Fernando Codonesu
Ecco il terzo intervento di Fernando Codonesu sull’intelligenza artificiale e la robotica nel tempo di internet degli oggetti. Il primo e il secondo sono stati pubblicati alcuni giorni or sono. Seguirà un articolo finale.
A proposito dei supercomputer si ricorda in questo contesto che Big Blue, uno dei supercomputer di IBM, già nel 1996 sconfisse l’allora campione mondiale degli scacchi Garry Kasparov, ma appena 40 anni prima, negli anni ’50, si riteneva impossibile che un computer potesse giocare a scacchi!
Un altro supercomputer di cui si è parlato nei giorni scorsi, Watson1, è destinato gestire i dati sanitari di tutta la popolazione italiana stando ad un memorandum di intesa firmato il 31 marzo tra il Governo italiano e l’IBM (ahinoi, che follia dare i nostri dati all’IBM e a qualunque azienda privata!).
I computer governano tutti i processi produttivi e i servizi di cui facciamo uso a tutte le ore del giorno e della notte. I sistemi di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica devono lavorare in sincrono, nel senso che si deve produrre esattamente l’energia che viene richiesta dall’utenza in un determinato tempo, con una differenza tollerabile di appena qualche millisecondo. I satelliti in orbita geostazionaria osservano la terra, i radiotelescopi da terra e telescopi come Hubble ci permettono di guardare l’universo verso lo spazio infinito e verso i primi istanti del big bang, le reti di telecomunicazioni e la rete delle reti, il web che conosciamo, ci permettono di essere costantemente connessi tra noi e gli altri. La sanità è governata dai computer e gli interventi più complicati in sala operatoria vedono sempre di più la presenza del robot come elemento indispensabile.
Quando ci muoviamo in treno, in aereo, in nave, in auto, insomma dappertutto usiamo i computer e non possiamo più farne a meno.
I Big data, con tutte le loro implicazioni, le previsioni del tempo, lo studio dei cambiamenti climatici, le sonde spaziali che, governate da terra e mediante i computer di bordo, vanno al di fuori del sistema solare, le transazioni finanziarie iperveloci che gestiscono circa il 70% dei flussi finanziari in tutte le borse del mondo senza l’intervento di operatori umani, macchine che si autoguidano già sperimentate che diventeranno realtà diffusa in meno di un decennio, non solo in ambito urbano: questo è lo scenario presente in cui viviamo grazie ai computer e alla robotica.
C’è qualcuno che pensa di tornare indietro o piuttosto ci dobbiamo preoccupare di governare i processi tecnologici che abbiamo innescato e portato a regime in questi decenni?
Alcuni riferimenti citati nel libro “The second machine age” di Brynjolfsson and McAfee, edito da Norton e Company, Inc, New York, 2014, valgono più di qualunque digressione. Da quando la fotografia è stata inventata nel 1838, si stima che siano state stampate 3.500 miliardi di foto analogiche che hanno raggiunto il picco nel 2000. Nel 2014 si contavano oltre 2,5 miliardi di macchine fotografiche digitali con il risultato che ogni due minuti si produceva un numero di foto pari a quello che veniva stampato in tutto il Novecento. E’ chiaro che tutto il mondo della produzione e distribuzione legato alla fotografia è stato spazzato via in un periodo di appena un decennio. Si pensi al riguardo che un gruppo di appena 15 persone di Instagram ha creato una semplice app utilizzata da oltre 300 milioni di utenti per condividere oltre 20 miliardi di foto. Nel 2012, quando Facebook raggiunse un miliardo di utenti contava appena 4.600 dipendenti con circa un migliaio di ingegneri. Si osserva ancora che la Kodak fondata nel 1880, leader incontrastato in tutto il Novecento nella produzione e distribuzione dei dispositivi e macchine fotografiche, impiegava circa 145.000 dipendenti e indirettamente nel mondo dava lavoro a circa altre 300.000 persone tra fornitori e occupati nelle catene di distribuzione al cliente finale. Oggi si può solo prendere atto che quel mondo è totalmente cambiato: semplicemente non c’è più!
Per i due autori citati, la via obbligata da percorrere è l’investimento nella formazione, compresa quella da dedicare alla formazione continua di tutte le popolazioni per non aumentare quello che oggi chiamiamo “gap digitale” tra generazioni, nord-sud, ecc. Insomma la formazione oltre che come obiettivo è essa stessa fonte di occupazione (così come riportato nel citato documento dell’Ad Hoc Commitee nel 1964).
Si osserva che analoghi esempi si possono fare in altri innumerevoli settori, a partire dal settore classico dell’industria manifatturiera alla musica, ai media, alla finanza, all’editoria e alle vendite al dettaglio.
Di pari passo è cambiato il lavoro negli uffici, specialmente quando nei primi anni ’80 comparvero a corredo del PC IBM i software dedicati alla produttività individuale, come la suite Office composta inizialmente da tre elementi: word processor, foglio elettronico e data base, ai quali successivamente sono stati aggiunti i programmi di grafica e quelli per le presentazioni.
Quanti posti per dattilografi e contabili sono spariti?
Note
1. Il nome deriva dal fondatore dell’IBM Thomas J. Watson
2 commenti
1 SardegnaCheFare? | Aladin Pensiero
5 Aprile 2017 - 07:39
[…] III A proposito dei supercomputer si ricorda in questo contesto che Big Blue, uno dei supercomputer di IBM, già nel 1996 sconfisse […]
2 LavoroSardegnaCheFare? | Aladin Pensiero
10 Agosto 2017 - 21:43
[…] III A proposito dei supercomputer si ricorda in questo contesto che Big Blue, uno dei supercomputer di IBM, già nel 1996 sconfisse […]
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