?,  organizzato da ARCI e GIT dei soci di Banca Etica della Sardegna Meridionale. Introduce e coordina il dibattito: Franco Uda, Responsabile Arci nazionale Pace, Diritti umani e Solidarietà internazionale - Segretario regionale ARCI Sardegna.
All’iniziativa, dopo la ferma presa di posizione del vescovo di Iglesias (v. sotto), ha già aderito il  Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria di Cagliari con un comunicato pubblicato sabato

Ecco ora la dichiarazione di adesione dell’ANPI

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Sezione “Silvio Mastio” - Cagliari

 

Il Comitato nazionale dell’ANPI nella riunione del 12 aprile scorso, ha approvato un o.d.g. nel quale ha espresso “profonda preoccupazione per la situazione internazionale, che diviene sempre più complessa e pericolosa e sembra allontanare, ogni giorno di più, quello che è il nostro obiettivo primario: la pace”.
Mentre l’ONU si mostra sempre più spesso come docile strumento dei più forti per piegare i più deboli ai propri interessi (embarghi e sanzioni varie) ed incapace a dirimere le controversie internazionali secondo criteri di giustizia, assistiamo ad iniziative militari unilaterali che stanno portando, in diversi Paesi, morte e devastazione che colpiscono soprattutto la popolazione civile. E, come se non bastasse, si sta facendo concreto il pericolo di una 3a guerra mondiale i cui effetti, data anche la diffusione dell’arsenale atomico, sarebbero imprevedibili: gli scienziati del Bulletin Atomic of the Scientists, a gennaio, hanno spostato in avanti le lancette del Doomsday Clock, l’orologio dell’Apocalisse, che ora è a soli due minuti dalla mezzanotte che indica la catastrofe nucleare.
In questa situazione “si è sviluppata una migrazione di dimensioni planetarie, accompagnata dal fenomeno criminale degli scafisti” e da operazioni di polizia internazionale con avvio dei migranti a veri e propri campi di concentramento che umiliano la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’art. 2 della nostra Costituzione, che fa riferimento esplicito ai “doveri inderogabili” di solidarietà politica, sociale, economica. E preoccupa anche la sottovalutazione dei crescenti rigurgiti neofascisti, anch’essi schierati contro la Dichiarazione Universale e la Costituzione.
Perciò l’ANPI assume l’impegno in prima persona per ricostruire un grande movimento di pace e per avviare una nuova stagione dell’antifascismo su scala europea e intende collaborare con tutte le associazioni ed organizzazioni democratiche che condividono tali obiettivi. In ragione di ciò, l’ANPI di Cagliari dà l’adesione al convegno “LA GEOPOLITICA DEL CAOS: ECONOMIA DI GUERRA O DI PACE?” e augura buon lavoro.

 Ora pubblichiamo la presa di posizione del Vescovo di Iglesias


Come cristiani siamo costantemente chiamati in causa e sentiamo il dovere di vivere da credenti e da cittadini responsabili.

Di fronte alle inquietudini che il momento presente comporta, ci sentiamo sollecitati da due urgenze: 

- il lavoro dignitoso per le persone e le famiglie del nostro Territorio; 

- la coerenza coi valori che fondano la nostra fede e la nostra convivenza civile.

È nota a tutti la gravissima situazione occupativa nella quale ci troviamo.
I nostri paesi, le nostre parrocchie conoscono bene gli effetti preoccupanti della mancanza di lavoro: giovani costretti ad emigrare; cassintegrati impossibilitati a nuove prospettive di assunzione; situazioni che divengono drammatiche nelle famiglie monoreddito o in presenza di mutui precedentemente assunti.
Tutto questo non solo non può lasciarci indifferenti, ma deve spronare tutti a cercare le convergenze più opportune perché si pongano in atto iniziative e politiche volte ad una inversione di tendenza capace di generare un futuro di speranza.

In questa direzione crediamo di dover sollecitare in ogni modo le migliori risorse della nostra terra: la Società civile in ogni sua componente, le Autorità istituzionali Comunali, Regionale e Nazionale, l’Università e la Scuola, il Mondo imprenditoriale ed economico, le associazioni dei Lavoratori.
Sentiamo anche il dovere di ricordare a tutti, a partire da noi stessi, che la gravissima situazione economico-sociale non può legittimare qualsiasi attività economica e produttiva, senza che ne valutiamo responsabilmente la sostenibilità, la dignità e l’attenzione alla tutela dei diritti di ogni persona.
In particolare non si può omologare la produzione di beni necessari per la vita con quella che sicuramente produce morte. Tale è il caso delle armi che – è purtroppo certo – vengono prodotte nel nostro territorio e usate per una guerra che ha causato e continua a generare migliaia di morti.
Qualunque idea di conservazione o di allargamento di produzione di armi è da rifiutare.
Ma contemporaneamente si dovrà studiare con serietà e impegno la possibilità di un lavoro dignitoso agli operai che sono attualmente impegnati in tale attività.
Questo per coerenza, anzitutto con la nostra fede: ce lo dice la parola di Gesù Cristo e l’insegnamento della Chiesa, ribadito con forza da Papa Francesco. Ma ce lo dicono anche la nostra legge fondante, la Costituzione (art. 11: “l’Italia ripudia la guerra”) e le leggi italiane (L. 185/90); ce lo dice il Trattato sul commercio delle armi, adottato dall’Assemblea generale dell’ONU il 02.04 2013; ce lo dicono le risoluzioni europee, in particolare quelle del 25.02.2016 e del 15.06.2017, in cui il Parlamento europeo ha chiesto espressamente «l’embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita».
Nessuno di noi giustificherebbe mai che armi prodotte altrove fossero mandate a bombardare le nostre case, le nostre scuole, i nostri ospedali, le nostre chiese, la nostra gente. Ma le popolazioni dello Yemen non hanno i nostri stessi diritti?
Si tratta di un problema complesso e collegato a responsabilità che ci superano, ma non ci è lecito ignorarlo.
La comunità diocesana – pur sapendo che esula dalla sua specifica responsabilità e competenza la soluzione, propriamente tecnica e politica, di questo tema – desidera incoraggiare chi si sta impegnando a trovare le modalità più adeguate per superare questa realtà problematica che ci riguarda da vicino.
Vogliamo però anche sottolineare che è doveroso affrontare questa questione non isolatamente, né tanto meno in contrapposizione con ogni altra difficoltà che la realtà odierna del mondo del lavoro e dell’economia fa pesare sulla serenità delle persone e delle famiglie: la precarietà dell’occupazione, le possibili conseguenze negative sulla salute dei lavoratori e dell’intera popolazione e sull’equilibrio ambientale, i rischi per la giustizia sociale e per l’attenzione al bene comune.
C’è una sola strada da percorrere, ed è compito peculiare della politica e delle istituzioni sociali: quella di cercare uno sviluppo diverso per tutte le attività del nostro Territorio e della nostra Regione; uno sviluppo rispettoso della dignità delle persone, di tutte le persone; uno sviluppo che sia riguardoso dell’ambiente; uno sviluppo che valorizzi le nostre risorse locali, la nostra storia, la nostra Terra.
Come Diocesi dobbiamo e vogliamo lavorare soprattutto per la formazione delle coscienze e per ricordare a tutti la necessità e il dovere della coerenza con il rispetto dei diritti di ogni uomo e di ogni donna.
Perciò auspichiamo che tutti vogliano cooperare con le migliori energie in una prospettiva di riscatto e di nuova speranza: per un vero sviluppo integrale del nostro Territorio; per la cessazione di ogni conflitto; per l’affermazione della pace nel mondo.

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