A.P.
Il segretaro del PD si dimette, annuncia il congresso, ma al tempo stesso dice che sarà lui a gestire la prossima fase politica fino a dopo le cosultazioni, chiudendo la porta ad eventuali ‘reggenti’ per questa fase. E chiude anche ad eventuali confronti programmatici. “Siamo all’opposizione, non faremo la stampella agli estremisti”. Uno degli estremisti sarebbe Luigi Di Maio, che invece, giacca e cravatta, con pacatezza e reponsabilità, apre ad un confronto programmatico con tutti per dare un governo al Paese.
Che Renzi abbia perso la testa, e intenda far danno ancora al PD e al Paese è ormai evidente ai suoi stessi seguaci. Le sue parole destano polemiche all’interno del partito. “La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo”. Lo dice non un barricadiero, ma il capogruppo Pd Luigi Zanda. “Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre”. Serve “collegialità che è l’opposto dei caminetti” e “annunciare le dimissioni e rinviarne l’operatività per continuare a gestire il partito e i passaggi istituzionali delle prossime settimane è impossibile da spiegare”. “Penso che annunciare le dimissioni, e non darle, dopo avere subito una sconfitta di queste dimensioni sia vistosamente in contrasto con il senso di responsabilità di lealtà e di chiarezza dovuti al partito, ai suoi militanti, ai suoi elettori”. Queste son parole di una, finora, fedelissima: Anna Finocchiaro. Non è più tenero Andrea Orlando, della mninoranza PD: “Siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all’individuazione di responsabilità esterne. Da questo atteggiamento deriva la soluzione ambigua individuata, di dimissioni a termine. “Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti ma anche contro i bunker. Siamo per il pluralismo. E siamo per ridare la parola subito ai nostri iscritti e ai nostri militanti. Avviamo subito, nella Direzione nazionale, un confronto aperto e trasparente”.
Cosa avvertono i vari settori del PD? Di avere il pazzo in casa evidentemente, e non sanno come liberarsene. Il Matteo “furioso” apre un nuovo fronte interno e preannuncia dispetti. Ce l’ha evidentemente con Di Maio, vorrebbe essere al suo posto con quel 32% per cento e neanche si chiede perché è sceso in picchiata al di sotto del 20.
“Come sapete e come è doveroso - dice Renzi - mi pare che abbiamo riconosciuto con chiarezza che si tratta di una sconfitta netta, una sconfitta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Pd”. E niente confronto col M5S. Ad elezioni finite continua con i discorsi che si fanno e si comprendono al più in campagna elettorale. Ognuno tende a distinguersi dagli altri. Ma ora i comizi son finiti. I risultati son lì nei tabelloni. Un politico saggio ne prende atto e pensa al bene del Paese e del suo partito. Un politico normale. lui no. Lui continua la guerra contro tutto e tutti.
“Avevamo detto no a un governo con gli estremisti, non abbiamo cambiato idea“. ”Non c’è nessuna fuga. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento - ha detto ancora visibilmente fuori controllo - e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta”. Ma perché non inizia subito la sua nuova mission? Potrebbe tornare a fare lo scout dalle sue parti! No, no. Serve “un congresso che a un certo punto permetta alla leadership di fare ciò per cui è stato eletto. Non un reggente scelto da un ‘caminetto’, ma un segretario scelto dalle primarie”, cioè una nuova campagna interna per farsi rieleggere. Autocrazia o egocentrismo? L’una e l’altro, ma fuori misura.
Vi pare che in questo momento il PD abbia bisogno di una nuova guerra interna? Ne ha bisogno il Paese? Qui il discorso si sposta al ruolo del Presidente della Repubblica. Certo anche lui non può guarire o legare i matti, ma si legge nei manuali di diritto costituzionale che il Capo dello Stato è un semplice notaio quando esistono maggioranze certe, diventa protagonista quando queste son da costruire. Come in questo caso. Spetta a lui sbrogliare la matassa. E non sarà facile. Napolitano lo fece a suo modo, forzando la situazione e il suo ruolo di garante. Fece fuori Bersani per la sua chiusura al Cav. e aprì la via all’esclusione del M5S e all’ulteriore marcescenza della crisi fino ad assecondare il tentativo di Renzi di accoppare la Costituzione. Mattarella puo fare il contrario. Legare il pazzo, favorire un’apertura del PD a LeU e al vero vincitore, il M5S. Le soluzioni possono essere tante in regime parlamentare. Oltre le maggioranzze organiche, esiste anche l’accordo programmatico con appoggio esterno. Può essere, se funziona, il presupposto per una maggioranza organica. Il PCI nell’ottica del “compromesso storico” lo fece. Poi il tentativo fallì per le furbizie della DC. Ma allora non era stato superato, specie a livello internazionale, il fattore K, la conventio ad excludendum contro il Partico comunista. Oggi il mondo è diverso. Di Maio non è un sovversivo, ha difeso la Carta e si muove nell’alveo di essa. Con un po’ di buon senso, una convergenza programmatica sarebbe possibile. Renzi però ha tanti scheletri nell’armadio e certo quelli il M5S vuole seppellirli. Questo è il vero ostacolo. Vedremo. Sarà all’altezza Mattarella? Riuscirà a legare il matto?
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