Tonino Dessì
In Germania le autorità di polizia hanno fermato l’ex Presidente della Generalitat catalana Carles Pujgdemont.
L’autorità giudiziaria federale dovrà ora valutare se il mandato di arresto europeo emesso dalla magistratura penale spagnola, che intende perseguire il delitto di “ribellione”, sia compatibile con l’ordinamento tedesco, che non prevede quella fattispecie, ma al massimo punisce l’”alto tradimento”.
Qualora le fattispecie non siano in tutto o in parte sovrapponibili non potrebbe esser disposta l’estradizione di Pujdgemont in Spagna e nemmeno una misura restrittiva della sua libertà personale sul territorio del Bund.
Non conosco ovviamente l’interpretazione giurisprudenziale tedesca delle norme in materia e forse è anche per loro un caso inedito.
Però a intuito non mi pare che si tratti della stessa cosa.
La trasgressione, da parte di un organo rappresentativo locale, del divieto di compiere un determinato atto deliberativo pubblico di natura politica, contenuto in un provvedimento inibitorio governativo centrale, pur sempre di natura amministrativa, già con estrema difficoltà può esser definita un atto di “ribellione” (qualsiasi cosa significhi).
Si è trattato piuttosto di un conflitto interistituzionale, risolto dal Tribunale Costituzionale spagnolo con la dichiarazione di nullità dell’atto deliberativo del Parlamento catalano e dal Governo di Madrid, previa deliberazione del Senato, col commmissariamento della Generalitat e con l’indizione delle nuove elezioni.
Ma anche alla luce di questi provvedimenti, non sembra si possa configurare di fatto e di diritto l’avvenuta commissione di un atto di “alto tradimento” da parte della disciolta Assemlea di Barcellona e dell’allora Presidente del Governo regionale.
Continuare ad affrontare la difficile impasse catalana con strumenti così affetti da persecutorio burocratismo giudiziario appare tanto meschino quanto con tutta evidenza inadeguato.
Nei giorni scorsi lo stesso Pujgdemont, in un’intervista, ha espresso l’opinione che lo sbocco separatista non sia il solo orizzonte possibile della causa catalana.
Si tratta di un’ammissione (e di una realistica autocritica) importante, dalla quale il confronto per un ammodernamento dell’ordinamento spagnolo in chiave federalista potrebbe ripartire avviando un complessivo processo riformatore democratico.
Ma non sembra che questo sia possibile in un contesto politico che vede l’asfittica maggioranza raccolta a sostegno del Primo Ministro Rajoy interessata esclusivamente a sopravvivere a se stessa e a levarsi di torno ogni fastidiosa messa in discussione dello statu quo.
Non dura.
Non può durare.
1 commento
1 admin
26 Marzo 2018 - 16:40
Concordo. Per uscire dall’impasse ci vorrebbe uno scatto in avanti, con coraggio e fantasia. Una prospettiva federalista? Sposterebbe in avanti il confronto, riportandolo sul terreno politico-istituzioale. Certo, la via giudiziaria appare inadeguata ed iniqua. E non e’ una soluzione. (A.P.)
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