Andrea Pubusa
Ma com’è possibile che, guardando la realtà, ci accorgiamo che questa è in molte parti esattamente il contrario di quanto la Costituzione prevede e vorrebbe? Quanti modi ci sono per violare la Costituzione? Tanti. Non c’è solo l’approvazione di leggi che contrastano con la lettera della Carta, ci sono anche quelle che ne violano lo spirito, mentre apparentemente ne rispettano la lettera.
La verità è che, al di là della superba pretesa di durata, al di là delle procedure aggravate di revisione, le Costituzioni vivono e crescono solo quando sono vivificate dal sostegno delle forze politiche e sociali prevalenti. Quando l’opinione dominante va in direzione contraria, la Carta muore anche se formalmente rimane vigente. Come le religioni, che spesso in mano alle caste sacerdotali, sostengono e inverano un mondo esattamente capovolto rispetto a quello dei loro visionari fondatori.
In Italia, dopo l’entrata in vigore il 1° gennaio 1948, c’è stata prima la difficoltà di adeguamento della nostra società arretrata e delle nostre istituzioni ai principi costituzionali, che sintetizzano e codificano finalità avanzate per le quali gli uomini di buona volontà hanno sognato, riflettuto e combattuto fin da quando sono sulla terra.
Eppure, nonostante le resistenze, dal 1948 alla metà degli anni ‘80 c’è stato un moto ascendente. Di “rivoluzione promessa” parlò incisivamente Piero Calamandrei per indicare che la Carta conteneva principi e programmi di libertà, uguaglianza, sviluppo della persona, da raggiungere e inverare con l’impegno delle istituzioni in sintonia col popolo finalmente sovrano e protagonista. E, dopo un periodo “di ostruzionismo di maggioranza” (sono sempre parole di Calamandrei) nella prima legislatura, culminato col tentativo di approvare la legge-truffa che avrebbe consentito alla maggioranza di modificare unilateralmente la Carta, ci fu la svolta. Sventato quel pericolo, si aprì un periodo di “disgelo costituzionale”, di attuazione, con la creazione della Corte costituzionale che fece piazza pulita di tante leggi fasciste. Ci furono poi, sull’onda delle lotte operaie e popolari degli anni ‘50, leggi fondamentali sul lavoro, l’abolizione del licenziamento libero, lo Statuto dei lavoratori, la scuola dell’obbligo, il diritto alla studio universitario, con una tendenza se non all’eguaglianza alla creazione di pari opportunità. Così fino alla metà degli anni ‘80. I partiti “dell’arco costituzionale“, pur divisi in tante altre cose, spingevano a realizzare il disegno della Carta.
A parte alcuni oscuri episodi, è con Craxi che iniziano ad energere umori contro. Il leader socialista identifica l’idea di Resistenza con l’egemomia del PCI e, conseguentemente, dissacra il risultato più importante di quella lotta, la Costituzione. E’ allora che iniziano ad emergere gli umori antiparlamentari, le pulsioni presidenzialiste, la prevalenza della decisione sulla discussione e il confronto. Ed è da allora che c’è l’inversione della percezione del lavoro e la rottura col mondo sindacale. L’attacco di Craxi e del padronato alla scala mobile, ne è l’esplicitazione. C’è poi un crescendo con le iniziative che affossano il carattere proporzionale delle le leggi elettorali, a partire dai comuni. Poi è la volta della svalutazione della partecipazione e della esaltazione degli apparati politico-amministrativi. Viene cioè decretata la prevalenza di gruppi ristretti nelle decisioni, praticando quella ferrea legge delle oligarchie che Michels aveva già visto crescere nel grembo dei partiti di massa e Gramsci aveva combattuto con l’idea dell’egemonia, dell’intellettuale organico e del nuovo principe.
Poi l’attacco viene diretto alle leggi elettorali regionali e nazionali e a quel punto direttamente alla Costituzione. Ci prova Berlusconi nel 2006 senza successo, ma ciò che è più grave è che l’idea s’insinua nel campo della sinistra e si concretizza nel tentativo di Renzi, tanto più pericoloso e vigliacco perché viene presentato non come un prodotto avvelenato della destra ma nelle vesti di una riforma ad opera del maggior partito della sinistra. E mal gliene incolse.
Tuttavia, lo sfregio prosegue, nella costituzione materiale il vulnus dei diritti è conclamato e sfacciato: compagnie private producono alla luce del sole e smerciano in tutto il mondo armi da guerra, impiegate per fare stragi. Dov’è il ripudio della guerra? Dov’è il rispetto e la sacralità della persona? Altri vengono nel nostro Paese a far profitti e dichiarano pubblicamente che non vogliono sindacati. Dov’è la libertà di associazione, dov’è la libertà sindacale e di sciopero? Dove sono le autorità preposte alla difesa delle nostre leggi e della legge fondamentale?
E siamo al 70°, che oggi ricordiamo a Cagliari. Un anniversario di gioia per la vittoria del 4 dicembre, ma anche di preoccupazione per il futuro. I pericoli non sono scomparsi Renzi medita vendette e non ha abbandonato i propositi di sfregio alla Carta. Berlusconi, che ha votato NO per indebolirlo, ora punta a realizzare il sogno della sua vita, e cioé a inglobare in un’alleanza mortifera il maggior partito dell’area opposta in posizione subalterna. E allora l’attacco sarà ancora più pericoloso perché vedrà insieme nell’impresa scellerata Berlusconi e Renzi. Una prospettiva devastante, che mentre c’impegna come democratici a rafforzare le forze antagoniste a questo disegno, dal M5S a LeU alle altre forze della sinistra alternativa, ci pone compiti molto impegnativi per fare piazza pulita delle leggi contro il lavoro e i ceti popolari, per battere l’egemonia liberista e riprendere la via maestra tracciata dalla Costituzione.
Siamo in campagna elettorale, è in atto la sfida a chi la spara più grossa. Noi non voteremo chi, al referendum, si è schierato col SI’, e neanche chi ha assentito alle molte leggi contro il lavoro e i lavoratori, contro la scuola, chi non ha spirito fraterno verso i disgraziati del mondo. Possiamo dare il consenso a coloro che con chiarezza assumono la Carta come programma. E’ sempre lì la “rivoluzione promessa“, di cui parlava Calamandrei. Democrazia, lavoro, diritti inviolabili della persona, spinta perenne all’eguaglianza formale e sostanziale, pace. A ben vedere, non c’è alcuno dei grandi temi che agitano il nostro tempo (dal lavoro, alla pace ai migranti), che non trovi nella Costituzione una risposta mite, positiva e fraterna. Ecco perché, nel ricordare il 70° non celebriamo ritualmente la Carta, ma l’assumiamo come il più attuale ed efficace strumento di lotta. La difendiamo nell’unico modo possibile, battendoci per attuarla.
1 commento
1 Oggi lunedì 15 gennaio 2018 | Aladin Pensiero
15 Gennaio 2018 - 08:36
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