Il PD ad un bivio: ripartire o sparire?

10 Marzo 2018
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Andrea Pubusa

(Renzi deve decidere fra questi due, un pregiudicato di 81 anni, un giovane incensurato di mezzo secolo più giovane. Voi cosa fareste?)

Ogni tanto, mio malgrado, sento le dichiarazioni di dirigenti vari del PD e rilevo una profonda incultura istituzionale. Lascio da parte Renzi, che per me è imbecille (politicamente parlando) congenito. Se non fossi contrario alle teorie lombrosiane, direi che lal sua inadeguatezza si vede dal volto e dai denti. Ma gli altri? Possibile che siano tutti accecati dallo spirito dispettoso e vendicativo del trombettiere auto ed etero-trombato?Eppure sono uomini do governo, poltici di esperienza. Veniamo al punto. Il sistema elettorale attuale impone il raggiungimento della governabilità non attraverso trucchi elettorali, ma con la politica. Un’arte che implica capacità di argomentazione e di dialogo. Non che questo debba portare necessariamente a convergenze, ma questo è il fine. Cosa sarebbe accaduto al Paese se Togliatti, al suo ritorno in Italia, avesse indirizzato il PCI verso una linea di isolamento in attesa di tempi migliori per l’assalto al Palazzo d’inverno? Forse quanto è accaduto in Grecia oppure, più semplicemente, non avremmo avuto la Costituzione oppure ne avremmo avuto una molto più modesta. La nostra Carta è figlia di un compromesso, che, quando è alto, è frutto di grande cultura e di uso raffinato dell’arte della politica. Basta leggere gli atti dell’Assemblea costituente per averne conferma.
Certo, oggi non siamo a quei livelli, andiamo terra-terra, voliamo basso, ma tutti comprendono che il sistema prescelto col rosatellum, in una realtà tripolare, impone di ragionare in termini di coalizione. E qui bisogna sgombrare il campo da affermazioni erronee. Non è vero che chi si allea con un partito maggiore gli fa da stampella. Se lo è o non, dipende dai contenuti, dai programmi, dagli organigrammi. Il PCI discusse il testo della Costituzione con la DC e gli altri psrtiti, e non fu minimamente una loro stampella. Non fu percepito come tale allora e non lo è oggi, a settant’anni di distanza. Riuscì, con sapienza ed equilibrio, a introdurre nel testo principi della migliore tradizione sociale della sinistra, mischiandoli, in modo equilibrato, coi i valori alti della tradizione liberale e del solidarismo cattolico. Il risultato è stato eccellente. Chi impedisce oggi che il PD si misuri, senza sconti e senza timori reverenziali, in un confronto coi pentastellati e LeU? Il confronto deve riguardare gli obiettivi programmatici e la composizione del governo. Può prevedere una fase transitoria di appoggio esterno. L’inserimento nell’esecutivo, insieme a quelli del M5S, di ministri di area di comune gradimento. Insomma, l’accordo può essere vario. Ed è evidente che non può muovere dal disconoscimento della vittoria degli stellati nè dalla mortificazione delle forze minori, PD e LeU.
Insomma, l’atteggiamento del PD dimostra scarsa cultura e responsabilità istituzionale. Ho visto nelle sedi del PD ancora i quadri di Berlinguer. Ma sanno cosa disse dopo la tragica caduta di  Allende nel 1973? Affermò che avere il 51%, ossia la maggioranza assoluta, non bastava, che il cambiamento profondo imponeva alleanze più ampie. Di qui l’idea del “compromesso storico”, ossia di un ampio schieramento democratico a sostegno di una svolta politica. I dirigenti del PD possono anche guardare ai loro maestri democristiani, ch’erano insuperabili in quest’arte. Hanno anche dato la Presidenza a Spadolini e a Craxi, leaders di partiti minori, e non si sono sentiti certo loro stampella.
Il gruppo dirigente PD può darsi che, nel chiudersi a riccio, celi anche un’opzione verso il centro destra, da realizzare con la proposta di un’immensa coalizione, che ricomprenda tutti dal centro destra al M5S. Tale ipotesi non è accoglibile dai pentastellati, con la conseguente mossa del PD di allearsi col centrodestra, come già avvenuto in passato. Ma non capiscono i piddini che questa sarebbe la loro fine? L’esito disastroso attuale è figlio di anni di alleanze, dichiarate o nascoste, con Berlusconi. Ripeterle sarebbe imperdonabile. Il risultato elettorale evidenzia una tendenza opposta, già presente nel 2013 e sciaguratamente lasciata cadere da Napolitano e dal PD.
Si radicano e crescono le forze che mostrano d’essere utili al Paese, che ne interpretano le aspettative, quelle che non hanno questa capacità, si avvizziscono, muoiono o rimangono irrilevanti. Il PD deve decidere cosa vuol fare da grande, se vuole ripartire o ridursi ancora. Che Iddio li illumini!

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