Gianna Lai - Anpi Cagliari
Viene da lontano la persecuzione razziale, ha radici lontane, contro un popolo appartenente da due millenni alla storia dell’Europa. ‘Benché Auschwitz resti in larga parte inspiegabile, lo studio del genocidio degli ebrei è un’inesauribile fonte di riflessione che tocca tutti gli aspetti dell’esistenza e della storia degli uomini‘, dice Annette Wiewiorka, in “Auschwitz spiegato a mia figlia”, Einaudi, 1999. E ci fa ‘riflettere sul funzionamento dello Stato moderno: deportazione e camere a gas non sarebbero stati possibili senza la complicità di molti. C’è stato bisogno di impiegati per preparare tutti quegli schedari, delle forze dell’ordine per arrestare gli ebrei, di funzionari per organizzare il lager, di salariati per sorvegliarli e di tante altre persone per condurre gli autobus fino alle stazioni, guidare i treni fino ai centri di sterminio, programmare gli orari‘. Interi apparati burocratici al servizio di classi dirigenti e imprenditori, nelle città e nelle campagne. Quelle stesse élites borghesi che si accapparrarono masse enormi di lavoratori schiavi a costo zero, ormai decise a sostenere la guerra totale di conquista, unico scenario possibile perché persecuzione e genocidio possano (verificarsi) succedere. Intesa di massa, consenso ampio in buona parte del Paese. Ma anche in una buona parte delle classi dirigenti europee ci fu adesione alla politica di Hitler se, nel giro di poco tempo, l’esercito tedesco potè invadere e imporre governi fantoccio, collaborazionisti (Quisling tra i primi, in Norvegia), su quasi tutto l’Occidente. Che adottarono, a loro volta, politiche di persecuzione contro ebrei, oppositori e comunisti e zingari, nel terribile scenario della seconda guerra mondiale.
Perché per comprendere la Shoah bisogna studiarne le premesse di lunga durata, in un contesto ancora più ampio di quello della storia dell’antisemitismo tedesco, e allargare lo sguardo alle radici europee del nazismo, ‘portando l’attenzione all’ancoraggio profondo del nazismo, della sua violenza, dei suoi genocidi, nella storia dell’Occidente, dell’Europa del capitalismo industriale, del colonialismo, dell’imperialismo, della rivoluzione scientifica e tecnica, l’Europa del darwinismo sociale e dell’eugenismo, l’Europa del lungo XIX secolo concluso nei campi di battaglia della prima guerra mondiale‘, si legge in E. Traverso, La violenza nazista, il Mulino, 2002. Così in Italia la politica razziale del fascismo è da vedere in rapporto al nazionalismo e all’espansionismo coloniale, fino poi all’accelerazione totalitaria del ‘36 e al suo corpo di leggi razziali ‘che, dopo quella della Germania nazista, si presentava come la più imponente legislazione antiebraica esistente nel mondo intero‘, dice Enzo Collotti in La politica razzista del regime fascista. Fino alla notte del 16 ottobre 1943, quando 1017 cittadini italiani ebrei del ghetto di Roma (a due chilometri dal Vaticano, precisa Furio Colombo), furono deportati ad Auschwitz e quasi tutti uccisi. Fino alle corresponsabilità della Repubblica sociale di Salò nella deportazione degli ebrei, ma anche degli zingari, dei comunisti e dei partigiani, degli oppositori e dei militari, che si rifiutarono di entrare nell’esercito tedesco.
“Auschwitz fa parte della storia europea,[…..] probabilmente è l’avvenimento più europeo di tutta la storia del Novecento”, dice ancora Annette Wiewiorka. E allora, storicizzare la Shoah significa problematizzare il passato e cercare di costruirne un possibile senso, contro ogni sentimento di impotenza, di pura angoscia e smarrimento, che potrebbe colpire in particolre gli studenti e i giovani. Contro ogni semplificazione centrata sulla natura malvagia dell’uomo, sull’idea del nazismo come parentesi storica, per riflettere, con lo storico, sul come e sul perché del genocidio. Collocare l’evento nella storia, perchè non diventi per l’uomo qualunque ‘realtà aliena che non gli appartiene e non lo coinvolge‘, G. Gozzini in Lager e gulag, B Mondadori, 2002. Da qui la necessità di un confronto con altri crimini e genocidi: la Shoah, ‘come qualsiasi altro avvenimento storico, può e deve essere oggetto di paragone, senza che per questo ne venga negata la singolarità‘. E attraverso la singolarità storica della Shoah, individuare quelle caratteristiche che sono presenti anche in altre violenze di massa e gli elementi specifici e differenti. Un approfondimento comparativo tra genocidio ebraico e altri stermini: da quello degli zingari, degli oppositori politici e dei comunisti, degli omossessuali dei malati mentali, fino al genocidio degli Armeni, al Ruanda, ecc.
Per concludere con E. Traverso, ‘Il processo di distruzione degli ebrei d’Europa, le leggi razziali, la persecuzione, la deportazione, la concentrazione e lo sterminio, fanno di Auschwitz un laboratorio privilegiato per studiare l’immenso potenziale del mondo moderno. Se all’origine di questo crimine c’è un’intenzione di annientamento, esso implica, d’altra parte, strutture fondamentali della società industriale. Auschwitz realizza la fusione dell’antisemitismo e del razzismo con la prigione, la fabbrica capitalistica, l’amministrazione burocratico- razionale. In questo senso il genocidio ebraico costituisce un paradigma della modernità piuttosto che la sua negazione‘. Paradigma della violenza del XX secolo, e strumento per la comprensione delle sue diverse manifestazioni.
La Giornata della Memoria a settant’anni dalla approvazione della nostra Carta costituzionale, che per ben due volte abbiamo difeso e salvato contro governi e maggioranze ideologicamente orientate verso la restrizione delle garanzie, dell’uguaglianza, dei diritti. Della democrazia quindi, che proprio dall’impegno degli oppositori al nazifascismo nasce in Europa, per dare risposte al cittadino, e consapevolezza, anche di fronte alla violenza degli stati e del potere.
2 commenti
1 La memoria è per sempre | Aladin Pensiero
27 Gennaio 2017 - 08:52
[…] Gianna Lai – Anpi Cagliari, su Democraziaoggi […]
2 francesco Cocco
27 Gennaio 2017 - 13:26
Bella riflessione. Abbiamo il dovere di tenerla sempre presente: Mi sento vicino alle vittime dell’ Olocausto, ma oggi mi sento profondamente vicino anche al Popolo Palestinesi che per molti versi vive un suo Olocausto. Dalle vittime di 70 anni or sono viene un monito di pace e di fratellanza.
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