Peste suina africana e imbecillità legislativa

26 Giugno 2017
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Andrea Pubusa

Che ne dite? E’ ragionevole una disciplina che premia i ladri e punisce le guardie? Direte, ma che domanda idiota è questa?  Calma, calma. Non è così assurda, se pensate che nel campo dell’allevamento dei suini in Sardegna è proprio così.
La disciplina attuale premia con l’indennizzo le aziende che contraggono il virus e punisce quelle virtuose, immuni dalla PSA. Queste vengono bloccate senza alcun indennizzo. La irrazionalità di tale soluzione è palese perché favorisce perfino la dolosa propagazione del virus o comunque esenta da responsabilità la contrazione e diffusione colposa. E’ noto infatti che – secondo i più accreditati studi – il virus della P.S.A. rientra tra quelli “pesanti”, non vola nell’aria, con la conseguenza che il contagio deve essere in qualche modo indotto o dolosamente per ottenere gli indennizzi o comunque  con colpa, connessa all’incuria e/o negligenza nell’applicazione delle regole igieniche e sanitarie negli allevamenti.
E la Regione che fa? Sta ferma, mentre dovrebbe muoversi perché il settore è in sofferenza. Aziende importanti sono state messe fuori mercato da questa disciplina scellerata. Muovendo dall’assunto che quella vigente è una disciplina premiale per le aziende mal gestite e punitiva per quelle virtuose, occorre rovesciare la situazione o quantomeno equilibrarla. D’altra parte spingono in questa direzione i principi europei. Anzitutto l’art. 1 del Protocollo 1 CEDU - Convenzione Europea dei diritti dell’uomo  che tutela i beni e la libertà d’impresa. L’art. 6 del Trattato dell’Unione europea prevede l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione dei diritti dell’uomo, riconoscendo ai diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione, natura di principi generali del diritto dell’Unione europea, come tali immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione, e quindi in Italia e in Sardegna.
Nel caso della peste suina è indubbio che, in assenza dell’emergenza sanitaria, nessuna norma potrebbe lecitamente autorizzare la sospensione dell’attività imprenditoriale delle società suinicole virtuose. Poi, almeno nell’immediato, il danno riguarda non una categoria di operatori economici, ma solo quelli inseriti nell’area interessata al blocco, e che, pertanto costoro sono colpiti in modo “anormale” e “speciale”, giacché il fermo non è giustificato da un interesse economico generale (nel qual caso riguarderebbe tutta la categoria), ma dal più limitato interesse sanitario connesso alla zona interessata dal focolaio di PSA. Il danno senza colpa subito dagli allevatori sardi per disavventura inseriti nell’area colpita supera quindi i rischi inerenti alle attività economiche del settore interessato.  C’è poi il blocco generale di esportazione per i produttori sardi fuori dall’Isola. In conseguenza, il principio di eguaglianza dei cittadini dinnanzi agli oneri pubblici rende doveroso l’indennizzo derivante dall’intervento anche lecito dell’autorità.
Viene violato poi il principio comunitario della libera concorrenza. Infatti è innegabile che il fermo dell’attività causa non solo un danno all’azienda sanzionata senza colpa, ma crea una manifesta disparità di trattamento rispetto alle altre aziende del settore operanti fuori dal perimetro di blocco. Queste ultime addirittura risultano favorite dal fermo delle incolpevoli aziende, soggette a blocco per il solo fatto casuale di operare in una certa area territoriale investita dai provvedimenti sanitari. Per convincersi di ciò basta il buon senso, essendo evidente che la chiusura di un’azienda comporta, insieme al blocco della produzione e delle forniture, la perdita dei contratti e dell’avviamento. La qualcosa ha ridotto non poche imprese modello in una condizione pre-fallimentare, non potendo far fronte alle proprie obbligazioni con conseguenti procedure esecutive e la pronta chiusura delle linee di credito da parte del sistema bancario.
A ben vedere, il mancato indennizzo e/o risarcimento del danno per le imprese incolpevoli pregiudicate dalla sospensione dell’attività viola il comb. disp. dell’art. 41 e dell’art. 3 Cost. Italiana, favorendo senza ragionevolezza le altre imprese non colpite dal fermo e trattando allo stesso modo le imprese virtuose e quelle colpite dal virus. Sussiste altresì la violazione dei principi di solidarietà e di giustizia distributiva desumibili dagli artt. 2, 3, 23, 32, 38 e 53 Cost. Si consideri che la redistribuzione del rischio esiste negli ordinamenti d’Oltralpe: nel sistema francese viene indicata come l’égalité devant les charges publiques (uguaglianza di fronte ai carichi pubblici), mentre i tedeschi parlano di Laten Gleichheit, di un’esigenza di uguaglianza, che impone il ristoro del privato sottoposto a un sacrificio particolare.
In conclusione, il potere-dovere della Regione sarda di riformare la disciplina della materia è connesso al pregiudizio che la situazione attuale arreca a un settore produttivo rilevante in Sardegna in favore dei concorrenti “continentali” e stranieri. Ancor prima occorre una disciplina che scoraggi la diffusione premiando le imprese virtuose e scaricando quelle che contraggono colposamente il virus.

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