Gianna Lai
Ad iniziativa dell’ANPI e del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria si è tenuto il 13 scorso a Cagliari un incontro dal titolo “Prima di tutto il Lavoro e la Scuola”. Ecco l’introduzione.
Perché un Convegno su Lavoro e Scuola
Nel Convegno sul lavoro, organizzato in ottobre dal Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria, abbiamo visto la nuova impresa e la rivoluzione tecnologica, la virtù del lavorare meno, lavorare tutti, ma per un’economia di pace, l’innovazione finalizzata al benessere sociale.
E, sulla scia di quello, oggi il Convegno organizzato da ANPI, Comitato e CIDI, su Lavoro e Scuola, nel contesto sociale di questo territorio. Partendo dagli incontri preparatori del nostro gruppo, formato da una decina di persone, i temi centrali e gli approfondimenti a iniziare dal sistema dell’impresa fondato sulla compressione del costo del lavoro, sull’attacco alla contrattazione e allo Statuto, che trascina con sé, sia la scuola, in questo processo di privatizzazione e di tagli, sia il welfare, soprafatto dal liberismo spinto del mercato, come unico regolatore dei processi sociali. Una società a struttura verticale, del tutto contraria alla partecipazione, mentre crescono le diseguaglianze e la mancanza di protezione sociale produce frammentazione e corporativismo. E indebolimento della cultura della scuola, dopo le importanti conquiste degli scorsi decenni, che si lega al venir meno di quelle professionalità alte e di una istruzione del sapere disinteressato, del sapere fondato sulla cooperazione e sul diritto allo studio, dell’istruzione che emancipa. Cosa succede oggi, ci siamo chiesti, in una Sardegna impoverita dai processi di deindustrializzazione, 21mila giovani emigrati, disoccupato il 56,4% di chi resta, e caratterizzata, la Sardegna, dal più alto tasso di abbandono scolastico? E nel nostro territorio, dove gli Istituti Tecnici e i Professionali, scelti per lo più dagli studenti meno abbienti, vengono allontanati dalla città, divenendo così difficili e costosissimi da raggiungere, si da far pensare che sia la loro stessa collocazione tra le cause dell’abbandono scolastico? E se poi aggingiamo che tutto questo avviene a fronte degli sbandierati finanziamenti regionali destinati a combatterla?
Il lavoro precario in Italia, di per sé dequalificato, perché solo una parte dell’industria innova, mentre continua il feroce stillicidio dei licenziamenti, degli incidenti e dei morti, 14 mila le vittime degli ultimi 10 anni, il 5% dei morti in più lo scorso anno rispetto al 2016 dice Francesca Re David, segretaria FIOM recentemente in Sardegna, ‘profitto a tutti i costi, sistema selvaggio degli appalti’. E allora la Rivoluzione tecnologica, ci siamo chiesti, come si inserisce in questo quadro, quale ruolo svolge il lavoro, e la scuola, se è sulla dignità della persona che si creano gli strumenti della conoscenza e della cittadinanza?
La tecnologia aiuta il lavoro, dice Marco della FIOM, e voglio riprendo il suo discorso per spiegare come si è lavorato nel gruppo, ma se la politica rappresenta il lavoro, deve anche impedire che la robotizzazione sia fonte di nuovo sfruttamento. E deve fare da intermediaria, prosegue, per esempio, se pensiamo nel nostro territorio alle figure professionali necessarie per la fibra ottica, che non vengono formate se non in minima parte rispetto alle necessità. Resta comunque la scuola l’unica istituzione in grado di rende consapevole il futuro operaio, ed è questo il senso che abbiamo dato all’ indagine sui livelli di scolarizzazione dei metalmeccanici promossa nel nostro territorio. Perché molti lavoratori non sanno leggere un contratto e son quindi più esposti allo sfruttamento, conclude Marco, mentre si sta perdendo la coscienza di un tempo, e a prevalere è una visione tutta individuale.
E bisogna fare un discorso critico sulle politiche della Regione, dice nel gruppo chi si occupa delle politiche del lavoro, che attuano tirocini formativi del tutto privi delle prerogative fondamentali, addirittura privi degli strumenti per l’orientamento, senza che diritti e sicurezza vengano posti al centro, nè si punti sui profili professionali e sull’innovazione.
Lo si vuole trasformare in merce, ma il Lavoro è per la persona, per la società, come la Scuola, e questo valore deve passare anche nell’alternanza scuola-lavoro, contro lo sfruttamento di studenti che sostituiscono i lavoratori, aggravando quel corto circuito generazionale così pericoloso: la valenza formativa della cultura del lavoro contro la formazione intesa come addestramento. Così la scuola italiana deve mantenere il carattere inclusivo, che ci invidiano fuori d’Italia, da rafforzare con l’obbligo a 18 anni, per poter continuare ad apprendere anche dopo.
Certo, per tutto questo ci vuole un movimento che parta dal lavoro, una unità popolare del territorio, un movimento politico e sindacale perchè il mondo del lavoro e della scuola creino nuove alleanze che rinsaldino il patto generazionale, che contrastino il familismo dilagante frutto della privatizzazione, che entrino nel processo di integrazione degli stranieri portando i valori della solidarietà e dell’uguaglianza. Una cosa da costruire, un impegno come negli anni sessanta delle riforme, per indicare come unico vero programma di governo l’attuazione della Carta, ridurre cioè le diseguaglianze, rafforzare lo Stato sociale e ripristinare lo Statuto lavoratori. E, contro la Buona scuola, ripristino immediato del Ministero della Pubblica Istruzione, oggi Ministero dell’Istruzione, con ciò che ne deve necessariamente conseguire.
Sennò la Costituzione resta a rischio, ancora così giovane come è, e l’abbiamo ringiovanita votando No e combattendo per la sua attuazione, a partire dall’art.1della sovranità popolare e del lavoro, posto in capo per la sua valenza universale e per riconoscere e confermare che dal lavoro nasce la storia di questa Repubblica. Dagli scioperi del marzo 1943, i primi nell’Europa nazifascista, nasce infatti la Resistenza in Italia, la protesta di 200 mila operai delle grandi fabbriche del triangolo Milano Genova Torino, nel cuore dell’industria bellica. Che provocò 2 mila arresti, ma che non potè essere fermata e proseguì nel novembre del 1943 e nel marzo 1944, gli operai sempre esposti al pericolo di razzie di manodopera e di deportazioni in Germania, fino al decreto 21 giugno di quello stesso anno, che contro gli organizzatori, comminava la pena di morte. Mentre resta forte il senso della dignità operaia, e l’etica del lavoro, ‘Noi si era di quei comunisti che prima piaceva fare il nostro dovere e poi reclamare i nostri diritti’ un operaio della Galileo, citato da Claudio Pavone, che si proiettò poi sull’etica della ricostruzione. Tutto questo vuole anche dire il primo comma dell’art.1, e dobbiamo impedire che la Costituzione venga stracciata, per mantenere l’identità di un popolo che proprio partendo dal lavoro ha saputo costruire la democrazia in questo Paese.
1 commento
1 Aladin
28 Marzo 2018 - 09:44
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=80542
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