Andrea Pubusa
E’ opinione comune che uno dei vincitori di questa tornata elettorale è l’astensionismo. È andato a votare solo il 46% degli aventi diritto, 13 punti in meno rispetto al primo turno. Con un risultato paradossale, quello di Trapani, dove le elezioni sono state annullate perché c’era un unico candidato, ma i voti sono stati meno del 50% degli aventi diritto.
Le analisi statistiche comprovano che il fenomeno dell’astensionismo è andato crescendo in Italia a partire dagli anni settanta, mostrando una linea crescente impressionante. Dall’iniziale astensionismo del 6,6% alle politiche del 1976, considerando anche le schede bianche e nulle, si è arrivati alla non partecipazione al voto di circa un elettore su due. Infatti, le elezioni dal 1948 al 1976 vedono l’affluenza degli elettori alle urne con un’incidenza assai rilevante del 92% che diminuisce sempre più a partire dal 1979.
Le cause? Anzitutto il progressivo sfaldamento dei partiti e delle loro organizzazioni politiche sul territorio, che ha fatto mancare la mobilitazione degli elettori e quel senso di identificazione con il programma politico del partito di appartenenza che si traduceva in un’alta partecipazione al voto.
Certo, nelle prime elezioni del dopoguerra c’era voglia di voto, di elezioni libere, dopo il lungo periodo fascista. A spingere alle urne non era solo un ossequio al quel diritto-dovere che la nuova Costituzione repubblicana assicura. C’era qualcosa di più: un desiderio di partecipazione alla vita politica.
Ora secondo alcuni la non partecipazione al voto non deve allarmare, è fisiologica nelle democrazie mature dove si assiste a una naturale diminuzione dei votanti collegata a una minore passionalità politica. questo è vero, ma ciò non toglie che l’astensionismo sia un pericoloso segnale di sfiducia nella politica, che avvizzisce la democrazia.
L’astensione è poi indotta dalle leggi elettorali ipermaggiortarie, che per loro natura escludonmno le forze minori e quindi rendo inutile in partenza il voto ad esse. In Francia Macron ha stravinto col solo 32% dei voti. L’incentivazione dell’astensione rientra nei piani delle forze reazionarie e dei grandi gruppi finanziari, fin dal programma della Mont Pelerin Society, la testa pensante del neoliberismo oggi imperante. Le decisioni devono essere sempre più esclusiva delle oligarchie. Meno gente partecipa alla vita pubblica meglio è. Questo allontanamento dal voto è il presupposto e il fattore fondamentale dell’involuzione oligarchica. Non lo ha teorizzato perfino Scalfari durante la campagna referendaria renziana? Il processo di privazione del voto è già in fase avanzata. Le province non sono già rette da commissari regionali, simili ai podestà del ventennio? Si voleva far fuori anche l’elettività del Senato, mentre per la Camera si prevedeva la prevalenza della nomina dall’alto, con una funzione di mera ratifica in capo agli elettori.
L’attacco è alla sovranità popolare in favore del comando del mercato, dell’impresa e dei gruppi finanziari. Le elezioni comunali sono state il primo banco di prova. Il sistema attuale ha reso i consigli comunali un mero simulacro di assemblea con una forte maggioranza come braccio armato e fedele dell’esecutivo. E le minoranze? Prive di qualsiasi prerogativa anche solo di controllo. Lo richiede la governabilità, signori! Questo lo slogan. Ma in realtà, di governabilità non c’è neanche l’ombra. Più le istituzioni decadono più comanda chi sta fuori, il potere finanziario, i grandi gruppi economici. Il vero obiettivo è l’eliminazione perfino dell’idea di rappresentanza. Ecco perché il ritorno al proporzionale è il rimedio più credibile, con la scelta diretta dei rappresentanti e con modalità d’individuazione popolare di sindaci e presidenti.
1 commento
1 Oggi mercoledì 28 giugno 2017 Estate con noi | Aladin Pensiero
28 Giugno 2017 - 08:00
[…] L’astensionismo? Indotto dai sistemi elettorali e dalle oligarchie finanziarie 28 Giugno 2017 Andrea Pubusa su Democraziaoggi. E’ opinione comune che uno dei vincitori di questa tornata elettorale è l’astensionismo. È […]
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