Il lavoro: dono o castigo?

30 Settembre 2017
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Fernando Codonesu

Continuiamo a offrire spunti di riflessione in vista del Convegno sul Lavoro del 4-5 ottobre a Cagliari ad iniziativa del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria e di Europe Direct regione Sardegna. Esistono molte prospettazioni del lavoro, da fattore di dignità per l’uomo a castigo biblico. Paolo Malerba ha scritto anche un libro incentrato su questo quesito. Su questo blog Gianfranco Sabattini ha formulato un’efficace sintesi sulla questione. Ecco i punti di vista messi a confronto da Fernando Codonesu, relatore al menzionato convegno.

 

Tutti parlano con cognizione di causa del lavoro al punto che possiamo dire che parlare del lavoro, o meglio di lavoro, è abbastanza facile. Altro è cercare di definirlo. Infatti si può dire che esistano tante definizioni quanti sono i punti di vista che si misurano sul tema. Così troviamo definizioni diverse del lavoro nell’economia, nella fisica, nell’antropologia, nelle religioni, nella giurisprudenza, nella letteratura.
Per tale motivo, anche per non far torto ai vari e validi punti di vista, quando pensiamo al lavoro ci riferiamo a quell’insieme di attività che come esseri umani affrontiamo nella nostra esistenza e che caratterizzano ogni fase della nostra vita.
Quando siamo bambini, ragazzi e giovani in quanto dipendenti dal lavoro dei nostri genitori, quando da adulti costituiamo le nostre famiglie e dipendiamo direttamente dal nostro lavoro, quando andiamo in pensione e godiamo di un assegno in base ai contributi versati in età lavorativa e purtuttavia garantito da chi continua a svolgere l’attività lavorativa anche per noi.
Nel corso del tempo e da diversi punti di vista alla parola lavoro è stata associata la dignità dell’uomo, uomo lavoratore si intende.
In ordine di tempo, forse il soggetto più autorevole che ha rimarcato tale associazione negli ultimi anni è papa Francesco. Per inciso si ricorda qui la frase detta in occasione della sua visita in Sardegna nel 2013: “il lavoro è dignità”.
Siamo sicuramente d’accordo con questa affermazione, nel senso che il lavoro concorre efficacemente alla dignità dell’uomo, ma lo fa quando il lavoro non è alienato, ultra precarizzato e al limite della schiavitù, e purtroppo questo accade anche nel nostro tempo, in forme analoghe a quelle di un passato che pensavamo non potesse più tornare.

Nell’ambito della tradizione cattolica il lavoro è soprattutto conseguenza del peccato originale a cui è seguita la cacciata dal paradiso e quindi è diventato fatica, dolore, per certi aspetti sofferenza come viatico di redenzione e di ricompensa nella vita ultraterrena. Vi è comunque nella dottrina sociale della chiesa cattolica l’associazione lavoro-dignità, rimarcata dal papa attuale.
A nostro avviso, riconoscendo e rimarcando che il lavoro è precondizione per la dignità dell’essere umano, in quanto antropologicamente necessario, affermiamo nel contempo che la sua dignità non dipende esclusivamente dal suo essere lavoratore, ma esiste a prescindere. Vi può essere dignità anche in chi non lavora e vive al di fuori dei meccanismi e sistemi dell’organizzazione del lavoro.
A dimostrazione di questo basti pensare alle società greca e latina del passato dove il lavoro veniva svolto dagli schiavi, ma ci ricordiamo solo degli uomini liberi, quelli che non lavoravano affatto, almeno nell’accezione comune di tale termine, e tra questi dei filosofi che ci hanno insegnato i valori di riferimento degli esseri umani, proprio a partire dalla dignità.
E’ possibile e auspicabile un lavoro diverso, di cui esistono tutte le condizioni. Per tale motivo abbiamo inserito nel titolo l’espressione “lavorare meglio”. Con tale espressione intendiamo un lavoro che sia il più possibile scelto da ciascuno di noi, ovvero un lavoro che ci permetta di autorealizzarci.
Al riguardo, l’attività lavorativa che distingue e rende singolare l’uomo come fondamento positivo della polis, è il lavoro che implementa l’idea trasformandola in progetto, in dispositivo, sistema, impresa, il lavoro come atto libero e liberatorio, ovvero è l’opus di latina memoria.
Per tale motivo, considerato l’attuale sviluppo dell’informatica e della robotica, la cosiddetta civiltà delle macchine, dobbiamo eliminare dal lavoro lo sforzo, la fatica, la ripetitività e l’alienazione per arrivare ad un lavoro liberato dalla necessità e dalla paura della povertà.
Il lavoro di cui parliamo, quindi, è un lavoro che promuove e rende possibile lo sviluppo delle proprie capacità, delle proprie passioni che si trasformano in progetti e professioni, un lavoro cioè che può essere anche piacere, sviluppo di potenzialità di ciascuno, autorealizzazione nell’arte, nella scienza, nelle tecnologie, un lavoro senza divisione tra mezzo e fine, tra produzione e consumo, quale fondamento dell’etica e dell’organizzazione della società. A tale riguardo bisogna ripensare il mondo in cui viviamo per costruire una società più giusta, con regole di vita che permettano l’autorealizzazione e che ci facciano vivere come individui sociali, con relazioni e affettività individuali e collettive.

 

 

1 commento

  • 1 Oggi sabato 30 settembre 2017 | Aladin Pensiero
    30 Settembre 2017 - 08:46

    […] Verso il Convegno sul lavoro a Cagliari Il lavoro come fondamento della Repubblica Questo il titolo del Convegno dibattito, promosso dal Comitato d’iniziativa costituzionale e Statutaria e da Europe direct Regione Sardegna, che si terrà a Cagliari il 4-5- ottobre Hotel Regina Margherita.  Su Democraziaoggi. ———- Il lavoro: dono o castigo? 30 Settembre 2017 Fernando Codonesu su Democraziaoggi. […]

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