Il M5S espressione del malessere, ma incapace di dargli risposta

18 Giugno 2017
1 Commento


Aldo Lobina

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Il fenomeno dei 5 Stelle risponde alla prepotente richiesta di cambiamento sentita da chi non si sente più rappresentato dai partiti politici tradizionali, che finora hanno occupato la scena nazionale con rappresentanze fittizie, maggioranze bulgare e porcelline, di fatto slegate dai territori, povere di idee e di programmi utili ad un rilancio di una sana economia, fondata - come la Repubblica – sul lavoro e la giustizia sociale.
Quanto il fenomeno stellare sia adeguato a quelle necessità è un altro discorso. I pentastellati quando siedono in Parlamento sono estratti da una sorta di lotteria –il voto degli iscritti on line – che li candida, affidandone il controllo a personaggi, veri padroni del movimento. C’è stato nella storia d’Italia un fenomeno analogo, diffidente nei confronti della politica dei partiti, ad alto tasso di demagogia, quello dell’Uomo Qualunque. Che si è estinto quando ha rotto il suo isolamento. La proterva rinuncia di Grillo a tessere alleanze non è irrazionale dal suo punto di vista, perché segnerebbe la fine anche del suo movimento.
Il movimento di Grillo è dunque l’epifenomeno di una situazione di grave malessere, un segno dei tempi, una sorta di rivoluzione pacifica di un sistema ancora incapace di autorinnovarsi nel profondo.
Anche se non tutto è negativo – il No netto alla deforma costituzionale del dicembre 2016 – la rinuncia a privilegi di casta con la restituzione dei soldi a vantaggio di piccole iniziative imprenditoriali , la scelta di candidature eccellenti per le più alte cariche dello Stato - mette conto di considerare che manca una scelta di campo orientata a ideali di solidarietà, di libertà e uguaglianza, rispettose di un’Europa dei popoli. Come non considerare certe istanze propugnate dal movimento assimilabili a quelle della destra? Le prese di posizione sul fenomeno migratorio epocale non disegnano soluzioni praticabili, ma enfatizzano piuttosto le preoccupazioni di tutti, aumentando le paure.
Di rien faisants ce ne sono in tutti i partiti, forse nei penta stellati anche di più. Sarà proprio per questo che a livello locale, pur avendo anche i loro candidati parenti e amici, non sfondano. E poi , a livello locale, i partiti hanno imparato a mimetizzarsi in liste civiche, che si moltiplicano. Il voto locale – è vero – risente molto di consorterie, di gruppi di interesse, di fazioni, di corporazioni, ma si basa anche sulla frequentazione e sulla conoscenza personale e su un certo attivismo sociale locale. Ci sono di converso nelle nostre comunità persone validissime, che per questo stesso motivo hanno meno fortuna, perché sono “diverse”. Vale a livello locale per essi il detto”nemo propheta in patria”, quando il cittadino sente l’altro troppo intelligente, troppo colto, troppo preparato e non gli si affida.
Solo un sistema elettorale uninominale che spingesse in campo nazionale i partiti ad esprimersi al meglio con candidati scelti con sistema democratico e concorrenti potrebbe decretare la fine anche a livello nazionale di un movimento che mi pare più una malattia che una cura. Presto il cielo si riempirebbe di effimere stelle cadenti a cinque punte.

1 commento

  • 1 Oggi domenica 18 giugno 2017 | Aladin Pensiero
    18 Giugno 2017 - 09:17

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